mercoledì, gennaio 30, 2013

Ore 12: George G. Kilburne - A little history of family


"Trovammo un leggiadro nido fatto di filo di lana e contenente quattro uova, con sopra dei segni del tutto simili alla scrittura di David, cosicché noi pensammo che dovevano essere le affettuose lettere scritte alla mamma dai piccini che erano dentro."
(J. M. Barrie, Peter Pan nei giardini di Kensington)


C'è qualcosa, nei dipinti di George Goodwin Kilburne, che mi spalanca il cuore. Saranno la delicatezza del tratto, i toni tenui del colori, quelle sfumature da acquerello. Sarà il focolare, spesso frequente nella sua produzione, simbolo di quel calore domestico che ho trovato in pochi altri artisti - tra questi, il meraviglioso Jeffrey T. Larsson che trovate qualche articolo fa. Sì, forse si tratta proprio di questo: del focolare. La famiglia. La prudenza dolce di una balia che aiuta la mamma nella crescita dei suoi piccoli. La dolcezza di ogni tassello di quotidianità.

A conversation in front of the fire

A goonight story


...E poi le favole della buonanotte, il bacio prima di andare a dormire, l'utopia ovattata di un mondo domestico perfetto quanto difficile da realizzare. C'è una cosa che mi piace fare: quando guardo un dipinto, cerco di capire il grado di felicità dell'artista. I quadri di Larson, per esempio, mi hanno sempre comunicato gioia allo stato puro - felicità di amare, di essere amati, di vivere. I dipinti di Kilburne sono più delicati, esprimono un sentimento composto, più incline alla serenità che alla gioia. Eppure lo si avverte sulla pelle, il tepore di quel caminetto nel salone. Lo si ode nella propria stanza, il chiacchierare allegro di due innamorati. 

Mother and daughter
The afternoon rest

A mother's darling
A mother's love

Tea time

Dovunque sei, sii tutto, sii sempre bambino,
così sarai tutto, sarai invincibile.
(J. W. Goethe, Poesie d'amore
 

Les fleurs de Chanel.

Foto di Marcus Tondo
Al Grand Palais di Parigi, Chanel ha allestito la sfilata per l'Haute Couture Primavera- Estate 2013, e protagonisti indiscussi dei bellissimi capi sono stati i fermacapelli di piume, il tema bianco – nero e quello floreale.
Grazie al sottofondo dell'Orchestre de Paris sono stata trasportata in un mondo parallelo, fatto di grandi uccelli, “viaggiatori alati” e di donne dalla bellezza infernale e divina, seminatrici di felicità e disastri, il tutto coronato da uno scenario gotico: una foresta simile a quella di Weimar.
Il percorso di Karl Lagerfeld parte proprio da qui. Dalla Germania weimariana ottocentesca e dalle eroine dei grandi scrittori come Goethe e Schiller.
Ma ciò che è comparso nella mia mente è stata un'immagine differente.

Les Fleurs du Mal. Fiori del male ma allo stesso tempo portatori di gioia.
Il paradosso creato da Charles Baudelaire ricrea l'idea di Paradiso ed Inferno all'interno di un oggetto che apparentemente rappresenta la purezza e l'ingenuità: il fiore.
Queste modelle, tra tailleur in tweed e abiti da sera lunghi e preziosi, sembrano vagare eteree e portar con sé quell'innocenza e delicatezza così acclamata. Ma il contrasto dettato dalle lunghe piume sul capo e sul volto delineano un lato oscuro, ricco di mistero ed affascinante, tale da incantare chiunque.

L'atmosfera respirata, tra un bosco inquieto e un teatro tragico, ricorda lo spleen (malinconia) che impegna l'anima del poeta, ormai decaduto fra gli abissi del male e senza possibilità di ritorno.
L'unico in grado di elevarsi sembra il bellissimo albatro: è il re dell'azzurro e spiega le sue grandi ali bianche.
Ogni donna, ogni modella lo rappresentava. Mostravano la loro bellezza, il loro volare lento ed elegante, in una danza fredda e distante.

Ma alla fine anch'egli diventa un esule fra gli scherni: ci viene così mostrato il male dell'umanità e dell'esistenza.
Il viaggio di una collezione di moda è lo specchio di un mondo interiore e di una ricerca personale.
Appare un'altra possibilità di creare Arte.

L'allure romantica conferita dai ricami floreali e dai lunghi dress in chiffon rimandano al concetto di Sublime; a quel qualcosa insito nelle nostre anime ma indefinibile da lasciare senza parole o determinazione.
Come Baudelaire è stato in grado di rendere sublimi immagini appartenenti al grottesco e al ridicolo, così Lagerfeld riesce ad elevare semplici tessuti e materiali a visioni ed espressioni della realtà e dell'interiorità dell'uomo creando così uno stile unico ed inimitabile.

“Vieni, o Bellezza, dal profondo cielo
o sbuchi dall'abisso? [...]
Che importa...
se grazie al tuo sorriso, al tuo sguardo, al tuo piede
penetro un Infinito che ignoravo e che adoro?”

martedì, gennaio 29, 2013

Ore 12 - L'imprudente (e mancata) integrazione musicale tra Italia ed Europa

Partiamo forte. O meglio, male: un errata corrige. L'ultima volta ho scritto che in quest'articolo avrei parlato di un cantante nordamericano che mi sta molto a cuore, ma la confusione nella testa del sottoscritto, tra esami da preparare e notti insonni, mi ha portato a concepire qualcos'altro.
Qualcosa di meno prudente rispetto agli altri miei post, qualcosa di cui difficilmente avrete sentito parlare in giro o che magari non avrete mai sentito nominare.

Non è coinvolta solo l'Italia, ma TUTTA L'EUROPA (o quasi): mi riferisco all'Eurovision Song Contest, uno show musicale nato nel 1956 che è entrato nel cuore di molti milioni di persone, sia dentro che fuori dall'Europa, dall'Islanda alla Turchia, dalla Russia a San Marino, ed è trasmesso persino in Canada, Australia e Nuova Zelanda. Voi direte: perchè ne parli? A parer mio, le alterne fortune della nostra TV pubblica in questo programma abbiano impedito a generazioni intere di affacciarsi su un panorama musicale molto più vasto di quello britannico e nostrano, qualcosa di molto imprudente e impudente. Che cosa ha combinato, quindi, la RAI?

La storia dell'Eurovision comincia a metà degli anni '50: in un'Europa logorata dalla guerra, la neonata Unione Europea di Radiodiffusione (EBU) cercava di trovare il modo di riunire il maggior numero possibile di nazioni in un programma di intrattenimento leggero. L'idea si tradusse, per opera del capo della TV svizzera Marcel Bezençon, in una sfida musicale tra i vari Paesi membri dell'Unione: nacque così il Gran Premio Eurovisione Della Canzone. L'Italia vi ha partecipato sin dall'inizio; nella prima edizione ogni partecipante mandava due rappresentanti, dal 1957 in poi solo una. Ecco quindi che la prima e la seconda classificate del Festival di Sanremo '56, Franca Raimondi e Tonina Torrielli, con "Aprite Le Finestre" e "Amami Se Vuoi". Riascoltiamo due incredibili pezzi di storia ormai vecchi quasi sessant'anni.

Franca Raimondi - Aprite Le Finestre (Eurovision Song Contest 1956 - Italy)



Tonina Torrielli - Amami Se Vuoi



Sfortunatamente, l'Italia non vince all'esordio, ma l'interesse nello show diventa sempre più alto, culminando nel terzo posto in Olanda nel 1959 di Domenico Modugno con "Nel Blu Dipinto Di Blu", e nella schiacciante vittoria del 1964 di Gigliola Cinquetti a Copenaghen con "Non Ho L'Età", che ricevette il massimo dei punti dalla maggioranza delle nazioni partecipanti (e votanti - ogni nazione poteva votare per le altre tranne che per se stessa). L'entusiasmo e il successo intorno alla canzone spingono perfino la Cinquetti a tradurre il brano in inglese (This Is My Prayer), tedesco (Luna Nel Blu), francese (Je Suis A Toi), spagnolo (No Tengo Edad) e addirittura giapponese (Yumemiru Omoi). L'artista islandese Ellý Vilhjálms ne ha registrato anche una versione nella nordica lingua, Heyr mína bæn (in italiano, Ascolta La Mia Preghiera). Per la prima e unica volta nella storia del concorso, un'artista ritornò sul palco per il bis prima della premiazione, e ricevette una standing ovation di diversi minuti. Ecco quindi la versione nostrana.



Da regolamento, la nazione vincitrice ospita, l'anno successivo, la manifestazione. Nel 1965, Bobby Solo raggiunge il quinto posto a Napoli, chiudendo il primo "periodo d'oro" dell'Italia: nel '66, infatti, Domenico Modugno arriva incredibilmente ultimo, con 0 punti, con Dio Come Ti Amo. Dopo una serie di piazzamenti deludenti, nonostante artisti del calibro di Claudio Villa e Sergio Endrigo, è ancora una volta Gigliola Cinquetti a riportare l'Italia sul podio: è il 1974, il concorso si svolge a Brighton (Regno Unito) e il brano presentato è . La medaglia è solo d'argento, poichè a vincere, iniziando una stellare carriera, sono gli svedesi ABBA con Waterloo. Ci furono aspre polemiche, inoltre, in Italia, intorno al titolo della canzone della Cinquetti: l'ESC si tenne qualche settimana prima del referendum abrogativo sul divorzio, e il pericolo che il nome del brano potesse influenzare l'esito delle votazioni spinse la Democrazia Cristiana a censurare la diffusione televisiva e radiofonica di tutto il programma, consentendone la trasmissione solo a referendum terminato (e perso dalla DC). Ecco la dolce ballata romantica nella sua versione dal vivo sul palco di Brighton.




Negli anni '70 e '80 la procedura di selezione si svincola leggermente dal Festival Di Sanremo, per legarsi a Canzonissima o a selezioni interne ma, a parte i due podi consecutivi del '74 e del '75 (Wess E Dori Ghezzi con Era), i risultati sono scarsi: Mia Martini è 13a nel 1977, i Matia Bazar 15i nel 1979. La RAI arriva persino a ritirarsi dallo show nel 1981-82 e poi nel 1986, adducendo ragioni di "scarso interesse" del pubblico verso un programma in lingua straniera, con canzoni in lingua straniera in prima serata: sembra l'inizio della catastrofe, e invece nel 1987 Raf e Umberto Tozzi colgono il terzo posto con Gente Di Mare, dietro la mattatrice Irlanda (l'unica nazione capace di vincere quattro edizioni in cinque anni, di cui tre di fila) e la Germania.




La parabola ascendente ha il suo apice nella seconda vittoria italiana nella storia del concorso, nel 1990 con Toto Cutugno e la sua Insieme:1992, canzone che tratta dell'avvento della UE, di Maastricht e dello scambio culturale tra le nazioni europee.

L'Europa non è lontana, c'è una canzone italiana per voi, insieme, united, united Europe!



Una selezione interna porta Peppino di Capri a cantare in napoletano sul palco di Roma, arrivando 7°, poi Mia Martini con Rapsodia conquista il 4° posto a Malmö, in Svezia, ma nel '93 arriva il colpo di grazia con Enrico Ruggeri che arriva solo 12° cantando Sole D'Europa. La RAI si ritira di nuovo, sempre per "basso ascolto", viene bacchettata dall'EBU e molti artisti protestano per la scelta incomprensibile dell'emittente pubblica: addirittura qualcuno comincia a pensare che il concorso sia stato soppresso. Le parole della canzone di Toto Cutugno sembrano lontane anni luce. Un articolo del Corriere Della Sera del 1996 dice così:

L' Europa unita ha scelto la canzone come sua corsia privilegiata. Erano molto lontane dall'Auditorium di Oslo, sabato sera, le difficoltà che intralciano il cammino verso Maastricht, seppellite dall'entusiasmo dei tremila spettatori che assieme alla regina Sonya di Norvegia hanno festeggiato per oltre tre ore la rassegna paneuropea della canzone. E la partecipazione del pubblico ha certo trovato un'efficace via di contagio attraverso la trasmissione in Eurovisione, considerati i quasi 200 milioni di telespettatori che hanno seguito in diretta la 40ma edizione del Festival europeo della canzone, mandato in onda in una trentina di Paesi della Uer (l' Unione europea delle radiotelevisioni). Purtroppo, l' Italia era assente ingiustificata all'evento musicale. "So che i direttori delle reti Rai rifiutano l' Eurofestival per motivi di ascolto", ci ha detto il segretario generale dell' Uer, Jean Bernard Munch. "È un errore, una TV pubblica non puo' fare dell' audience la sua unica ragione di vita, altrimenti contraddice il suo ruolo"

La RAI, pressata da ogni parte, torna nel 1997 con i Jalisse, vincitori a Sanremo con Fiumi Di Parole e dati per favoriti anche nello show europeo. Ci sono tuttavia molti retroscena mai svelati sul loro piazzamento finale, quarto, ai margini del podio, e al loro strano trattamento al ritorno in patria: sembra quasi che la RAI abbia tentato di manipolare il concorso per evitare a tutti i costi di vincere per poi dover organizzare la manifestazione a casa propria.




Sta di fatto che, dopo il 1997, seguono 13 anni e mezzo di silenzio glaciale tra gli organizzatori dell'Eurovision Song Contest e la RAI. Dopo altre pesanti critiche da parte dell'EBU, abbozzi di trattative furono portati avanti nel 2006 per un ritorno nel 2007, ma nulla di fatto. Nel 2008 Raffaella Carrà chiese e ottenne di ospitare nel suo programma alcuni partecipanti stranieri di quell'edizione, tra cui il vincitore russo Dima Bilan e l'ucraina, seconda classificata, Ani Lorak, ma dopo quattro ospitate (e una ramanzina della stessa presentatrice ai vertici della TV pubblica) fu bloccata. Sono anni di oblio totale per molti italiani, che dimenticano completamente la musica europea non prettamente britannica. E infatti i risultati si vedono nel 2011: l'Italia ufficializza il proprio ritorno nella manifestazione scegliendo il vincitore di Sanremo Giovani, Raphael Gualazzi, che esegue una versione bilingue di Follia D'Amore (Madness Of Love); i risultati dell'Auditel sono impietosi, in prima serata su Rai2 circa il 3% degli spettatori ha visto il concorso. Gualazzi ha invece riportato l'Italia sul podio dopo 21 anni, giungendo secondo dietro i vincitori Ell&Nikki dell'Azerbaijan. Ecco Madness Of Love cantata sul palco di Dusseldorf, in Germania, altra nazione con problemi di piazzamenti ma con grande passione per la competizione, nonostante tutto.




Il successo internazionale di Gualazzi ha quindi spinto la RAI a riconfermare la propria partecipazione per il 2012, dove ha portato la cantante soul/pop Nina Zilli, con un'altra canzone bilingue, L'Amore È Femmina (Out Of Love), da cantare sul palco di Baku a Maggio. Un nono posto forse leggermente deludente, ma la Zilli ci ha scherzato su dandosi il soprannome "Nona" Zilli. Almeno lei l'ha presa bene....riascoltiamola.




Gli ascolti sono in salita e ciò lascia adito a prospettive interessanti anche per gli anni a venire. La nostra emittente pubblica per molti anni ci ha privato di un concorso assolutamente godibile, un bel modo di passare una serata all'insegna dell'incontro tra tante nazioni, canzoni, lingue e culture diverse, dove ci sono islandesi che tifano per la Grecia, russi che supportano la Germania e così via. L'integrazione e lo scambio con gli altri Paesi passa anche da qui, oltre che dall'economia. Per cui non posso far altro che invitarvi a seguire le dirette dell'Eurovision Song Contest 2013, che si terrà a Malmö, in Svezia, il 14-16-18 Maggio, con 39 Paesi e altrettanti brani da ascoltare e tifare. Non ve ne pentirete!



Riepilogo delle migliori canzoni italiane all'ESC:
1956 - Franca Raimondi: Aprite Le Finestre
1958 - Domenico Modugno: Nel Blu Dipinto Di Blu
1961 - Betty Curtis: Al Di Là
1964 - Gigliola Cinquetti: Non Ho L'Età
1971 - Massimo Ranieri: L'Amore È Un Attimo
1974 - Gigliola Cinquetti:
1975 - Wess & Dori Ghezzi: Era
1976 - Al Bano & Romina: We'll Live It All Again
1984: Alice & Franco Battiato: I Treni Di Tozeur
1987 - Umberto Tozzi & Raf: Gente Di Mare
1990 - Toto Cutugno: Insieme:1992
1992 - Mia Martini: Rapsodia
1997 - Jalisse: Fiumi Di Parole
2011 - Raphael Gualazzi: Follia D'Amore (Madness Of Love)
2012 - Nina Zilli: L'Amore È Femmina (Out Of Love)
2013: lo scopriremo a Sanremo!

lunedì, gennaio 28, 2013

Queer as Prudence - Quando la prudenza non è troppa


Queer as Folk, la serie cult a tematica gay che negli ultimi anni ha mostrato il mondo omosessuale, trans e lesbico, in tutte le sue sfaccettature. Se da un lato, sin dalle prime puntate, abbiamo la coppia lesbica composta da Lizzy e Melanie, d'altro abbiamo le coppie gay composte da Justin e Brian e da Michael e Ben.  
Fin qui, il tutto sembra normale, se non che oltre al lato romantico, trattato forse troppo marginalmente per una serie che avrebbe dovuto sfatare certi miti del mondo gay, i produttori e gli sceneggiatori hanno aggiunto altri aspetti come la droga, il sesso promiscuo e l'abuso di alcool e stupefacenti.
Se i primi elementi citati, hanno o forse avrebbero potuto contribuire a sfatare certe credenze, i secondi tendono invece ad accentuarle in quanto non si pensa che lo spettatore medio basso o qualsiasi persona con un mentalità ristretta si soffermi proprio su questi, portando quindi l'opinione comune verso un concetto sbagliato del mondo LGBT.
Il punto di vista dello spettatore comune, risulta in parte compromesso, poiché si ritrova davanti ad una realtà a volte, o quasi sempre, enfatizzata, sia sotto il lato sessuale e sia sotto l'aspetto dell assunzione di sostanze supefacenti, in quanto persino i protagonisti, che come nella maggior parte delle serie dovrebbero essere i “paladini” della gistuzia, ne fanno uso e si lasciano andare ai piaceri del sesso.
La mia non è una critica al mondo gay, dipinto in questa serie, ma è un piccolo tentativo di poter far arrivare un messaggio a chi giudica il mondo omosessuale basandosi su questi stereotipi.

venerdì, gennaio 25, 2013

Prudenza e TV


Ho cavalcato per anni attraverso gli schermi, dal cinema a quello della mia casa e per finire a quello del mio computer, davanti al quale proprio ora sono seduto.
Lo schermo è sempre stato un mio tramite con un altro mondo: quello della finzione.
Ho viaggiato per molto tempo attraverso questa realtà conoscendo e forse imparando, anche qualcosa, su come affrontare alcune situazioni o su come rapportarmi con il mondo.
Mi chiedo: imparare da questi modelli è una cosa prudente, o forse c'è il rischio di smarrire la bussola, e di perdere la retta via della realtà?


Dal Teen-drama, al romanzo di formazione fino al trhiller e al fantasy. Un mix di generi e prospettive del reale totalmente diverse e discordanti tra loro.
Con prudenza, che cosa possono insegnare e dove sono i loro limiti?
Non credo di avere una risposta alla domanda e forse nessuno può averne una esaudiente, ma credo che ognuno debba assaporare prudentemente questi modelli, e tentare di applicarli nel modo più corretto possibile.
Potrei sognare una vita alla Gossip Girl, o torturare i miei amici come un stalker, potrei vivere l'American Dream, o potrei girare per le strade di New York con una tracolla e una carta di credito passando da un negozio all'altro; ma sono veramente questi i valori e i modelli che mi aiuteranno nella vita?
Non sarebbe più prudente soffermarsi sulle storie e capire che le vere virtù sono l'amicizia, la fiducia, e la forza interiore?
Può sembrare banale, ma cosa sarebbero Blair e Serena o Carrie,Samantha, Charlotte e Miranda o anche i meravigliosi coinquilini di Friends, se a legarli non ci fosse stata la loro profondo amicizia e la loro reciproca fiducia?
Se ora vi frullerà in testa una domanda del tipo: ho sbagliato a soffermarmi troppo sugli abiti firmati indossati da Carrie o da Blair? State tranquilli perchè anche a me è capitata la stessa cosa, ma ho ben pensato di guardare il tutto non più superficialmente, ma attraverso un aspetto più critico, cercando di cogliere i veri valori che sono nascosti, al di là degli schermi, nei protagonisti e nelle loro storie.

Vita. Seta. Spettacolo quieto.

fotografia di Jaime Ibarra
“Era d'altronde uno di quegli uomini che amano assistere alla propria vita, ritenendo impropria qualsiasi ambizione a viverla. Si sarà notato che essi osservano il loro destino nel modo in cui, i più, sono soliti osservare un giornata di pioggia.”

Hervé Joncour è immobile dinanzi al suo destino. La sua esistenza viene programmata prima da suo padre e poi da Baldabiou. Ma lui non si oppone: prima diventa militare, poi acquista e vende bachi da seta. Tutto scorre tranquillo nel piccolo paese di Lavilledieu, con sua moglie Hélène. Alessandro Baricco lo presenta così nel suo breve racconto visionario Seta.
Ma sarà proprio il suo lavoro a spingerlo in un nuovo mondo oltremare: il Giappone.
Finalmente qualcosa cambierà, si romperà: Hervé amerà una ragazzina dagli occhi non orientali, proprietà del signore Hara Kei, il rivenditore di quelle piccole e minuscole uova.

Joncour aspettava che la sua vita fosse condotta dagli altri. Lasciava che tutto piovesse dinanzi ai suoi occhi, che l'acqua trasportasse i suoi eventi e non lo sconvolgesse. Ma poi la piena: quella ragazzina dallo sguardo penetrante colpisce la sua anima addormentata. Il desiderio si infiamma, si riaccende la forza di combattere, di attraversare distese di terra e oceani pur di poterla rivedere. Hervé non conoscerà mai il suono della sua voce, ma potrà sentire il suo tocco, invisibile, come quello della seta.

Un uomo prudente alla ricerca della passione e della gioia di vivere.
Il francese ha rinchiuso nella sua gabbia interiore ogni sua emozione e aspetta, con calma apparente, di aprirne le porte e spalancarle alla felicità. Come la voliera che Hara Kei possiede nella sua dimora, ricca di uccelli. Li libera solo quando gli accade qualcosa di straordinario.
La ragazzina romperà quel ferro e farà volare le sue mille e sfaccettate emozioni.

Ma questo percorso, così ambiguo e così leggero e soave, porterà ad una consapevolezza più alta e differente.

Per quanto Hervé brami la ragazzina dagli occhi occidentali, l'amore per sua moglie sarà la sostanza con cui riempire quella gabbia, in cui prima o poi tutti gli uccelli liberati ritornano.

Hélène è una donna elegante e dalla voce bellissima, ma sopratutto intelligente: capirà e comprenderà i moti del cuore del marito e addirittura scriverà una lettera, fingendo che sia da parte della famosa sconosciuta dal volto da ragazzina.
Tradotta in giapponese da Madame Blanche, sarà carica di amore ed erotismo, in una danza di corpi che preannuncia una fine. “Non ci vedremo più, signore. Quel che era per noi, l'abbiamo fatto, e voi lo sapete. Credetemi: l'abbiamo fatto per sempre. Serbate la vostra vita al riparo da me. E non esistate un attimo, se sarà utile per la vostra felicità, a dimenticare questa donna che ora vi dice, senza rimpianto, addio.”
E Joncour porterà dentro di sè il ricordo di un amore consumato su un foglio bianco carico di significato.
Solo con la morte della moglie avrà la sua più grande epifania: Madame Blanche confermerà i suoi dubbi e metterà allo scoperto il grande peso portato da Hélène in silenzio. “ Sapete, monsieur, io credo che lei avrebbe desiderato, più di ogni altra cosa, essere quella donna.” Avrebbe desiderato essere colei che ha acceso l'anima dell'uomo.

Questo gesto riempierà realmente il suo cuore: l'amore per Hélène sarà eterno. E Hervé Joncour potrà richiudere la serratura di quella gabbia, e vivere il resto della sua vita, ancora una volta, da spettatore.

“Ogni tanto, nelle giornate di vento, scendeva fino al lago e passava ore a guardarlo, giacché, disegnato sull'acqua, gli pareva di vedere l'inspiegabile spettacolo, lieve, che era stata la sua vita.”

giovedì, gennaio 24, 2013

mercoledì, gennaio 23, 2013

Ore 12 - Il mondo fantasma di Clowes & Zwigoff

Pensavo a Ghost World, quel film che ho visto ieri. Ne ha ricevuti, di giudizi negativi. In un forum, ho risposto per le rime a un tipo che non aveva capito assolutamente niente dell'intento della regista, il che può capitare, quando si è distratti, e si guarda un film tanto per guardarlo, eppure è una cosa che mi rivolta le budella, vedere uno spettatore fermarsi al significato letterale, quello lampante, quello che il regista ti sbatte in faccia, insomma. Il problema, però, è che a un certo punto abbiamo smesso di avere tredici anni. A un certo punto, dovremmo pur capirci qualcosa, di un film, o almeno, se non ci capiamo un ciufolo, evitare di scriverne anche una recensione. Ecco perché ho mandato al diavolo il tizio. Ma ora torniamo a noi....Ghost world. Tratto dai fumetti di Daniel Clowes, è la storia di due amiche, Enid e Rebecca, alle prese con quel terrificante limbo post-diploma che tutti noi conosciamo.

Le due decidono di vivere insieme e fare "qualcosa di speciale", come rispondono a chiunque chieda loro perché non vogliono frequentare il college. Non vogliono laurearsi, non vogliono entrare a far parte di un Sistema. Vogliono vivere la loro giovinezza, ed essere diverse a modo loro.



Rebecca, tuttavia, dimostrerà presto di essere diversa da Enid: troverà un lavoro come commessa, affitterà una casa e inizierà a vestirsi come una signorina per bene. Insomma, il ritratto spiccicato della donna media americana. Enid non può accettarlo e inizia a rimandare il momento del suo trasferimento da Rebecca.


Enid, incapace di ritrovare in Rebecca le tracce di quel senso di ribellione che un tempo condividevano, riversa tutta la sua fiducia in Seymour, sfigatone coi denti storti, patito del jazz e del collezionismo. In lui, Enid vede un outsider, un uomo che ha  in comune con lei il desiderio di fuga dal Sistema che da sempre la caratterizza. 


Anche Seymour, però, deluderà Enid, proprio come Rebecca. A quel punto, non resta che una certezza: Norman, il signore che da anni attende l'autobus, seduto alla panchina, benché in molti - Enid compresa - gli abbiano fatto notare che la linea che passava di lì è stata soppressa anni addietro. "Tu non sai di che cosa stai parlando" risponde Norman, quando una Enid dai capelli verde smeraldo gliene parla.


L'autobus - metafora di quel viaggio che Enid vorrebbe intraprendere per fuggire dai fastfood, dalle commesse delle tavole calde, dall'affitto, dalle famiglie obese che attraversano la strada, dalla Madre America, insomma - passerà davvero. Tu non sai di che cosa stai parlando, le aveva detto Norman. E lei, infatti, ancora non sapeva. Tuttavia, dopo aver saltellato come una pallina da ping-pong tra l'inettitudine di Seymour e la pacatezza rassegnata di Rebecca nel disperato tentativo di trovare il suo posto, Enid si rassegna all'inevitabile: deve andar via, e deve farlo da sola. L'autobus - quello che Norman ha aspettato per mesi e mesi - è adesso pronto ad aprire le sue porte anche per lei.


ed è certamente solo la mia opinione, ma mi sembra un film interessantissimo da qualunque lato lo si guardi: la colonna sonora, la fotografia, i costumi, la sceneggiatura, la recitazione. E' un film di denuncia che ricorda alla lontana American Beauty ma, al tempo stesso, è meno amaro, più luminoso e poetico. D'altronde, non avrei mai scritto un commento piccato a una recensione idiota se non ne avessi avuto un motivo.

martedì, gennaio 22, 2013

Ore 12 - riflessi e riflessioni in un container semisommerso

Ore 12 - riflessi e riflessioni in un container semisommerso

-hai una spiegazione per tutte le mie affermazioni?
-quasi tutte.
-e dimmi, per quali non ne hai?
-per quasi tutte quelle che non mi hai ancora fatto. tranne quella che mi stai per fare.
-che sarebbe?
-quella che mi hai appena fatto.
-questi sono trucchetti mentali.
-non pensare alla macchina rossa.
-lo stai rifacendo!
-sto solo giocando con il tuo sistema nervoso centrale.
-quando parli come un libro mi dai ai nervi.
-però ti piace sentirmi parlare.
-non te l'avrei dovuto dire.
-no, non avresti dovuto. passami le sigarette, per piacere.
-sono sporche.
-me ne frego.
-l'hai detto anche ieri sera.
-sono le tre del mattino, tecnicamente è avantieri sera.
-peggio ancora, siamo qui chiusi da più di due giorni.
-e non ti è piaciuto?
-non è questo...
-e allora cosa?
-troppo... troppo.
-ora sì che ti capisco.
-non prendermi in giro.
-non lo sto facendo, qui mi sembra che chi prende in giro sia tu.
-non è vero.
-e invece sì. sapevi a cosa saresti andato incontro, quando sei venuto con me.
-ah sì?
-sì, e se non lo sapevi sono problemi tuoi. io ti avevo avvertito.
-proprio così.
-e tu l'hai fatto lo stesso.
-esattamente.
-te ne penti?
-hmmm... sì, cioè no.
-è chiaro.
-cosa? che me ne vergogno apocalitticamente? che avrei voluto sparire sottoterra subito?
-che stai tutto in botta per sta tipa.
-fottiti.
-vaffanculo.
-dopo di lei.
-ma prego, s'accomodi, non vorrei farle sgarbo.
-io a fanculo ci vado benissimo da solo, e siccome ti ci ho già mandato, io me ne vado da un'altra parte.
-e allora va all'inferno! (spara)
-ma che cazzo fai? sei di fuori?
-e aggiungilo all'altro.
-quale altro?
-quello che ti sei fatto ieri sera quando hai visto che il treno ti faceva paura.
-quale treno?
-ma che porco cristo, QUESTO!
-ah, quello! e dimmi, com'è che ne hai uno anche tu, sulla tempia?
-mah, per bellezza, e poi fa comodo avere un buco in più, al giorno d'oggi.
-sei un roito
-ecco, di nuovo con ste parole che non danno di nulla. adesso mi spieghi, per quel gran porco di tuo padre in carriola, cos'è un roito?
-girati... la vedi l'acqua sul fondo?
-sì... e allora?
-quello che ci vedi è un roito.
-ma nell'acqua ci sono solo... vaffanculo. vaffanculo, coglione, che la cosa meno indecente di te è un soprannome di pezza!
-PIANO CON LE PAROLE.
-vaffanculo, te e le tue troiette da quattro soldi. e adesso sparami la quarta volta.
-non si può. la pistola si è bagnata, e io non riesco ad alzarla.
-vabbè, pace. sigaretta?
-sono bagnate anche quelle.
-asciughiamole.
-siamo nell'acqua fin'oltre le palle, oltre ad essere nella merda, come cazzo le asciughi?
-soffiando.
-guarda, se non ci avessi pensato tu ieri sera per conto tuo, ti sparerei.
-in che senso?
-ti sei sparato, come l'ultimo dei coglioni. e io mi sono preso la stessa pallottola. come... come...
-l'ultimo dei coglioni?
-quello sei tu, coglione.
-sicuro?
-in effetti non so chi sia più coglione, tra me e te. tu che ti spari per quella o io che per fermarti mi prendo in testa una pallottola che ha attraversato la TUA, di testa?
-sei sicuro? e che avevo, un fottuto kalashnikov?
-no, evidentemente il proiettile non ha incontrato nulla che abbia rallentato la sua corsa tra le due pareti del cranio.
-spiritoso. ste sigarette?
-ancora sporche di sangue. e ancora bagnate. e anche noi, sempre di più.
-ma se ci siamo presi un colpo a testa in testa, perchè siamo ancora vivi?
-mai detto questo.
-ma io non voglio morire.
-dovevi pensarci prima.
-prima quando?
-prima di ammazzarci.
-ah, già.
-e adesso?
-adesso aspettiamo che ci ritrovino.
-e poi? che c'è poi?
-e che cazzo ne so, tu vedi fiamme?
-no.
-allora non siamo all'inferno. menomale, se fossimo finiti all'inferno ti avrei ammazzato.
-di nuovo?
-un modo lo trovavo, stanne certo.
-probabile.
-sicuro, come l'acqua bagnata.
-vaffanculo.
-l'acqua sale.
-siamo in mare, per forza.
-ti uccido.
-di nuovo?
-non fa più ridere.
-non faceva ridere neanche prima.
-su questo possiamo anche essere d'accordo.
-e da qua come si esce?
-e io che ne so?
-aspettiamo e vediamo.
-...
-...
-...
-...
-non è successo ancora niente.
-non è vero. l'acqua è salita ancora.
-vero. le sigarette?
-sciolte.
-che rottura.
-già.
-ma adesso siamo tipo dei fantasmi?
-tipo, forse.
-come forse? o sì o no! non "forse"
-non lo so, ti va bene non lo so? credi che io mi stia divertendo? chi non farebbe di tutto pur di tornare indietro, se ne avesse la possibilità? e non parlo di tornare indietro per scegliere un vestito diverso, un fucile diverso o un'automobile diversa o una donna diversa. ma poi sarebbe indispensabile saper tornare avanti.
-a te gli acidi fanno male.
-questo è shakespeare, idiota.
-no, questo sei tu che paraculi shakespeare che si tira una pippa sbronzo e strafatto di acidi.
-come l'hai capito?
-intuito.
-vaffanculo.
-anche tu.
-da quant'è che stiamo qui dentro?
-non ne ho idea.
-chiedi a quegli altri là.
-ma sono morti, che schifezza.
-anche noi siamo morti.
-vero. ma noi non ci siamo ancora decomposti.
-perchè, quelli no?
-e che sei, cieco, scemo o mi prendi per il culo? sono pezzi di carne putrefatta.
-che schifo.
-l'hai già detto.
-no, ho detto che schifezza.
-scusa.
-fa niente, può capitare.
-grazie.
-di niente.
-ma sai che quello a destra ti somiglia?
-simpatico.
-questo perchè non ti sei mai visto allo specchio.
-vedi sopra.
-è chiuso.
-lo so.
-comunque, gli somigli davvero.
-tu dici?
-sì, solo che tu puzzi di più.
-ho l'impressione che ci stiano imitando.
-dici?

Ore 00 - Non solo spaghetti: Jared Diamond e la Letteratura Italiana


who's this man?

Biologo e fisiologo statunitense, classe 1937, Premio Pulitzer per la saggistica in un anno che non ricordo, instancabile viaggiatore ed esploratore. Questo il profilo tendenzialmente wikipediano che corrisponde a Jared Diamond, personaggio del quale probabilmente non avrete mai sentito parlare ma tranquilli: fino a dieci minuti fa non lo conoscevo neppure io (so di non sapere). Eppure oggi il nome di quest'illustre studioso è emerso dalle tenebre della mia ignoranza permettendomi di fare una scoperta sconvolgente: esiste ancora, al mondo, qualcuno che non conosce l'Italia solamente attraverso il label "spaghetti, mandolino and Berlusconi"; qualcuno che l'ama e l'apprezza per la sua Arte e, specificatamente, per la sua Letteratura.

Questo qualcuno, ovviamente, è Jared Diamond. 

Nell'intervista a lui rivolta - pubblicata dal New York Times il 20 gennaio 2013 - Diamond rende la Letteratura Italiana protagonista indiscussa delle sue risposte. Quando il giornalista gli chiede di scegliere un libro, uno solo, da porre in cima alla classifica dei migliori libri letti di recente, lui risponde Primo Levi's "If this is a man". Se questo è un uomo. Una storia di morte e resurrezione. Il racconto di una sopravvivenza realizzatasi ad una condizione: la perdita della Fede.

Diamond, però, non si ferma a Levi. Parlando delle letture che lo fanno ridere e di quelle che lo commuovono, per entrambe le categorie pone l'accento sul nostro italianissimo Giovanni Guareschi e sull'agrodolce personaggio di Don Camillo...


Una lettura da consigliare al Presidente? Beh, elementare Watson: Il principe di Machiavelli, of course! Diamond sottolinea - giustamente - che non bisognerebbe ricordare un tale genio del male solamente per quel "fine giustifica i mezzi" che, tra l'altro, Machiavelli non ha mai espresso esplicitamente. Jared ci parla, dunque, di "virtù" e "fortuna", e riporta i termini in italiano proprio per non confonderli con l'inglese "virtue" and "fortune", termini che non traducono correttamente i concetti originari. Scrive Diamond:

"Virtù refers to the sphere in which a statesman can influence his world by his own actions, contrasted with fortuna, meaning the role of chance beyond a statesman's control."
(trad. Virtù fa riferimento alla sfera nella quale l'uomo di Stato può influenzare il suo mondo attraverso le sue stesse azioni, in contrasto con fortuna, che indica il ruolo della fortuna al di là del controllo dell'uomo di Stato).


 Un'autrice italiana contemporanea? Sicuramente Dacia Maraini e tutta la sua produzione con una sola eccezione: Donna in guerra, che ha deciso di abbandonare a pagina 97. L'intervista si conclude con  una domanda curiosa: Se potessi incontrare un autore, morto o ancora in vita, chi sarebbe? Cosa vorresti sapere? La scelta, questa volta, non cade sull'Italia ma su qualcosa che è alle fondamenta della nostra cultura: il patrimonio classico. In particolare, Diamond vorrebbe incontrare Tucidide, la cui opera - La guerra del Peloponneso - rilegge ogni decade. Each to his own!, mi verrebbe da dirgli a questo punto.

E' confortante sapere che, ancora oggi, l'Italia può fare capolino nel New York Times non per la sua situazione economico-politica, ma per la sua Letteratura, di ieri e di oggi. Non ci resta che lasciarci con due considerazioni:

1) se un Americano ha fiducia nella sopravvivenza della cultura italiana, perché non dovremmo averla noi?
2) questo tipo, questo Jared Diamond del quale non abbiamo mai sentito parlare, ci sta infinitamente simpatico!










lunedì, gennaio 21, 2013

Ore 12 - L’imprudenza della letteratura



Federico Faruffini - La Lettrice




“Finalmente avrebbe posseduto quelle famose gioie che dà l’amore, quella febbre di felicità che non sperava più di provare. Stava per entrare in quel mondo meraviglioso ove tutto è passione, estasi, delizia. [..]

Rammentò le eroine dei libri che aveva letto e la lirica legione di quelle donne infedeli che Emma sentiva sorelle, fece coro nella sua memoria con voci che la incantavano. Divenne ella stessa parte integrante di queste invenzioni. Vedeva avverarsi il lungo sogno della sua giovinezza, e si immedesimava in quel ruolo di donna passionale che aveva tanto desiderato.”

(Madame Bovary - Gustave Flaubert )




Emma Bovary ha un marito che la ama, una figlia deliziosa e uno status sociale dignitoso; eppure non è soddisfatta. È sempre alla ricerca di qualcosa di più. Emma Bovary, anti eroina flaubertiana, vuole essere l’eroina di un libro di avventura, la protagonista di avventure mai viste ed eccitanti, vuole una vita piena di passione, ma è condannata dal suo creatore a vivere una esistenza mediocre, borghese che ella arriva ad odiare. 


La sua vita è la ricerca di un ideale di felicità che passa attraverso le strade del tradimento e della truffa. Ogni cosa che la protagonista tocca si trasforma in fango, si distrugge, e alla fine ella stessa giungerà all’autodistruzione.


Viene da chiedersi il perché di questo eterno scontento. La risposta è solo una: Emma Bovary è una lettrice.

Rifiuta l’amore calmo e pacato di suo marito perché è alla ricerca di qualcosa di più grande, qualcosa di epico, qualcosa che ha letto nelle pagine dei suoi libri. La chiave del fallimento della protagonista sta nella scelta che lei compie tra “amore prudente” e “amore passionale”; la scelta propende per il secondo perché da secoli l’amore cieco, epico e tormentato dimora tra le pagine più belle della letteratura.




“Quando leggemmo il disïato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,

la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante".

Dante Alighieri- Divina Commedia, inferno V




Quel vecchio volpone di Dante- perché così viene da chiamarlo- aveva capito come far presa sui suoi lettori; non per niente una delle pagine più famose della Divina Commedia è proprio quella dedicata a Paolo e Francesca, i due amanti sfortunati. Tra loro l’amore sboccia grazie al sussidio dei racconti d’amore tra Lancillotto e Ginevra che danno loro “materia di ispirazione”. Certo, i due sono soggetti alla punizione divina, essendo condannati a risiedere nel girone dei lussuriosi, ma la grazia e la leggerezza con cui Dante presenta e fa parlare questi due personaggi, mostra chiaramente che la condanna non è totale. Il poeta fiorentino, pur condannando l’amor cortese (di cui i due giovani sono esempio) e condannando se stesso in quanto poeta di rime amorose, sta “strizzando l’occhio” alla tradizione, ne sta dando una ulteriore esaltazione; e al lettore poco importa che i due siano all’inferno e si commuove ogni volta.


Il fascino di storie d’amore travagliate (Romeo e Giulietta, Enea e Didone ecc..) ha contagiato i lettori, che pongono queste vicende all’apice del sentimento amoroso. Tutti sperano di provare quelle forti emozioni che caratterizzano le vicende di questi personaggi, tutti rimangono affascinati dalle mirabolanti imprese compiute dagli eroi per ricongiungersi alla loro amata. In ambito artistico, è normale che una storia di forti passioni coinvolga maggiormente il lettore, e gli scrittori ne hanno fatto largo uso per ritagliarsi una fetta di eternità.

Gli scrittori parlano di amori epici perché è quello che i lettori vogliono sentire e i lettori cercano nella vita reale ciò che leggono nei libri. Come non si riesce a stabilire se sia nato prima l’uovo o la gallina, così non si arriverà mai a capire chi per primo ha cominciato questo circolo vizioso.


Tutti noi a volte cadiamo nell’errore di Emma Bovary e buttiamo all’aria qualcosa di buono nel tentativo di inseguire una fantasia. A volte i libri ci “dannano”, ma chi sa cercare, troverà sempre la risposta…


Catullo, in una sua poesia usa due verbi per definire due tipi di amore differente: “amare” che riguarda l’ambito passionale e carnale e “bene velle” sentimento più pacato, meno tormentato ma decisamente più profondo . 




Queste gioie violente hanno fini violente. Muoiono nel loro trionfo come la polvere da sparo e il fuoco che si consumano al primo bacio…


William Shakespeare ROMEO E GIULIETTA, atto II, scena VI




“Amare”è il coinvolgimento di un momento, quella spinta fisica, l’attrazione che per quanto possa sembrare forte è destinata a scomparire tanto velocemente quanto è comparsa; “bene velle” è l’amore che lentamente, prudentemente si insinua nel cuore e che vi pone all’interno radici salde e durature. Vince il tempo, la quotidianità, la noia. Va oltre l’attrazione, è il legame più profondo di due anime a contatto.


Emma ha letto, ma non ha capito quello che leggeva. Non ha salvato se stessa, ma ha dato la possibilità  di salvarsi ai suoi lettori.