lunedì, settembre 30, 2013

Prudence al Cinema: Bling Ring (prima parte)

La fama fa gola a tutti, specie se hai 16 anni, vivi a Los Angeles e la moda è la tua passione.
I mezzi per arrivarci sono tanti, dai più leciti ai meno leciti.
Come fare per avere tutto e subito? La risposta della banda del “bling ring” è rubare.
Si parte con il rubare una borsa, una collana, un paio di scarpe, si finisce con il rubare la personalità del derubato. Perché il derubato in questione non è uno qualunque, ma una diva di fama mondiale, una icona di stile, un nome che tutti conoscono, una immagine a cui tutti (o quasi!) vogliono assomigliare.
Lo si fa per essere quelle persone, per diventare come quelle persone, per l'adrenalina di fare qualcosa di proibito e di sbagliato, per il gusto di avere tutto, anche ciò che non si può avere. E finisce con il gusto di farlo giusto per farlo, senza più uno scopo reale.
Perché se ti intrufoli a casa di Paris Hilton ben otto volte di seguito, ormai hai visto ed esplorato tutto ciò che c'era da esplorare, hai rubacchiato tutte le louboutin o le birkin che potevi desiderare.
Scade nuovamente nella monotonia, nell'abitudinale.
Direte che è assurdo ritenere abitudinale intrufolarsi in casa altrui e rubargli tutto ciò che ci piace, ed è vero, ma è il segnale che questo film vuole darci, è la realtà che Sofia Coppola vuole mostrarci.
Qualcuno lo riterrà un film diseducativo, ma il messaggio forte che ti resta impresso è che i ragazzi di oggi sono annientati dai divi del cinema e dello showbiz tanto da perdere la propria personalità ricercandola in loro. Tutti vogliono essere come loro e farebbero di tutto per diventarlo.
Ma perchè ammirano il loro lavoro? No, perchè ammirano le loro ricchezze materiali, il loro senso dello stile, il loro look.
Se vuoi uno Chanel vai a rubare a casa di Rachel Bilson, se il tuo idolo assoluto è Lindsay Lohan basta cercare il suo indirizzo su google maps, se vuoi trovare tutto ciò che si possa desiderare la magione di Paris Hilton ti aspetta con la chiave sotto lo zerbino.
Penserete: tutto questo è assurdo. E invece Bling Ring è ispirato ad una storia realmente accaduta pochi anni fa.
Il film è curatissimo in ogni dettaglio, perchè rispecchia davvero in tutto quel mondo patinato che milioni di adolescenti seguono via web, dall'ultimo paio di scarpe, alla borsa esclusiva, al party privato, passando per TMZ, musica inconsistente, e scandali a bordo piscina.



"L'America ha un fascino perverso per le storie alla Bonnie e Clyde" (cit. Marc)
 
La società americana ha creato dei mostri mediatici (Linsday, Paris) talmente idolatrati per i dettagli più superficiali della loro vita e “carriera”, che tutti i ragazzini che le seguono vogliono un pezzetto della loro vita e sono disposti a stapparla alle suddette con le proprie mani, solo per una borsa, un po' di coca, e un paio di scarpe.
L'allarme della società americana è forte ma non viene abbastanza ascoltato, viene sottovaluto, sembra sia normale sognare, anche quando si sogna di smettere di essere se stessi.
L'ingordigia dei ragazzi si ritorce loro contro, saranno gli stessi amici a denunciarli facendo i loro nomi, dopo che la serie di furti aveva ormai fatto notizia anche al tg nazionale.
Gli amici non rivolgono più la parola l'uno all'altra, tutti si accusano a vicenda, e quando il capo di questa “banda”, Rebecca, viene arrestata, il suo unico è pensiero è “cosa ha detto Linsday di me?”, risultando la più incurante di tutto quello che stava accadendo, perchè il suo unico obiettivo era finalmente essere notata dal suo idolo.
Nicki riesce ad imbrogliare tutti, passando per vittima, parlando come un consumato uomo politico che si difende da insensate accuse, e che mira ai suoi progetti futuri di essere un leader nella società.
Marc è l'unico redento, ragazzo da sempre ignorato da tutti, che vede in questa banda di degenerati l'unico mezzo per essere finalmente qualcuno.
Tre reazioni diverse, che simboleggiano i vari volti del declino adolescenziale, a dimostrazione che qualunque ragazzo o ragazza possa cadere vittima di questa trappola, pompata da insicurezze e totale disinteresse dei propri genitori.
Ragazzi a cui in realtà materialmente non mancava nulla neanche in principio, ma totalmente vuoti di contenuti e di affetti.
Questa è la società americana di oggi si chiedono i media? Si, e sinceramente siete stati proprio voi a far diventare l'adolescente un superficiale e affamato lupo famelico, pronto a divorare chiunque per l'ultimo gadget firmato.

“Magari un giorno sarò presidente, perché no?” (cit. Nicki)

venerdì, settembre 27, 2013

50% creatività, 50% umorismo: "Weird Al" Yankovic, il re delle parodie

Parli di creatività e il cervello si inaridisce a furia di pensarci. Sembra strano ma nelle ultime due settimane è andata proprio così. E nel mentre ho dovuto destreggiarmi tra ostacoli di diversa natura ma su cui preferirei soprassedere.
Ora però, dopo molto rimuginare, faccio il mio esordio postvacanziero affrontando il tema di Settembre con un argomento piuttosto leggero, a molti piuttosto gradito quando si tratta di farsi una risata in un cattivo momento. Ecco qui!

Puoi inventare un genere musicale dal nulla, puoi mettere a punto esibizioni live spettacolari, puoi scrivere canzoni che toccano le corde dell'anima ed emozionano, ma l'artista di cui parlo non fa niente di tutto ciò. Il suo enorme dono è quello di prendere una canzone famosissima e....stravolgerne il senso, magari aggiungendo un tocco di polka, voci stridule fuori campo e un video musicale assolutamente, epicamente, decisamente demenziale. Demenziale ma non per questo orrendo e di scarsa qualità: Alfred Matthew "Weird Al" Yankovic, nato alla fine dell'Ottobre 1959 in California ma con un quarto di sangue balcanico, si è definitivamente affermato negli Stati Uniti come l'imperatore delle parodie, un genere dove puoi creare tutto quello che i tuoi fan non si aspettano, e che può creare ilarità e sconcerto allo stesso tempo nello stesso ascoltatore.



Ma chi è questo "strano Alfred"? Fuori dal Nuovo Continente è quasi ignoto, eppure riscuote un gran successo oltreoceano, e alle spalle ha ormai 37 anni di produzione musicale dissacrante: che si tratti dei Queen, di Madonna, di Michael Jackson, dei Backstreet Boys, dei Nirvana, dei Green Day, di Eminem o Lady Gaga, per lui non fa differenza. È l'apocalisse della parodia. Di seguito vi svelerò dieci buoni motivi (quindi canzoni) che vale la pena di ascoltare e apprezzare per la qualità con cui sono costruite, nonostante gli argomenti in essi trattati facciano rimanere, ad un primo ascolto, ben più che allibiti. Cominciamo!

Motivo #10: "eBay Song" - brano originale: "I Want It That Way" dei Backstreet Boys
Partiamo in bellezza, con uno dei pezzi forti della boy band americana che dal 1993 fa impazzire milioni di adolescenti. Se I Want It That Way, pubblicata nel 1999, era un brano toccante e a tratti anche straziante per il suo testo malinconico, che segnava una fase più matura per i cinque ragazzi d'oltreoceano, eBay Song rifila all'ascoltatore una sfilza di alcune tra le più assurde cianfrusaglie che si possano acquistare sul noto sito di aste online, il tutto mentre Yankovic si vanta delle sue doti da "cecchino" quando si tratta di rilanciare un'offerta a due secondi dalla fine per portarsi a casa un poster di Farrah Fawcett, un tavolino da TV dei Puffi o persino una scatola del pranzo di Pac-Man. Non esiste un video ufficiale, ma su Youtube circolano molti (e divertenti) lyric video.


Motivo #9: "You're Pitiful" - brano originale: "You're Beautiful" di James Blunt
Yankovic si sposta in Europa per dissacrare il capolavoro del cantante inglese idolo di tante ragazzine adolescenti e autore di "1973" e "Stay The Night". Se l'originale era una lenta e soave ballata d'amore, la parodia (ascoltata e molto gradita persino dallo stesso Blunt) è il completo opposto: "Sei pietoso, davvero", esclama il californiano ad un non meglio precisato interlocutore, colpevole di vivere con sua madre a 42 anni, essere sempre al verde e stare sempre mezzo nudo, con un pacco di patatine sulla pancia a giocare a Halo 2, corredato di un esilarante "Well, it just sucks to be you". Anche in questo caso, niente video ufficiale, ma alcuni fan hanno realizzato una caricatura di Yankovic che imita la clip di Blunt.

Motivo #8: "Canadian Idiot" - brano originale: "American Idiot" dei Green Day
Tutti ricordano l'incredibile energia di Billie Joe Armstrong mentre canta rabbiosamente contro la piega che gli eventi stanno prendendo nel suo Paese natale, tanto da dichiarare di voler bruciare la bandiera americana, poiché per lui non ha alcun significato. Al contrario, dopo aver ascoltato la parodia di Yankovic, ne è rimasto piuttosto entusiasta. "Canadian Idiot" parla degli stereotipi statunitensi nei confronti dei loro cugini canadesi, deridendoli per il loro accento un po' effemminato, l'amore per il curling e i loro modi fin troppo amichevoli, incitando ad un attacco preventivo per toglierli di mezzo.


Motivo #7: "Party In The C.I.A." - brano originale: "Party In The U.S.A." di Miley Cyrus
Quando l'ho sentita per la prima volta sono morto dal ridere. Perché non solo Yankovic canta svariate volte meglio della Cyrus, ma anche per il testo che è riuscito ad realizzare sulla base di quello originale, che rende ogni giorno ai servizi segreti americani una festa senza precedenti, tra pillole al cianuro, dossier classificati, interrogatori violenti e leader politici da assassinare con cautela. Il risultato è oggettivamente esilarante e supera di gran lunga l'opera della giovane ex-attrice Disney.

  
Motivo #6: "Perform This Way" - brano originale: "Born This Way" di Lady Gaga
Si tratta del primo estratto dell'ultimo album pubblicato finora dal parodista californiano, con una storia travagliata di permessi di pubblicazione apparentemente negati (ma poi concessi) dalla signorina Germanotta. Il testo è un'apologia, dal punto di vista della cantante, dei suoi abiti spesso un po' troppo stravaganti o appariscenti: "Posso indossare formaggio svizzero, o tappezzarmi tutta di carne cruda, non significa essere pazzi, io mi esibisco così" recita una parte del ritornello, mentre Yankovic, grazie ai miracoli della grafica computerizzata, mette la sua faccia sul corpo di una modella e di una contorsionista. Dopo la libertà di amare, ecco la libertà di vestirsi un po' a caso. Roba da Enzo&Carla.


Motivo #5: "Couch Potato" - brano originale: "Lose Yourself" di Eminem
Ebbene sì. Il successo più stratosferico di Eminem, contenuto nel film 8 Mile diventa l'esplicita confessione di un uomo che passa praticamente tutto il giorno a guardare la TV via cavo, seguendo programmi di qualsiasi tipo e qualità, da Spongebob allo show di Oprah Winfrey, informandosi sulle opinioni di Simon Cowell e sui matrimoni di Jennifer Lopez, ipnotizzato da 24 e da Senza Traccia e sintonizzandosi su canali come E! e QVC. Preoccupato che potesse compromettere la sua reputazione, Eminem non diede il permesso a Yankovic di pubblicarla come singolo d'esordio del suo album del 2003 Poodle Hat, al cui interno è comunque contenuta. Ecco un simpatico lyric video.


Motivo #4: "Like A Surgeon" - brano originale: "Like A Virgin" di Madonna
In quel di Venezia, Madonna girò il video di Like A Virgin saltando sulle gondole e sui gradini dei piccoli ponticelli sui canali della laguna, mentre un leone si aggirava per le stradine veneziane (anche parecchio spaventato, forse). La cantante disse, scherzando, ad un suo amico quanto tempo sarebbe passato prima che qualcuno realizzasse una parodia con quel titolo. Quell'amico era in comune con Yankovic, che riprese le movenze di Madonna, riprese anche il leone...trasportando il tutto in un ospedale, dichiarandosi l'ultimo del suo corso a specializzarsi in Chirurgia. Peccato che i suoi pazienti muoiano ancor prima di poterlo pagare, ma lui non sembra farci troppo caso e si struscia, in una maniera che dovrebbe essere sensuale ma è orripilante, sul pavimento di una sala operatoria. Questo video ha 28 anni, ma è ancora epicamente divertente.


Motivo #3: "Eat It" - brano originale: "Beat It" di Michael Jackson
Yankovic ha sempre chiesto il permesso di pubblicazione agli autori dei brani che parodiava. Uno dei primi ad ascoltare i suoi "capolavori al contario" fu il Re del Pop Michael Jackson. Inaspettatamente, trovò i lavori del californiano estremamente divertenti e godibili, e fu così che poco tempo dopo l'uscita di Beat It arrivò la sua versione "gastronomica". Non avrai nessun dessert finché non pulirai il tuo piatto, per cui mangialo, e non dirmi che sei pieno, recita l'introduzione al ritornello, il tutto condito (e beh) da emissioni gassose di qualsiasi sorta, giusto per ricreare un'atmosfera comica che si può ritrovare anche nel video ufficiale, che è quasi identico all'originale, riferimenti alimentari a parte. Se a Jackson è piaciuta, piacerà anche a voi.


Motivo #2: "Amish Paradise" - brano originale: "Gangsta's Paradise" di Coolio
Non si può dire certo la stessa cosa di Coolio. Se Michael Jackson approvò con entusiasmo le proposte di Yankovic, il rapper di colore non ne fu molto felice. Ma ormai la frittata era fatta, e nel 1999 la parodia di Gangsta's Paradise dipingeva il mondo Amish, elencando la routine infinita di lavoro e preghiera, oltre che la mancanza di tecnologia e lusso di qualsiasi sorta. Tuttavia non mancano le frecciatine ai turisti che si avventurano nei loro villaggi, disperandosi perché non abbiamo nemmeno pagato la bolletta telefonica negli ultimi trecento anni. La parte migliore del videoclip è senza dubbio l'ultima scena: Yankovic cammina in avanti ma tutto, dietro di lui, si muove al contrario. È incredibile lo sforzo di camminare all'indietro e pronunciare all'inverso tutte le parole del testo (controllate il labiale), cercando allo stesso tempo di evitare gli ostacoli. L'effetto fa davvero strabuzzare gli occhi, come del resto tutto il brano.


Motivo #1: "Smells Like Nirvana" - brano originale: "Smells Like Teen Spirit" dei Nirvana
In America sono in milioni a pensare che se non vieni imitato da qualcuno, non sei un cantante di gran successo. E in particolare se non vieni preso in giro da Weird Al Yankovic. Ovviamente non poteva non capitare ad una band che risiede di diritto nell'Olimpo dei migliori: i Nirvana di Kurt Cobain. All'inizio del 1992, Yankovic sceglie di parodiare Smells Like Teen Spirit per ridare slancio alla sua carriera e, con l'autorizzazione dello stesso Cobain, decide di centrare il testo sull'incapacità di molti ascoltatori di capire le parole dei testi dei Nirvana. Per fare il tutto ancora più in grande, Yankovic usa lo stesso set e parte degli attori del video originale, mentre lui impersona Cobain suonando una chitarra di gomma e ammettendo cose come ma di che tratta questa canzone? | non riesco a capire nemmeno una frase, | come si incastrano una con l'altra le parole? | vorrei che me lo dicessi tu, perché io non lo so proprio. Special guests: una capra e una mucca, più una quantità infinita di biglie. Risultato finale: epico, divertente e straordinariamente dissacrante. Una perla da pirla. Che però ha raggiunto la posizione #35 della Billboard americana a pochi giorni dalla pubblicazione. Fate voi i conti.

Keith Haring e i suoi "omini": quando l'arte è quotidiana.

Quante volte vi siete fermati davanti alle vetrine di uno di quei negozi di “modernariato”, fissando un cuscino con un omino stilizzato disegnato sopra?
Oppure in un ufficio avete visto un quadro con quello stesso omino che salta su uno sfondo bianco?
Quanti di voi avranno pensato “che figa la maglietta con l'omino”, e se la sono messa per una intera estate?
Ma quanti di voi sanno davvero cosa sono quegli omini, chi li ha inventati, e cosa significano?
La risposta alle prime tre domande è sicuramente tanti, tantissimi, un po' tutti.
La risposta alla quarta domanda è sicuramente quasi nessuno.
No, non voglio far vedere che ne so più di voi, perché anche io ho ammirato quei famosi omini per anni senza sapere cosa fossero.
Keith Haring
Keith Haring è uno dei maggiori artisti pop di sempre, emblema dell'arte visuale post-pop art, un misto tra Andy Warhol e Madonna.
Peccato che Keith non sa di esserlo diventato, morto a soli 31 anni nel 1990.
Ma nei suoi pochi anni di vita Keith ha realizzato opere ancora oggi stimate e catalogate nella “graffiti art”, perchè lui era solito dipingere i suoi famosi omini sulle pareti.
Non era semplice arte di strada, perchè i suoi disegni racchiudevano principi della vita, della morte, della pace e della guerra.
Mi sono sentito stupido dopo aver capito chi avevo davanti, e riconoscendo di aver visto da sempre quegli schizzi senza capire chi era la mano dietro quei colorati omini che invadono la vita quotidiana di molti.
Perchè specie in Italia, e specie negli ultimi anni, le opere di Keith Haring hanno avuto una forte commercializzazione, venendo stampate su qualsiasi superficie bianca e acquistabile.
I negozi di modernariato ne sono pieni, ma anche tanti centri commerciali, e un suo quadro era persino appeso nella mia scuola guida.
Dettaglio forse opinabile, ma ormai da quando ho conosciuto mister Haring mi domando sempre se chi acquista questi oggetti sappia che non è solo una stampa molto frequente, ma pezzo della storia pop del nostro millennio.
Perchè le opere di Keith saranno anche stampate ovunque, ma di lui non si parla praticamente mai, ed è un peccato che l'AIDS lo abbia strappato alla vita così presto.
Sarebbe stato davvero interessante vedere la sua arte mista alla pop music anni '90, sarebbe stato un connubio imperdibile, e Keith sarebbe potuto essere l'unico vero erede di Andy Warhol nella pop art, che lo stimava profondamente.
Keith Haring fu ispirazione anche per una giovane icona all'inizio della sua trentennale carriera. Infatti il nostro pittore era grande amico di Madonna, la quale portava le opere di Keith stampate su giacche e gonne. Ma non solo, nel 2008, durante il suo Sticky & Sweet Tour, un video raffigurante le opere di Haring in movimento veniva proiettato come backdrop sui maxi schermi durante la performance di Into The Groove, classico anni '80 della Ciccone.
Madonna e Keith Haring
L'amicizia tra i due era grande, tanto che Madonna subito dopo la morte dell'artista dedicò a lui una tappa del suo Blond Ambition World Tour, devolvendo tutti i ricavati alla lotta contro l'AIDS.
Le opere di Haring sono nei musei di tutto il mondo, tante le mostre e le manifestazioni dedicate a lui, anche in Italia, dove nel 2005 andò in onda il "The Keith Haring Show” durante la Triennale di Milano. La sua arte è strettamente collegata a tutto ciò che è anni '80, ed è dispera in decine di artwork musicali del tempo.
La sua arte fu anche mezzo di diffusione di una cultura sul sesso sicuro alla fine degli anni '80, voluta da Keith stesso, apertamente gay e sostenitore della lotta contro l'aids e pro-educazione sessuale anche per i giovanissimi.
La carriera di Keith Haring fu intensissima ma breve, e per questo spesso si tende a dimenticarlo tra i grandi nomi che hanno fatto la pop art e la storia dei graffiti anni '80, ma la forza mediatica che ancora oggi le sue opere espandono, dimostra l'universalità della sua arte e del suo messaggio.
Da oggi chissà, guardando quegli omini spensierati sorriderete pensando a Keith, che non era interessato tanto al lato economico della commercializzazione delle sue opere, ma a quello che significava socialmente e artisticamente, la fine di barriere mentali e di distinzione tra grandi e piccole opere, tra ARTE e arte, perchè lui dipingeva nelle gallerie delle metropolitane, senza sapere che un giorno sarebbe stato nelle case di tante persone.

mercoledì, settembre 25, 2013

Il Marketing dei telfilm Da Beverly Hills a Arrow



Le regole del marketing televisivo sono spietate, anzi spietatissime. Il prodotto deve da subito convincere attirare e vendere il più possibile. Ma che ruolo ha la creatività in tutto questo?
Dipende dai casi, a volte la creatività è sinonimo di qualità, altre invece è sinonimo di ostacolo per il dialogo tra network, fan e marketing.
Dai primi anni duemila, sino ad oggi avrò visto quasi un centinaio di serie TV, tra soap, telefilm americani, latino-americani, spagnoli, francesi e anche produzioni italiane.
Guardando con occhio malinconico al passato, mi sono accorto che molte cose sono cambiate negli anni, anzi troppe.
Le serie non sono più create per raccontare storie e appassionare il pubblico pian piano, ma semplicemente per vendere. 


Ormai sono sempre più rari i casi come ER, Charmed (Streghe), Beverly Hills, Desperate Hosewifes, Grey's Anatomy e altre che hanno sfiorato se non superato la durata decennale. Tutte le serie sopracitate tra detrattori e non sono comunque entrare a far parte della storia della TV, o meglio hanno creato la storia della TV. Prendiamo il curioso caso di Desperate Hosewifes, un telefilm che venne proposto a diversi network, ma nessuno lo comprò per il semplice fatto che parlava di casalinghe e si riteneva che fosse abbastanza noioso e invece ha accompagnato per otto anni i fan di tutto il mondo grazie soprattutto alla storyline. Sorte analoga ma diversa per Grey's Anatomy, che venne definito dalla critica come l'unine di Sex and The City e ER. L'idea anche qui sarebbe potuta risultare azzardata e forse anche folle, e invece dopo dieci anni la serie continua a raccontare e a stupire ad ogni puntata i sui fan.


Questi erano i telefilm creati per raccontare, mentre oggi abbiamo dei semplici prodotti di marketing. Uno dei più recenti è sicuramente Arrow, la nuova serie di punta della CW, me se facciamo un piccolo saltino indietro possiamo anche trovare The Vampire Diaries, e Gossip Girl. Tre serie diverse, come genere e come storie, ma hanno un unico denominatore che le lega: l'impatto mediatico che hanno avuto. Studiati per vendere, per renderli trend-setter, e per far sognare le ragazzine. Sono telefilm che possono parlare di tutto, ma non raccontano niente, perché le storie non sono create in base alla finalità degli autori, o del messaggio che si vuole lasciare, ma sono create in base ai desideri degli spettatori. Si creano coppie, si rompono, si introducono nuovi personaggi e si fanno fuori dei vecchi, semplicemente perché devono piacere.
Saremo costretti a guardare, da ora in avanti, solo prodotti commerciali o possiamo ancora sperare di trovare dei prodotti creativi?

Ore 00 - Harmony Korine e la fine del sogno disneyiano


Selena Gomez, Vanessa Hudgens, Ashley Benson. A che cosa pensate, quando leggete questi nomi? Alla Disney, naturalmente, e ai film e alle serie TV che ci ha propinato negli ultimi anni, da I maghi di Waverly a High School Musical. Zuccherose, a tratti divertenti e politicamente corrette, queste pellicole ci hanno tenuto compagnia anche quando eravamo fin troppo cresciuti per approfittarne e hanno impresso nella nostra memoria i volti delle loro attrici protagoniste. Ed è proprio su questo che Harmony Korine, giovane regista indipendente, fa affidamento nel processo di ideazione del film Spring Breakers (2012): sicuro delle nostre sicurezze (passatemi il gioco di parole), scaglia le tenere protagoniste dell'universo disneyiano in un genere completamente diverso di cinema. Geniale nella sua genuinità, Korine non elimina le atmosfere e le sfumature tipiche delle pellicole Disney: piuttosto, le utilizza per rivestire di colori e luci un mondo marcio in modo tale che lo spettatore, immobile nella sua poltroncina coi popcorn a mezz'aria, si senta confuso e sconvolto. Cosa è bene? Cosa è male? Possono davvero essere così crudeli, quei volti d'angelo nascosti dal passamontagna rosa? E' tutto così bello, così colorato, così disneyiano. Eppure marcio.


Questo film, o lo si ama o lo si odia. Non esistono vie di mezzo. Il rischio più grande nel quale il regista è incorso girando Spring Breakers è quello della sottovalutazione. Sono certa che la maggior parte degli spettatori, a fine proiezione, abbia pensato "Che boiata!" ed è proprio vero, è una boiata. Una boiata intelligente, però. Spring Breakers, infatti, è molte cose contemporaneamente: un inno dissacrante alla giovinezza, il canto del cigno di un uomo che ha fondato sul denaro la sua vita (splendida l'interpretazione di James Franco), la storia di una vera e propria "religione della violenza". Tutto questo si cela dietro i colori, le luci, le attrici che hanno fatto il successo della televisione disneyiana, in un turbine confuso in cui le incertezze dello spettatore diventano un tutt'uno con quelle dei personaggi, con il loro progressivo corrompersi, degradarsi. Consumarsi (eppure erano così giovani...). Si tratta, in fin dei conti, di un romanzo di formazione: ciò che cambia è solamente il modello educativo. E questa, a mio parere, è la denuncia più sottile e geniale che il cinema abbia conosciuto negli ultimi anni. Chapeau.

Non voglio tediarvi con la trama del film perché non voglio rovinarvi la visione, quindi...vedetelo. Vi lascio con una scena del film che, a mio parere, evidenzia in modo magistrale l'intento ossimorico del regista: la dolcezza di una famosissima canzone pop (Everytime di Britney Spears) e la violenza delle scene. La terribile separazione tra ciò che lo spettatore sente e ciò che vede. L'ossimoro che incarna il crollo del sogno disneyiano.


martedì, settembre 24, 2013

I Menù dei Telefilm




Pretty Little Liars
Antipasto: La queen Bee della scuola e del paese è scomparsa e a distanza di un anno nessuno ha rinvenuto ancora il suo cadavere. Tutti, dalle amiche ai genitori e ai conoscenti avevano un movente.
Primo: Ad un anno dalla sua scomparsa le sue quattro migliori amiche sono stalkerate da qualcuno che sembra essere lei.
Secondo: Da un semplicese e possibile assassino si scopre che in realtà dietro potrebbe esserci molto di più. Insieme a questo come contorno possiamo offrirvi la possibilità che la queen Bee sia ancora viva, oppure la scoperta del famoso stalker che conosce tutti i segreti delle quattro protagoniste.
Dessert: Se pensate che il menù sia giunto al termine, tranquilli perché il dessert è un po' come la vendetta, in primis va gustato freddo e poi non sarebbe un desset completo senza un bell amaro e un po' di caffè.

Questo menù non è di vostro gradimento? Tranquilli, basta andare avanti con la lettura dell'articolo e ne troverete qualche altro.


Scandal
Antipasto: La casa bianca, il presidente degli Stati Uniti, sua moglie, il suo staff e la sua Portavoce... nonché la sua amante.
Primo: Dopo due anni dalla vittoria delle elezioni, la portavoce del presidente ha lasciato la casa bianca per mettere insieme uno studio di Gladiatori che difendo ricchi, poveri, politici e non.
Secondo: La Casa Bianca e il presidente saranno comunque sempre sulla sua strada, e come contorno è possibile usufruire di ottime scene di sesso oppure di giochi di sguardi che vi manderanno totalmente in estasi.
Dessert: Si consiglia sempre qualcosa di freddo come una vendetta, ma un bel liquore forte, o un buffet di intrighi, lotte per arrivare al potere e un po' di suspance.

Vi piace il primo menù, ma anche il secondo non è male e siete curiosi di degustarli entrambi? Bene fatelo tranquillamente oppure potreste provare la terza alternativa.

Revenge
Antipasto: L'antipasto si compone di un mix di sapori dolci e freddi, che spaziano dalla vendetta fino ai sorrisi e ai gesti sempre più falsi.
Primo: Una ragazza che si finge un'altra, per non essere riconosciuta e torna nel suo paese d'origine per vendicarsi di chi ha accusato suo padre ingiustamente.
Secondo:L'amore e i sentimenti verso 3 uomini che ruotano attorno a lei, saranno uno dei piatti forti, da poter eventualmente completare con un contorno di menzogne, o di false verità create ad hoc per proteggere le persone che ama. Si sconsiglia di non accostare come condimento i sentimenti, perché spezzerebbero un po' i sapori dei secondi.
Dessert:Ovviamente dopo un pranzo del genere non può mancare una fredda e algida torta Victoria.

Spero che tutti i menù possano essere di vostro gradimento.
P.s. Si il tema del mese è la creatività, e questa volta per essere creativo ho deciso di cambiare la formula del mio articolo.
Creativo No?

sabato, settembre 21, 2013

Lì dove il trash diventa poesia

 Neverland, ovvero il Micidial TG



Tra format importati, programmi spazzatura e le solite repliche dei soliti vecchi film, ricercare un briciolo di creatività nella programmazione tv sembra una missione impossibile, ma quest’anno MTV ha donato a noi telespettatori un barlume di speranza, un raggio di luce che, come l’alba indora i profili dei monti, ha rischiarato le nostri menti e i nostri cuori assuefatti da cotanto scempio della tv odierna: MARIO, una serie di Maccio Capatonda.

La storia è presto detta: il “pluritelegattato” Mario conduce l’Mtg, diretto dal suo mentore, nonché padre putativo Paolo Buonanima; un giorno, il direttore scompare misteriosamente, e, il tg, viene comprato dal cattivissimo Lord Micidial, che inserisce all’interno della diretta spot commerciali e servizi al limite del demenziale. Mario, sconvolto dalla piega che hanno preso gli eventi, minaccia di lasciare il tg, ma Lord Micidial lo blocca con una clausola nel suo contratto, la terribile “sciabolata”, che lo costringe a mantenere il suo incarico e a diventare mentore di Ginetto, rampollo di casa Micidial, che , tra l’altro, non sa leggere. L’unico modo per uscire da questa terribile situazione è scoprire cosa sia realmente accaduto a Paolo Buonanima.

La serie, creata dal genio di Maccio Capatonda, al secolo Marcello Macchia, è articolata su due piani: uno è quello delle vicende di Mario, l’altro è quello incentrato sui servizi al limite del paradossale presentati di volta in volta dagli inviati del tg, alcuni dei quali interpretati sempre dallo stesso Maccio. I servizi sono giocati sul rovesciamento e estremizzazione di quelli che sono i tg italiani, la cui qualità diventa sempre più scadente. Tra i personaggi più riusciti della serie possiamo annoverare: 



Ippolito Germer:  interpretato da Maccio, è il conduttore di una rubrica di salute.  Di volta in volta Ippolito, parodia del conduttore della rubrica del tg2 Luciano Onder, presenta ai telespettatori una serie di malattie sui generis come gli “attacchi di pane”, terribile patologia che consiste nel venire costantemente bombardati da una scarica di panini appena fatti, o dall’altrettanto fastidiosa “caduta dei capezzoli” o dall’inspiegabile “vecchiaia” la cui cura può essere o la “non nascita” o la “morte”.  Nota a parte può essere la triste vicenda di un intervistato che aveva perso “l’uso delle gambe” ritrovato poi da un suo amico. I memoriabili servizi di Ippolito si chiudono poi con l’immancabile augurio di quest’ultimo “..e buone malattie a tutti!”
Maccio, durante la sua intervista alle invasioni barbariche, parla di Ippolito come di uno dei suoi personaggi preferiti. Ippolito non è tanto concentrato sulla salute, ma la sua passione sono le malattie.

Oscar Carogna: già presente in alcuni lavori precedenti di Maccio, Oscar è la versione parodiata di Salvo Sottile. Gestisce la rubrica “il morto del giorno in HD” . Oscar è l’immagine perfetta della tv morbosa, attaccata al macabro e alle vicende di cronaca nera, a tutta quella marmaglia di sedicenti giornalisti che si accalcano sulla carcassa ancora fresca del morto come degli avvoltoi affamati. Privo di tatto con i parenti delle vittime, di solito finisce sempre per intervistare il “passante di professione” Pino Cammino che inspiegabilmente si trova sempre nelle vicinanze di qualche evento terribile e  che risponde alle domande del giornalista con un immancabile: “ sì io ho visto tutto!” e descrivendo l’eventuale morte cruenta…”comme ‘na catapulta!”. Oscar conclude sempre i suoi servizi con un televoto finale per cercare il colpevole della triste vicenda e quasi sempre tra i sospettati ci sono “i zingheri”. Memorabile la puntata in cui Oscar si scusa, evidentemente imbarazzatissimo, del fatto che il potenziale morto del giorno versava semplicemente in uno stato di coma.

Jo Cagnaccia: nomen omen dicevano i romani, e Jo, come giornalista, è proprio “cagna”. Ricorda tanto quelle inviate cerebrolese di studio aperto che fanno servizi demenziali e al limite del ridicolo: uno tra tutti quello in cui intervista una donna salvata da un extracomunitario al quale chiede “lei ha salvato la signora per poi rapinarla?”




Menzione speciale per gli spot dei prodotti Micidial dal primissimo “Raggrumina” per rendere la cacca più dura a “Cappelli” per nascondere la calvizie passando per “Calmario” il calmante che funziona solo per le persone che si chiamano Mario. 

Maccio trova la sua strada quando si rende conto che i suoi video Horror invece di terrorizzare gli spettatori li facevano ridere, così, ha iniziato a girare i famosissimi trailer come " l'uomo che non reggeva l'alcool" "padre Maronno" "l'italiano medio" mostrando fin dai suoi esordi una fortissima vena creativa espressa al massimo con questa ultima sua fatica. Da tanto tempo in Italia non si vedeva un prodotto nuovo, non importato da qualche altro paese e del tutto originale; è una comicità intelligente che non sfocia mai nel volgare, e che oltre al sorriso innesca una riflessione. l'espediente del tg, come ha ammesso lo stesso creatore, è un modo per inserire toccare tutti i temi e gli aspetti della tv di oggi.
Maccio, insieme a Herbert Ballerina e gli altri suoi collaboratori ha preso tutto ciò che c'è di trash in tv e l'ha riorganizzato, sventrato e analizzato creando un prodotto nuovo, fresco, geniale e tremendamente divertente.

Se l'avete visto, ditemi cosa ne pensate. Se non l'avete visto, vedetelo.
Ed io? Aspetto con andia la stagione 2

venerdì, settembre 20, 2013

Solange e l'afro-synth.

Alle volte ci vuole coraggio per fare musica, per fare la propria musica.
Il mercato discografico è pieno di gente di scarso talento che con il pezzo giusto riesce a sfondare, omologandosi con la moda musicale del momento.
Ed è anche pieno di gente di grande talento che decide di non rincorrere il successo, ma realizzare musica a modo proprio, correndo molti rischi, ma rispettando il proprio io.
Questa è la creatività, oggi oggetto misterioso nel mondo della musica.
La musica invece deve essere creatività, perché è arte, e l'arte è una proiezione di tutto ciò che è dentro di noi, non di quello che gli altri vogliono da noi.
La musica oggi deve essere creativa nel sound, nell'immagine, nel videoclip, nella copertina.
Se poi sei “parente di” il tuo compito è cento volte più arduo. Ma potrebbe essere cento volte più semplice se si seguisse quello che fanno tutti, specie il tuo parente più noto e di successo di te.
Solange Piaget Knowles è la sorella della più nota Beyoncé, star mondiale dell'rnb poi tramutato in pop. Perché si, il merito di Beyoncé, oltre alla sua voce indiscussa e la sua abilità di performer, sta nell'aver reso l'rnb un genere per un pubblico più ampio, accostandolo al pop di tradizionale fruizione comune.
Non siamo qui per parlare di Bee però. Solange è sempre stata chiamata la sorella di Beyoncé, e questo per lei ovviamente era un ostacolo enorme per cercare di emergere nel mondo della musica.
Poteva usarlo a suo vantaggio, diventando una seconda B, con il suo stile, il suo sound.
Solange però dopo un debutto pop (Solo Star, 2003) ha deciso di differenziarsi da tutti, cercando il suo vero io, mettendo a disposizione dei suoi ascoltatori la sua creatività.
Ottima autrice, ha co-scritto tutti i brani dell'album di debutto della sua “cugina famosa” (Kelly Rowland), dimostrando di non essere solo un bel faccino e una bella vocina.
Il percorso creativo di Solange comincia con il suo secondo album, “Sol-Angel and the Hadley St. Dreams” (2008), dove ricrea i suoni anni '60-70 della soul music, con il risultato di un album elegante, fresco, intenso, stupefacente per una giovanissima artista.
Solange non era però ancora convinta. Ed è così che decide di abbandonare la sua casa discografica per poter lavorare liberamente senza imposizioni esterne e deviazioni creative.
Solange si appoggia così ad una piccolissima etichetta di Brooklyn, la Terrible Records, per creare il suo primo EP, che serve a far capire a chi è li fuori chi è davvero Solange, e quale musica vuole fare.

Nasce così “True” (2011), un ep che riprende la black music dei primissimi anni '80, che si spoglia della dance anni '70, conservando alcuni strumenti e alcune sensazioni, ma in una dimensione delicata, calda, avvolgente ed estremamente alternativa.
Perché “True” è differente da tutto ciò che oggi sentiamo in radio, eppure è radiofonico.
Solange ci porta il vero sound afro, in atmosfere oggi assenti in qualunque altro album.
I suoi video sono un misto tra un “ego” tutto afro-american (Losing You), e una disillusione dance (Lovers in the Parking Lot).
Un mistro tra le eclettiche ridondanze black anni '80 con le sue percussioni, e lievi candori di tastierina dello stesso decennio, unione tra r'n'b e synth pop, senza sembrare qualcosa di già ascoltato.
Sono solo sette brani a comporre questo ep, ma vi accompagnano in un universo creativo così nostalgico che non ne vorreste mai uscire.
Tutto in Solange è creativo, dalla scelta del suono, dai video con questo sapore vivo ma suadente, ad un look tutto “creolo” ed old-african, per poi finire nella scelta delle cover.
La copertina originaria di True è semplicemente costituita da due strisce arancio/rosso molto forte sovrapposte, con il titolo in rilievo.
Qualcuno direbbe che è fatta in cinque minuti. Invece racchiude il significato e l'essenzialità del lavoro. Quelle due tonalità di colore racchiudono l'essenza soul del lavoro.
Invece la copertina alternativa raffigura Solange in quello che sembra un decoupage fatto su una valigia, molto vintage con i suoi tessuti, i suoi oggetti, le fantasie, entrambe opera dell'artista newyorkese Mickalene Thomas.
Il risultato di tutto è curato, attento, preciso ma con sbavature volute. La voce genuina di Solange vi avvolge, senza autotune, senza mixaggi vocali, senza la necessità di dover dimostrare di saper prendere una nota altissima, o di mostrare chissà quale caratteristica fisica.
Vi fa ballare ma non è dance, vi farà piangere ma non è soul, vi farà riflettere ma non sono ballad, vi farà ridere ma non sarà pop.
Solange è semplicemente creativa, e “True” è l'esempio per tutti coloro che vogliono fare la loro musica e sperimentare il proprio io senza dover vendersi per qualche copia in più.
So baby, is it all you've got?
Tell me if you got some more-ore
I'm thinking of some time off, off
I'm dreaming of a time that you knew me

mercoledì, settembre 18, 2013

Ore 00: DIY - Découpage facile: il vassoio floreale

Come anticipato dall'editoriale, questo settembre è anche il mese dei DIY (do-it-yourself) all'insegna della semplicità e del risparmio. Tempo fa, mia madre ha decorato con la tecnica del découpage un vassoio di vetro e il risultato è stato questo:


Se vi piace l'idea e vi va di occupare un po' del vostro tempo in un'attività creativa e divertente, ecco qui l'occorrente e una facile guida alla realizzazione! enjoy :)

OCCORRENTE:

  • vassoio piatto di vetro
  • carta di riso a stampa floreale
  • carta di riso bianca
  • forbici
  • alcool
  • colla vinilica diluita con acqua
  • spugnetta
  • vernice di finitura opaca all'acqua
  • pennello piatto piccolo (il n.4 può andare) e pennello piatto grande per finitura a vernice
  • le vostre manine 

STEP 1:






Pulite bene il lato esterno del piatto con una spugnetta imbevuta di alcool (lavoreremo sempre sul lato esterno: è lì che va applicato il disegno). Dopodiché, isolate due o tre decori floreali contenuti nella vostra carta riso stampata (non usate le forbici: strappate semplicemente con le mani intorno ai bordi). 
STEP 2:


Capovolgete il piatto. Incollate i fiori ovunque vogliate usando la colla vinilica diluita con acqua e un pennello piccolo, stando attenti a non creare bolle d'aria.



Con le mani (o con l'aiuto della spugnetta) premete sul disegno partendo dal centro verso l'esterno per eliminare eventuali bolle d'aria.


Passate un velo di colla su tutto il decoro.

STEP 3:


Cospargete tutto il piatto di colla.


Applicate la carta di riso bianca coprendo tanto il piatto quanto il decoro. Anche qui, badate a non creare bolle d'aria. Tagliate la carta in eccesso lasciando un margine di qualche centimetro più ampio rispetto al piatto.

STEP 4:


Capovolgete il piatto e tagliate la parte restante della carta in eccesso seguendo il bordo con delle forbici affilate.

STEP 5:


Utilizzando il pennello più grande, passate 3 strati di vernice ad acqua su tutto il lavoro. Lasciate asciugare un'ora tra una passata e l'altra. et voilà...