martedì, maggio 20, 2014

Come Dio Comanda

La libertà è distruttiva. Se non per tutti, lo è per alcuni, e può essere distruttiva anche soltanto la lotta per arrivarci, perché molti non riescono a raggiungere la libertà e dopo l’ennesimo fallimento si fermano, lì dove sono, sono stanchi e spaesati, incominciano a sentire uno strano e lontano dolore in tutto il corpo e decidono che da quel momento in poi smetteranno di cercare quello che stavano cercando perché tanto non ce la faranno mai. E questo vuol dire distruggersi perché si perde tutta la fiducia in sé stessi e alla fine si viene invasi dalla convinzione di non aver combinato nulla di buono, niente per cui ci si possa sentire felici e orgogliosi e per cui poter dire un giorno “ce l’ho fatta”. Ma molti di quelli che si fermano a metà strada non sanno o forse si dimenticano di esser comunque andati avanti, vedono solo la strada che non hanno fatto, ma non si girano indietro a vedere tutta quella che hanno già percorso, si focalizzano sui fallimenti dimenticandosi dei successi.
E poi ci sono quelli che invece non si arrendono mai, può succedere qualsiasi cosa ma sono sicuri che non si fermeranno, anche se hanno sofferto, soffrono e sanno che soffriranno ancora, hanno un coraggio infinito e una forza che solo poche persone hanno.
È questa la storia dei protagonisti di uno dei più famosi romanzi di Niccolò Ammaniti: Come Dio comanda. Rino e Cristiano sono padre e figlio con una storia complicata alle spalle e una vita ancor più difficile da affrontare ogni giorno, una lotta continua per non perdersi, infatti Rino è costantemente in conflitto con gli assistenti sociali che non gli permettono l’affidamento del figlio, del suo Cristiano, il bambino che ha cresciuto e che continua a crescere da ormai quattordici anni. È una storia di amore e odio la loro, un rapporto irresponsabile e sregolato, così come le loro vite, sono entrambi scontrosi, violenti e terribilmente soli ed è proprio questo ciò che rende speciale la loro unione: la presenza di uno è indispensabile all’altro. Sono molto poveri e si sentono ogni giorno prigionieri di qualcosa che è troppo grande per loro, li sovrasta facendoli sentire schiacciati e la loro rabbia verso il mondo cresce sempre di più, l’unico momento in cui si sentono davvero liberi è quando stanno insieme. Rino, nazista convinto, odia gli immigrati che gli rubano il lavoro e gli imprenditori che assumono solo gli stranieri, per colpa loro non ha i soldi per mantenere il figlio e rischia continuamente di farselo portare via da quegli “infami” degli assistenti sociali, come li chiama lui.
Cristiano invece odia i bulli e non si accorge di esserlo a volte lui stesso, e cerca di passare inosservato, evita tutti e non vuole avere niente a che fare con i suoi coetanei, sembra ritenerli tutti stupidi e infantili, l’unica cosa che vuole è essere libero, trovare i suoi spazi e rimanerci, senza che nessuno gli dica come comportarsi, il mondo è pieno di gente così e lui lo sa.
Quella di Cristiano e Rino è una continua ricerca di libertà, di fuga verso nuovi luoghi dove nessuno possa giudicarli per i vestiti o per i loro pensieri fintamente stupidi e folli.
Un giorno, un po’ più buio degli altri, Rino arriva alla conclusione che l’unico modo per salvarsi e risolvere tutti i problemi sia fare una rapina, impresa che dovrà coinvolgere anche gli unici due suoi amici, anche loro alla disperata ricerca della felicità. “Disperata” è la parola esatta perché Ammaniti in questa storia analizza con disarmante lucidità e crudezza, come è solito fare, i pensieri di tre uomini e un ragazzino circondati da altri personaggi, tutti in preda alla disperazione, allo sfinimento dovuti a una vita che è stata fin troppo crudele con loro. Può sembrare paradossale, surreale, quasi ridicolo che in un’unica storia siano concentrati così tanti aspetti negativi della vita e della libertà, ma l’autore vuole sottolineare il lato oscuro di noi stessi che spesso ci risucchia, descrivendolo in più modi attraverso vari personaggi, tutti apparentemente diversi fra loro.

E in questo mese dedicato alla libertà, ho pensato tanto a come descriverla, a come parlarne e quindi ho voluto raccontare questa storia pensata da Ammaniti e scritta di getto, senza inutili illusioni e con una sincerità che ha soltanto chi si sente davvero libero.

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4/ 5
Oleh