giovedì, luglio 25, 2013

Ore 12 - Grace Jones, l'aliena della musica.

Grace Jones nel video di 'Corporate Cannibal' (2008)
Oggi voglio parlarvi di uno degli artisti più stravaganti di sempre, una donna talmente folle, artisticamente parlando, da aver creato un mondo attorno a se, molto copiato dai successori, ma mai ricreato alla perfezione.
Grace Jones, con una voce black piena e ricca, è stata una delle regine indiscusse della dance music, a cavallo tra gli anni '70 e '80, continuando a stupire anche nei decenni successivi.
Di solito si pensa che se un artista punta sull'aspetto non ha molto da dire dal punto di vista vocale e musicale, ma non è questo affatto il caso.

Grace Jones non ha bisogno di mezzucci per fare ottima musica, ha la voce e fa ottima musica dance, ma il suo aspetto diventerà comunque uno dei tasselli fondamentali nella sua carriera.
Grace Jones sulla copertina di 'Nightclubbing' (1981)
La sua pelle ebano, quei tagli di capelli da alieno, talmente precisi da sembrare dei caschi o degli elmi da combattimento futuristici più che delle acconciature, e quell'aspetto androgino.
Tutto in lei la rende un personaggio apparentemente proveniente da un altro pianeta.
Le copertine dei suoi album hanno fatto il resto, perchè in ogni cover di un suo lavoro discografico appare una immagine della cantante talmente surreale da non farti staccare gli occhi da quello che vedi.
Non avevo mai pensato che sarei diventata una cantante. E' stato un incidente.
Grace ha pubblicato 'appena' dieci album di inediti in ben 36 anni di carriera, album che però le hanno permesso di dominare le chart in ogni decennio dal 1997 ad oggi.
Grace però è stata anche modella e attrice, lasciando anche in questo campo un impatto molto forte, dai suoi outfit impertinenti e extraterresti alle sue interpetazioni che sono must del cinema, come la regina dei vampiri in Vamp (1986).
Il senso del mio articolo di oggi è ancora una volta la dimostrazione che la follia può avere sempre una accezione positiva, quando ne è impregnata l'arte e quando i risultati rendono queste persone le più influenti nel loro campo.
Perchè i look androgini ed alieni della Jones li han copiato (ops, han tentato di copiarli) in molti, in troppi, da Annie Lennox a Lady Gaga, la quale ha rubato un po' troppe ispirazioni al guardaroba della Jones, nonostante l'ignoranza dei suoi fan che credono che certe cose le abbia inventate lei.
Grace Jones sulla copertina di 'Island Life' (1985)
Per Grace Jones la nudità non è mai stato un grande problema, come dimostrano diversi suoi servizi fotografici. Una immagine resterà nella storia della fotografia, e verrà poi omaggiata da tanti artisti e fotografici in seguiti. Sto parlando della cover di Island Life, la prima raccolta di Grace (1985), dove l'artista è quasi completamente nuda, coperta da olio, a gambe aperte, quasi come stesse correndo, ricordando la figura di un atleta dell'antica Grecia.
La copertina, come molte altre, fu realizzata dal suo compagno dell'epoca, l'illustratore e fotografo francese Jean-Paul Goude.
I modelli devono sembrare dei manichini, non persone reali.
L'arte deve essere fantasia.
Grace Jones - Fame (1981)
Molte altre copertine della Jones la rappresentano come uscita da un libro di fantascienza anni '70, o come da un film futuristico anni '80, con spesso una particolare attenzione al suo volto, con un lavoro spesso per farlo risultare perfettamente spigoloso e squadrato.
Non penso che 'pop' debba significare che non hai talento.
Di generi musicali Grace ne ha cambiati molti, dalla dance al soul, dal raggae al funk, dal jazz al pop, con una voce talmente suadente da farvi sciogliere ad ogni nota.
La follia artistica è veramente servita a Grace Jones? Senza dubbio.
Ma la follia era davvero necessaria? Non penso, voce e sound erano dalla sua parte.
E allora perchè esser follemente bizzarri? Perchè è parte di se, e non ci sarebbe Grace Jones l'icona senza l'aspetto mascolino del volto e il corpo sensuale da extraterreste sexy.
Quindi per far musica serve la follia? Non lo so, ma di certo se vuoi essere un mito serve, perchè è un artista, se lo è veramente, un po' folle deve esserlo, per saper creare quello che lo circonda rendendolo proprio.
Grace Jones sa dare al suo pubblico il talento e la follia, e questo binomio, senza dubbio è indissolubile.
Molti artisti si prendono troppo seriamente. Dimenticano che c'è una differenza tra i personaggi che interpretano sullo schermo o sul palco e loro stessi, ma il pubblico non lo dimentica. Loro si accorgono di quanto risulti stupido se tenti di essere la stessa persona tutto il tempo.

sabato, luglio 13, 2013

Teseo - Canto Nono

Teseo - Canto Nono

e arianna tradita
di negromanzia fa arma
scaglia milioni di membri eretti
d'ogni colore e razza
(non asiatici, però)
in volo alla volta di atene
uno prosegue,
tutti gli altri puntano dritti sulla nave
dalle bianche vele,
che teseo ha cambiato
dopo aver visto macchie d'umido su quelle nere.
ed è così che le bianche vele vengono stracciate,
mentre gli uccelli infuriano, fanno scempio degli otto schiavi neri
e delle pulzelle e dei giovinetti
restano teseo e l'equipaggio
soli alla volta di atene.
ma l'altro uccello ha già percorso l'intera distanza
e a Egeo padre è andato a riferire
che teseo imbroglierà arrivando.
Egeo, disperato, corre al molo e attende per tre giorni
non dormendo, non mangiando, bevendo vino e ouzo
in quantità divine, che dioniso lo guarda
e prende appunti.
e teseo arriva, con le vele nere al vento, ed egeo,
perduta ormai la ragione
dietro all'alcool
e alla mancanza di cibo e acqua e sonno,
confonde con gli scogli il molo e a capofitto
giù si getta.
quindici metri, e gli si apre la tunica mostrando
non molto più di quanto
aveva minosse.
è questa l'ulima immagine di re Egeo,
che ucciso dagli intrighi della sua vecchia amante perisce.
e Teseo re arriva ad Atene, incoronato, manda a chiamare
il negromante di corte
e migliaia di bastoni appaiono
e arianna cercano e la violentano
e la puniscono e la dilaniano
e le sue carni spargono per il mare
bianco e blu.

venerdì, luglio 12, 2013

Follia È - Parte 2: KT Tunstall

Sia santificato Spotify, e ancor più i suoi consigli musicali.
Seriamente, nell'ultimo periodo ho "riesumato" letteralmente artisti di cui avevo completamente rimosso l'esistenza. Cosa un po' folle, data la pregevole bravura della maggior parte di loro. 

Probabilmente anche molti di voi avranno dimenticato colei che oggi riporterò alla luce dopo anni di immeritata oscurità. Se sette giorni fa eravamo rimasti in Italia per parlare di Raphael Gualazzi, stavolta scaliamo un fuso orario. Destinazione: Scozia, più precisamente nella città sede della più antica università della terra oltre il Vallo di Adriano, St. Andrews. Qui è nata e cresciuta una delle migliori cantanti folk-blues-country-electronic pop che la Gran Bretagna abbia mai conosciuto:

Il suo nome è Kate Victoria "KT" Tunstall.

 
Il suo marchio di fabbrica è la sua chitarra, praticamente onnipresente in tutte le sue canzoni, ma sempre originalmente conviventi con altri strumenti, dalle tastiere, al sintetizzatore, anche alla fisarmonica, senza escludere percussioni e chitarre elettriche. KT non è rimasta, peraltro, fissa nel suo classico stile folk-rock lungo tutto questo tempo, ma è riuscita a sconfinare in altri generi, adattando musica e voce all'elettronica e all'adult contemporary. Una voce che sa essere calda e sensuale, quando vuole, ma che è capace di grande delicatezza a tratti.
Risulta quindi da pazzi dimenticare (o comunque ignorare) lei e il suo repertorio, ma vediamo meglio chi è KT Tunstall e come si è evoluto il suo percorso nel tempo.

Da padre irlandese e da madre cinese-scozzese, KT non ha ereditato nulla dal punto di vista musicale, essendo impiegati nel mondo dell'istruzione. Passa i suoi ultimi anni di studio nel New England, coltivando l'amore per la musica, suonando con alcune band del posto e concentrandosi sulla stesura dei testi. Kate si fa subito notare per le sue performance in stile indie-pop, e una casa discografica inglese si offre di pubblicare una sua raccolta di canzoni, offerta accettata dopo aver tentato invano di ottenere un contratto da una delle maggiori Case americane.

Eye To The Telescope esce alla fine del 2004, ma rimane poco noto finché KT non viene invitata in uno show serale britannico per ovviare all'assenza dell'ospite principale, il rapper americano Nas. In sole 24 ore, la scozzese riesce ad arrangiare una versione abbastanza buona di quello che diventerà il suo brano più noto: Black Horse And The Cherry Tree. I pareri sul sito web dello show sono molto favorevoli, e nel 2005 la Tunstall riceve addirittura una nomination ai Mercury Prizes per il "miglior album". Quello che sembrava un disco destinato ad essere solo una piccola meteora della classifica inglese, si dimostra un incredibile scalatore: Eye To The Telescope arriva al n°3 della graduatoria e rimane in classifica per più di un anno, uscendone a metà del 2006. È anche l'anno in cui il suo nome comincia a circolare insistentemente negli USA: una concorrente di Idol, Katharine McPhee, le chiede di poter usare il suo brano d'esordio per una delle serate del talent show. KT accetta, e in meno di una settimana Black Horse And The Cherry Tree scala 50 posizioni della Billboard moltiplicando anche le vendite dell'album.
Un album sopraffino, che mescola il folk e il pop, insieme alla voce dolce e a tratti calda della cantautrice scozzese. I brani più consigliabili sono praticamente i più famosi del suo repertorio: oltre a Black Horse... ci sono la ballata romantica Other Side Of The World e Suddenly I See, più movimentata e con una buona quantità di brio.




L'album d'esordio di KT, in Italia, arriva solo al numero 37 della classifica nazionale, un'accoglienza piuttosto fredda, se si fa eccezione per il brano con cui si è fatta conoscere in tutto il mondo. Al secondo tentativo va un po' meglio in Europa, un po' peggio in America: nel Settembre 2007 esce Drastic Fantastic, che la riporta al n°3 in Inghilterra e al n°35 in Italia. Le critiche vanno da moderate a molto entusiaste, anche se sottolineano la parziale conservazione dello stile della Tunstall in questo secondo disco. I brani sono, nondimeno, estremamente gradevoli, a cominciare dal primo estratto, Hold On, che non ha nulla da invidiare per energia a Black Horse...; ci sono, comunque, altre tracce significative, tra cui Funnyman, che parla di uno dei suoi collaboratori prima di diventare un'artista di gran successo, e If Only, che la porta sulla strada del pop-rock alternativo.



Tra il 2007 e il 2010, KT Tunstall pubblica un album con brani natalizi originali (non le solite cover trite e ritrite) dal titolo Have Yourself a Merry KT Christmas, cantan insieme ai connazionali Travis in Under The Moonlight, compresa nel loro The Boy With No Name, e inoltre scrive una canzone per l'associazione per i diritti degli indiani d'America, Survival International. All'inizio del nuovo decennio, KT è vista aggirarsi per Berlino al fine di registrare il suo terzo album di inediti agli Hansa Studios, celebri per aver ospitato artisti del calibro degli U2 (Achtung Baby) e David Bowie (Heroes). All'inizio dell'autunno viene pubblicato, infine, Tiger Suit, titolo ispirato ad un suo sogno ricorrente, in cui riesce a tramortire una tigre nel suo giardino perché capisce di essere anche lei "travestita" da tigre. Nonostante le critiche largamente positive, l'album ha un successo molto moderato, arrivando nella top 5 inglese, ma precipitando fuori dalla top 40 in sole 4 settimane, quasi subito, se comparato ai suoi precedenti album. Eppure non mancano i brani che meritano: Glamour Puss mette un po' da parte la chitarra per dedicarsi a sonorità molto più pop che, guidate dal sintetizzatore, trasformano KT in un'artista più simile alle sue colleghe che sfornano successi ogni 5 minuti (ma con una qualità molto migliore rispetto a queste, ovviamente). Fade Like A Shadow, invece, è caratterizzata dall'uso estensivo del duo chitarra-xilofono, ed è un incrocio tra una melodia più reminiscente dell'infanzia ed una più adulta e consapevole.


Sono passati ormai 9 anni dal debutto sulla scena musicale di KT Tunstall, e tutto il suo percorso evolutivo è culminato, nel Giugno di quest'anno, con la pubblicazione di un album intitolato Invisible Empire // Crescent Moon, considerato come il più maturo di tutti, segnato dalla morte di suo padre e dal divorzio da suo marito. Il titolo si spiega con il fatto che l'album è stato registrato in due sessioni distinte: la prima, inoltre, racchiude brani che trattano di temi più legati alla mortalità e alla solitudine (Invisible Empire, How You Kill Me), mentre la seconda parte include tracce più eteree e riflessive sui cambiamenti che sono avvenuti nell'ultimo periodo della sua vita (Feel It All, Waiting On The Heart).

Insomma, un percorso in crescendo per la giovane artista del Fife scozzese, ormai diventata una cantante matura che produce musica di altissima qualità, ma che in Italia è stata presto dimenticata, e considerata una semplice meteora. Chi lo pensa si sbaglia di grosso.


 

giovedì, luglio 11, 2013

Andy Warhol: tra genio e follia.

Alle volte viene demonizzato quello ciò è moderno, o ne vengono esaltati aspetti inutili.
C'è chi crede che il viaggio verso il futuro della nostra società debba essere fermato, criticato, distrutto, e si cerca di imporci questa visione, o erroneamente viene visto il passato come il nemico da cui allontanarsi più in fretta che possibile.
Questa schizofrenia tra vecchio e nuovo porta semplicemente le nuove generazioni ad essere ignoranti sul passato, e le vecchie prevenute sul futuro.
In una società consumistica di dimensioni abnormi come quella americana, tutto questo viene amplificato, instaurando una lotta tra ieri, oggi e domani.
 Quello su cui puntava l'arte di Andy Warhol era mostrarci l'oggetto in quanto tale, come un semplice oggetto che non ha né un presente né un passato, ma ha solo la sua staticità.
La serialità con cui Warhol riprendeva questi oggetti scarnificava ogni pro e contro, perchè il suo approccio era freddamente materialistico: se vi trovate davanti ad un suo quadro con una successione di bottiglie di Coca-Cola o di barattoli di zuppa Campbell, non vi fermate a pensare se questo prodotto viene dal presente o dal passato, ma solo quanto l'oggetto sia solo uno di tanti, solo un banalissimo pezzo di vetro o di latta su uno scaffale.
A quel punto cosa ne avrete ricavato? Avrete capito magari la funzione dell'oggetto in se, senza domandarvi se il progresso ha fatto bene a passare dal vetro alla plastica, o se nel futuro non mangeremo più la zuppa della nonna ma solo un barattolo già frullato.
Mi direte, ma Warhol ritraeva così anche volti noti, come Marilyn Monroe o Elizabeth Taylor.
Beh ma questi personaggi, soprattuto Marilyn, non erano infondo prodotti commerciali di una nuova America, che dominava il resto del mondo in tutto, anche nel Cinema?
Quello che fa Warhol è proprio fermare sulla sua tela oggetti e volti noti al pubblico americano, immagini così abitudinarie da diventare banali, che perdono la loro unicità nella serialità dell'opera, che vede un volto ripetuto decine di volte sulla tela.
Si ok non stavamo parlando del vecchio e del nuovo?
Vi volevo portare proprio qui, un'opera come quella di Warhol vi porta a vedere l'oggetto e a giudicarlo da voi stessi, così come vi appare.
Non c'è una spinta a rinnegare quel progresso, né una vivacità nel gratificare il passato.
L'obbiettivo di Warhol non è né quello di criticare né di esaltare. In un certo senso analizza e schematizza per noi.
Perchè la POP ART, di cui Andy Warhol è uno dei maggiori esponenti americani (e come puntualizzano molti critici, non il fondatore), non è solo masse di colori, oggetti iconici, dive e bibite gasate, la pop art è il nuovo modo di vedere il mondo e l'arte, negli anni '50 e '60 in particolar modo.
Sì, molte opere vi sembreranno bizzarre, eccessive, ma attraverso l'eccesso ci riconduce alla essenzialità. La follia di Warhol sta nel modo di rapportarsi alle forme d'arte, ma solo perchè molte cose fino a quel momento non erano state rappresentate così.
 La staticità dei volti di Marilyn è la constatazione che di lei è rimasto solo quello, un viso, molto truccato e iconicamente sorridente, un sorriso di scena, del personaggio. Warhol non poteva fotografarla, incontrarla, parlarle, Marilyn era morta, e quel viso è ciò che restava nella memoria di tutti.
Il modo quindi di considerare l'arte e di considerare arte il quotidiano, faranno di Warhol un genio e un folle, nel senso più creativo e inventivo del termine.
In 'Sleep' (1963) Warhol riprende per cinque ore e venti un uomo che dorme. Cosa c'è di folle in questo? Tutti noi dormiamo ogni notte per cinque, sei, sette, otto ore. No, la follia non sta nel gesto ma nel rappresentare in un film solo ed esclusivamente quel gesto. Genialità, perchè in realtà nessuno aveva mai pensato prima di farlo.
Un personaggio bizzarro, amava indossare parrucche, registrava ogni singola telefonata che riceveva o che faceva, sperimentava qualsiasi forma d'arte nel modo meno comune possibile, amava dipingere Gesù (son stati ritrovati quasi 200 ritratti e schizzi), cercava di dipingere il futuro, ma nell'ultimo periodo della sua vita ridipinse classici di Leonardo, Piero della Francesca e Paolo Uccello. Lavorò per la moda, per il cinema, per la pubblicità, per la musica.
Cercava la normalità di ogni oggetto, rendendolo appariscente agli occhi dello spettatore. Il suo pensiero commerciale spaziava in ogni campo.
E fondò la Factory, un vero e proprio tempio per pensieri, sensazioni e atti artistici, una sorta di open house, a cui tutti potevano collaborare. Follia era anche questa, un luogo in cui l'arte deve auto-crearsi da una esperienza comunitaria, dallo spunto di varie persone.
Una sorta di utopistica versione sociale della cultura. Ma non fatevi ingannare da questo, Warhol aveva una visione a tratti 'aristocratica' della cultura e della società, l'oggetto che lui schematizzava e serializzava non doveva necessariamente essere accessibile e fruibile da tutti. A lui questo non interessava.
A lui interessava rappresentarlo così come era l'oggetto, a lui interessava riprendere per ore una persona da un'unica telecamera e da una unica angolazione (Trovo il montaggio troppo stancante […] lascio che la camera funzioni fino a che la pellicola finisce, così posso guardare le persone per come sono veramente), a lui interessava immortalare così Marilyn, come la ricordava, a lui interessava un contatto con il Cristo non con Leonardo.
La geniale follia di Andy Warhol era interessata alla sua personale visione pop della società.
E ormai, si sa, avere un proprio personale punto di vista sul mondo, senza seguire il dettame della società, significa essere folli...

domenica, luglio 07, 2013

Teseo - Canto Ottavo

Teseo - Canto Ottavo

e si'imbarcarono in ventitrè
più i marinai
da quattordici che erano arrivati
spinte le vele dal vento di eolo,
che incuriosito da vicino
seguiva lo strano equipaggio.
arrivati di notte su una deserta isoletta,
teseo lesto porta arianna addormentata
sotto l'ombra di un mandorlo in fiore e,
bendatala e legatala,
con un contorto ramo resinoso
a lungo la stuzzica e la tortura,
sino a toglierle le catene della verginità
che le avvincevano la patata.
scappando, lasciandola più morta che viva,
il disonorevole Teseo
le sussurra all'orecchio
"scusa, ma è mio punto d'onore
soddisfare tutte le richieste che mi vengono fatte"
e con queste parole la lasciò, bendata e legata
sotto il mandorlo del tradimento,
a pregare hermes e eros di vendicarla.
e fu così che scese, con l'alba, 
dal carro del sole
Medea, maestra d'arti magiche, 
che alla tradita arianna insegnò arti per attrarre gli uccelli
e richiamare i volatili.
richiese solo un'ora
(nulla è più determinato e pericoloso
di una donna imbrogliata che si vuole vendicare)
richiamati gli uccelli,
i volatili manda a Creta,
a richiamare i soldati e i capitani di concave navi
gli uccelli, fatti drizzare,
li manda rapidi in direzione di Atene.

sabato, luglio 06, 2013

Teseo - Canto Settimo

Teseo - Canto Settimo

e arianna maliziosa,
si rivolge a Teseo con occhi di cielo
promettenti tempesta.
"tu che primo tra gli uomini
la nerchia del minotauro affrontasti,
oserai anche rischiare l'ira degli dei
ai quali sono consacrata sacerotessa,
portandoti a letto anche me?"
"ma arianna, sei un cesso!"
così rispose teseo dalla testa di cazzo,
dal cuore di idiota e dalla lingua di imbecille.
"almeno portami con te! qui sono la figlia
del re, non posso neanche andare a battere
o concedermi al primo pezzente per strada"
così si era abbassata a parlare la figlia di Minosse,
che grande (per modo di dire) si era levato tra i re
e ora giaceva scomposto in terra.
Immemore della grandezza sputa sull'onore del padre la figlia
e si offre allo straniero ancora più volte,
ottenendo sempre un netto rifiuto.
"arianna, che disperazione,
non hai capito che sono culattone?
adesso per convincerti prima
mi tocca pure parlarti in rima
e se ancora non mi credi,
devi essere cieca, non ci vedi?
il mio culo è tutto sfondato, 
per gli innumerevoli peni che l'han penetrato
e ancora non hai visto niente, perchè io in giardino,
arrivando ho scortecciato un pino,
e l'altro giorno, gareggiando con una troia,
con il solo ano ho sradicato una sequoia.
dopo questa pessima dimostrazione in rima
sei sempre convinta
di riuscire a portarmi sotto le lenzuola?"
disillusa, arianna dagli occhi di pozzanghera
risponde amareggiata e in preda al disgusto
"Mamma mia, sei proprio frocio nel midollo!
Ateniese, accompagnami almeno su una qualche isola sperduta
dove il mio viso non sia conosciuto
e possa liberarmi della verginità che mi tiene schiava?"
"questo potrei anche concedertelo, 
ma dovrai convincere i miei compagni,
che sulle navi non portano male le donne."
"senza alcun problema ce la farò, sappilo."
"e dimmi, diabolica figlia di cornuto padre,
come hai intenzione di convincere le donne?"
"Mio padre era simile a te, ma aveva gusti maschili e femminili.
aveva fatto venire dalla numidia
otto negri dal membro spropositato,
secondi solo al mostro mio fratellastro
che tu hai ucciso
grazie ad un colpo di culo. già sai, ti brillano gli occhi.
l'ottavo lo puoi tenere tu."

venerdì, luglio 05, 2013

Follia È - Parte 1: Raphael Gualazzi


Diario di bordo di Prudence, data interstellare: Luglio 2013.
Un nuovo tema è in vigore, trattasi della follia. L'anormale", l'estremamente inusuale; volendo portare il ragionamento ad estreme conseguenze, anche l'insolito o quello che non va di moda, al giorno d'oggi, è considerato qualcosa di folle.

Dopo un periodo di iniziale sbandamento, mi è balzato alla mente il titolo di un brano che ascoltavo spesso qualche mese fa, ma che era stato sommerso da tanti altri nuovi che scoprivo progressivamente vagabondando per le nazioni di tutta Europa. Ed è finalmente un piacere parlare di un artista del Belpaese, apprezzato in Italia come all'estero, sebbene al momento non se ne parli tantissimo per "colpa" di strategie di mercato delle case discografiche, che puntano alla sponsorizzazione di musica ben più rozza e commerciale, quasi indegna di essere chiamata con quel nome.
 
Tornando a noi, questo artista è sulla scena musicale da circa un paio d'anni o poco più. Il suo stile jazz-blues, unito alla sua duttilità vocale e alla tecnica ragtime, ne fanno uno degli astri più promettenti della "biodiversità sonora" di questo Paese. 
 
Il suo nome è RAPHAEL GUALAZZI.
 
 
A differenza di altri musicisti di cui ho parlato finora, non c'è bisogno della classica domanda "che fine ha fatto?", data la sua evidente visibilità al momento. Basterà qualche cenno biografico qui.
Raffaele Gualazzi, 32 anni a Novembre, nasce ad Urbino nel 1981, figlio d'arte di Velio Gualazzi, fondatore degli Anonima Sound. E da figlio d'arte qual è, non poteva non intraprendere gli studi al conservatorio della sua città natale. È qui che approfondisce il suo interesse e la sua passione per la musica jazz e blues, che diventeranno il core della sua produzione artistica, che mostra anche influenze dalla musica degli anni '50-'60 (Ray Charles, Chick Korea, Duke Ellington).
 
Queste colonne portanti di uno dei generi più affascinanti in assoluto saranno ispirazione per il suo primo album, pubblicato nel Settembre 2005, dal titolo Love Outside The Window, che contiene sia brani originali che riarrangiamenti di grandi classici come Besame Mucho e Georgia On My Mind. Ovviamente il successo non è stratosferico, vista l'esclusività della musica jazz, ma Gualazzi sa farsi valere già dal suo esordio, producendo composizioni di gran pregio, per giunta in lingua inglese, cosa che per un normale artista italiano è impensabile, data la repellenza dell'accostamento cantante nostrano-lingua britannica. Invece Raphael stravolge questo stereotipo sfornando una musica assolutamente godibile, e alternativa al pop ultra-commerciale in giro nello stesso periodo. Da questo album riascoltiamo Escape e A Song For Your Soul, le punte di diamante di tutta la raccolta.
 
 
 
Nei mesi successivi alla pubblicazione di Love Outside The Window, Gualazzi ottiene ulteriore visibilità grazie alla partecipazione a diversi festival musicali, come il Fano Jazz e il Java Festival a Giakarta (Indonesia). Altri eventi a cui ha preso parte, fino al 2010, l'hanno portato all'attenzione del grande pubblico, anche grazie alla cover di Don't Stop, brano immortale dei Fleetwood Mac, ripreso recentemente in una nota pubblicità di carburanti. Nel 2010 Raphael incontra Caterina Caselli, e firma un contratto con la sua prima vera casa discografica, rimanendo comunque produttore ed arrangiatore dei suoi brani, con un limitato aiuto esterno che consiste nel direttore d'orchestra Fio Zanotti.
 
Il risultato di tutto questo percorso è Reality And Fantasy, presentato a margine del Festival di Sanremo 2011, a cui Gualazzi partecipa come "nuova proposta", vincendo nella suddetta categoria grazie alla riuscitissima Follia D'Amore, che segna l'ingresso nelle sue canzoni di una piccola quantita di genere pop nell'impalcatura jazz della sua produzione. Il compromesso è talmente riuscito da portarlo, appunto, alla vittoria tra le Nuove Proposte di Sanremo 2011, oltre che a fargli assegnare il premio della critica "Mia Martini". Per questi meriti, e per ridare lustro alla nostra nazione, la RAI lo seleziona per inaugurare il nuovo corso dell'Italia all'Eurovision Song Contest, a cui mancava dal lontano 1997 con i Jalisse. Il brano è un mix italiano/inglese di Follia D'Amore, chiamato Madness Of Love. All'Esprit Arena di Dusseldorf, Raphael incanta oltre 100 milioni di spettatori di oltre 35 nazioni, arrivando primo nel punteggio delle giurie e ottavo nel punteggio del televoto, guidando l'Italia alla medaglia d'argento con 189, davanti alla Svezia con 185 e dietro l'Azerbaijan con 221. Madness Of Love entra addirittura in classifica, insieme all'album in cui è contenuta, in diverse nazioni europee, come Germania, Belgio, Austria, Olanda, Svizzera e Francia. Da Reality And Fantasy propongo, ovviamente Follia D'Amore e Out Of My Mind, brani che segnano il definitivo consolidamento del suo stile, con un pizzico di movimento e spensieratezza in più.
 
 
 
 
Di ritorno dai suoi spettacoli in tour in Italia ed Europa, il 12 Dicembre 2012 annuncia la sua partecipazione al Festival Di Sanremo 2013, seguita dall'uscita del terzo album solista, Happy Mistake. Alla rassegna canora, rivista nel format, Raphael propone due brani, intitolati Senza Ritegno e Sai (Ci Basta Un Sogno), il primo molto più movimentato e scatenato del secondo, una ballata più dolce e romantica riadattata al suo stile. È quest'ultima a passare la prima fase del televoto, per poi classificarsi al quinto posto complessivo, dietro artisti più quotati come Marco Mengoni, Elio E Le Storie Tese, Modà e Malika Ayane. Nell'album è presente, inoltre, anche uno dei brani storici della kermesse sanremese, vincitrice nel 2011, Luce (Tramonti A Nord-Est) di Elisa, in una versione ovviamente rivista in chiave blues-jazz e molto più audace rispetto all'originale.
Attualmente Gualazzi è in Francia per ottenere un successo più ampio, anche su scala europea, e per pubblicizzare i suoi lavori recenti e passati, in una sfida (un po' ad armi impari, secondo il sottoscritto) contro la musica-non-musica che va di moda da diversi anni ormai. La sfida è un po' folle (appunto), ma Raphael ha la voglia e la capacità di affermarsi come uno dei migliori artisti europei nel suo genere, e anche in assoluto.




Ore 00 - Jekyll e Hyde: quando sdoppiarsi significa rinnegare se stessi.

Chi di noi non ha mai desiderato avere una doppia personalità?
Ok, detta così sembra che vi stia parlando di bipolarismo lo so, ma non avete mai sognato essere almeno per un po' altro da voi stessi?
Forse per trovare il coraggio di fare o dire cose che non riusciremmo mai ad esprimere, forse per dimostrare agli altri che siamo molto di più di quello che credono, forse per dimostrare a noi stessi di valere di più.
Henry Jekyll sapeva che stava per concedere a se stesso una doppia vita, nella speranza di esternare tutto quello che lui, un rispettabile scienziato della borghesia inglese, non poteva vivere alla luce del sole. In realtà non conosciamo i veri desideri proibiti di Jekyll, ma di sicuro il suo ruolo 'per bene' nella Londra vittoriana di fine Ottocento gli stava stretto.
No, non credo il suo unico desiderio fosse sfidare la scienza, o semmai questo era il motivo che gli appariva più plausibile, più accettabile, perché se il suo unico desiderio fosse stato questo, si sarebbe fermato al primo esperimento su se stesso, e poi avrebbe usato qualcun altro, per vedere le conseguenze su varie tipologie di persone, in cosa ognuno di loro si potesse trasformare.
E invece lui si ferma su se stesso, Edward Hyde è la doppia personalità che cercava, o sperava che lo fosse.
Perché Hyde non si limita alla spudoratezza dei sensi, ma si abbandona alla crudeltà, alla ferocia gratuita, alla violenza e meschinità, non crea un alter ego con dei limiti, ma un'altra persona da se.
Ed è qui che il desiderio balenato da molti, ovvero poter essere per una volta altro da se stessi, una nuova personalità coraggiosa, desiderosa di vivere e capace di farlo, sfocia nella follia.
Chi non ritornerebbe nei propri panni vedendosi capace di omicidi e meschinità, pur di essere diversi dal solito?
Sareste disposti a diventare degli assassini pur di vivere una doppia vita?
Sì, questa è follia, rinunciare ai propri valori per essere diversi, rinunciare alla propria vita per crearne un'altra, seppur orrenda.
Quella che Jekyll cercava era una seconda opportunità, ma quelli che ha ottenuto sono solo danni collaterali di una pozione creata in un momento di euforia.
Quando vi ho chiesto se abbiate mai desiderato una doppia personalità mi riferivo all'opportunità di dimostrarvi capaci, intelligenti, forti, valorosi, ricchi di emozioni che di solito non riuscite a vivere, perché le persone e la società che ci circondano ci hanno imposto dei ruoli da rispettare, e una mattonella da cui non spostare i nostri piedi.
Quello che vi chiedo è se avreste il coraggio di spostare il vostro piede sulla mattonella opposta alla vostra, questo significa avere una doppia personalità nel senso poetico del termine, avere il coraggio di fare cose di cui gli altri non ci ritengono capaci, ma che fanno parte del nostro più intimo io.
Non credo che nell'io di Jekyll ci fosse davvero Hyde, penso che questo sia stato solo un tentativo di negazione di se stessi e del proprio doppio animo. Questo non è sdoppiarsi, e rinnegarsi.
Credere in se stessi e abbattere i propri limiti è istinto di sopravvivenza, rinunciare a se stessi e diventare qualunque cosa, più lontana e diversa da noi possibile, è follia.

giovedì, luglio 04, 2013

Ore 12 - Who Wants To Live Forever?




La risposta esatta è Dimitry Itskov un multimiliardario russo che afferma di poter portare la specie umana all’immortalità. Nessun abracadabra, ma “semplicemente” l’istallazione in un corpo robotico di un chip che replichi esattamente le emozioni e i pensieri dell’uomo di origine. 

Entro il 2015 Itskov prospetta la realizzazione del primo avatar umano, nel 2025 la produzione degli avatar diventerà commerciale e abbordabile da tutti: insomma da qui a una decina d’anni noi tutti potremmo trasferire la nostra mente e i nostri pensieri in dei robot in tutto e per tutto simili a noi e dimenticarci della paura della morte.

Secondo la rivoluzionaria visione di Itskov “l’era dell’immortalità” porterebbe ad un radicale mutamento nella vita degli uomini: un’era di pace e serenità. L’umanità deve essere preparata e, in un certo senso,“evangelizzata”. Seconda tappa di questo percorso è infatti la realizzazione di social network chiamato Immortal.me  e, addirittura una nuova università: l’Università dell’ immortalità.
Questi i progetti di un magnate russo con molti soldi e molte idee, scapolo impenitente e amante della vita modesta che ha voglia di fare Dio.

Io non sono religiosa, mi risulta difficile credere in un ente superiore che si occupa dei nostri destini, ma quando ho letto questa notizia su “Panorama” mi sono venuti i brividi. Chi vuol vivere davvero per sempre? Quando è spenta la paura della morte, per cosa si vive?

La mortalità è ciò che ci rende umani. L’idea della fugacità dell’esistenza ci rende instabili, timorosi, ma allo stesso tempo coraggiosi. Lottiamo, soffriamo, amiamo perché sappiamo che un giorno non ci saremo più. Secondo l’idea di Itskov l’avatar continuerebbe a vivere la stessa vita dell’uomo che replica, stesso lavoro, stesse abitudini per sempre. Attraverseremmo i secoli con i ricordi e le passioni degli uomini, ma con un corpo da macchina, insensibile. Niente più piaceri della gola, niente più calore del sole sulla pelle. Che senso ha vivere una vita eterna se le sensazioni sono solo il ricordo di uno stato passato?

Quale  “carpe diem” se gli attimi a nostra disposizione saranno infiniti? Il fascino dell’essere umani è questo: anime intelligenti (a volte) che vivono e agiscono consapevoli che il tempo dato a loro disposizione non è infinto. Noia e monotonia sono due bestie che già accompagnano la nostra vita,e se dovessimo vivere per sempre? A che serve l’eternità quando uomini straordinari hanno portato a termine imprese grandiose anche nell’arco di una breve vita? Non è quanto tempo ti viene dato, ma come lo sfrutti a fare la differenza.


E poi, cazzo, ma un po’ di meritato riposo no?


 Tu non chiedere, non è dato saperlo, quale a me, quale a te termine ultimo abbiano dato gli dei, Leucono, non tentare i numeri babilonesi. Quale che esso sia! Sia che Giove abbia concesso molti inverni, sia che (abbia assegnato) come ultimo (inverno) questo che ora fiacca sulle opposte scogliere il mar Tirreno: sii saggia, filtra i vini e, poiché la vita è breve, riduci la lunga speranza. Mentre parliamo, il Tempo invidioso sarà già fuggito: cogli l’attimo il meno possibile fiduciosa nel domani.
Orazio, ode 1.11

 


Who wants to live forever
Forever is our today
Who waits forever anyway?



Queen