venerdì, febbraio 28, 2014

Pronto, amore? Ho finito i gettoni...

L'amore di cui vi ha parlato Prudence questo mese non è stato sempre quello convenzionale.
L'amore, come vi abbiamo dimostrato, non ha frontiere, non ha generi, non ha sesso, non ha limiti.
Potete amare un uomo o una donna, un amico o un parente, un film o un videogioco, potete cantare a squarciagola che rivolete indietro chi vi ha spezzato il cuore, o potete sussurrare che non amate più niente o nessuno, potete vestirvi da sposa o scegliere di recitare una poesia.
In ogni gesto della vostra vita c'è un po' d'amore, anche per voi stessi.
C'è chi la lottato per far si che il proprio amore venisse accettato dalla società, c'è chi ha fatto sacrifici per amore della propria famiglia, c'è chi ama una passione così tanto da non saperne fare a meno.
C'è chi ha scritto dell'amore e chi lo ha cantato.
C'è chi ha scritto t'amo sulla sabbia e chi è morto perchè non riceveva più amore.
E poi ci siamo noi, ognuno di noi ha vissuto l'amore, o una forma di esso, forse capendolo, forse non imparando mai cosa è l'amore.
Il tempo stringe, la linea dell'amore di febbraio sta per terminare, e vi volevo dire che l'amore è....
Mi sono finiti i gettoni, devo riagganciare, ma ci sentiamo presto...amore, qualunque cosa tu sia.

mercoledì, febbraio 26, 2014

Amore. La definizione di chi l'ha cercato, trovato e perso. (e pur sempre ritrovato)

Non sappiamo chi sarà o quando arriverà.. noi l'aspettiamo.
O forse no.
Ma quando arriva non puoi farci nulla.
E' la forza più travolgente che esista.
Non bisogna temere l'amore.
Ci da forza e debolezza nello tempo stesso, ci rende ricchi, ci rende responsabili....ci cambia. Amare è bello.
Essere amati lo è ancora di più.
Ma perché amiamo?
Perché siamo amati?
Perché questa malattia da cui nessuno è immune e da cui non si sarà mai tali esiste?
Amiamo, perdiamo, soffriamo e ci innamoriamo nuovamente?
Perché è bello essere innamorati.
Sono belle le sensazione che ti da e che ti lascia, sono belli i momenti del prima, durante e dopo.
Ti fa sentire vivo e morto nello stesso tempo.
Non sei più di te stesso se ami con il cuore, diventi parte della persona amata.
E non lasciatevi deridere da chi non capisce, da chi è invidioso o semplicemente non abbastanza coraggioso da dire "Io amo".
L'amore fa muovere il mondo, ha mosso i poeti e per una ragione assurda ha mosso l'odio.
L'amore per il proprio paese ha portato guerre.
L'amore per le proprie ideologie ha portato rivoluzioni.
L'amore non ricambiato ha portato a gesti orribili.
L'amore ha una sola ed unica logica: prima o poi colpisce tutti.
La vera ed unica fortuna è ricambiarlo ed essere ricambiati.
L'amore è vita!
L'unica che vale la pena essere vissuta.


E ora mi avvicino a te, a braccia aperte...

So now I come to you, with open arms
Nothing to hide, believe what I say
So here I am, with open arms
Hoping you'll see what your love means to me
Open arms...

Stavo cercando una ispirazione per il mio articolo di questa settimana, l'ultima dedicata all'amore, e sentivo il bisogno di tornare alla musica, e farmi cullare da qualche brano romantico e sofferente. Perchè, vi devo confessare, che i brani d'amore più sofferti e più li ascolto.
E' vero mi piace struggermi, ma mi piace anche ascoltare quelle canzoni d'amore immense, da cantare nel ritornello con iTunes a palla, e ho pensato che c'era una sola artista che era perfetta per quello di cui vi voglio parlare.
Mariah Carey non è famosa solo per la voce straordinaria, l'atteggiamento da diva e i milioni di dischi venduti. Mariah è famosa per alcune delle canzoni più belle d'amore di sempre, anche se alcune in verità sono cover, ma sono diventate famosissime al grande pubblico grazie alla sua voce, al suo modo di cantarle, a quella sensazione di amore struggente che ti cattura quando l'ascolti.
Oggi quindi ho deciso di proporvi i dieci brani d'amore che preferisco dall'intera discografia di Mariah, e non è stato scendere a soli dieci brani, ve lo assicuro. Penso però di aver creato la perfetta playlist d'amore in stile Mariah, che vogliate gioire o piangere per amore.

Partiamo con una delle mie preferite in assoluto, ovvero Don't Forget About Us, che parla di un amore finito, ma senza odio, senza rimpianti, ma con uno splendido ricordo. Può succedere che un amore finito possa essere un qualcosa di indimenticabile, che non si può cancellare, che vi fa solo sorridere e non piangere? Potreste mai vivere un grandissimo amore, vederlo terminare, e restare attaccati in maniera sana ad esso? Il senso di questo pezzo è che quando c'è stato qualcosa di bello, qualcosa di vero, qualcosa di buono, è stupido volerlo dimenticare solo perchè finito. Non dovrebbe essere questo l'amore, qualcosa che ci lasci solo del bene nel cuore?
Il secondo pezzo di cui vi parlo è quello più fresco, divertente, e dolce di questa playlist. Fantasy infatti sembra quasi un brano d'amore adolescenziale per la sua vivacità e purezza. L'amore è una fantasia è vero, e lo è anche quando immaginiamo semplicemente di avere la persona amata al nostro fianco, quando sogniamo di giocarci, sia che l'amore sia corrisposto, sia che non lo sia. L'amore è la più grande fantasia della nostra vita, e l'unico mezzo che può trasformare una fantasia in realtà. Quante volte avete immaginato di fare qualcosa di meraviglioso con la persona amata, che in quel momento non è con voi? E quanto poi è stato stupendo farlo dopo averlo tanto desiderato e sognato? Sarò io ancora un fanciullo dentro, ma l'amore per me è questo, fantasia, nel senso più bello della parola.
Avete mai avuto una storia d'amore per la quale avete lottato con tutte le vostre forze ma che alla fine è comunque terminata? Senza che voi poteste fare più nulla. Una storia che sapevate senza speranze, una storia d'amore data da tutti per sconfitta. Una storia d'amore dalla quale siete usciti cambiati per sempre, e alle quale siete legati lo stesso, perchè l'amore vi ha fatto male, ma lo rivolete. Ve lo avevo detto che amo le canzoni struggenti, e I Stay In Love è forse la mia canzone preferita in assoluto di Mariah. E' talmente forte il messaggio che manda, e talmente bello. Nonostante tutto quello che è successo tra due persone che le ha portate a separarsi, le due persone sono ancora innamorate. Ed è anche il gesto più stupido che si possa fare. Io non potrei mai accettare di lasciar andare la persona che amo per altri problemi, e griderei ancora "piccolo...sono ancora innamorato di te"!
La cosa più bella del relazionarsi con la persona che sia ama, specie agli inizi, è scoprirsi, conoscersi, e se è la prima volta che amiamo, imparare a farlo. Amo I Want To Know What Love Is perchè parla della scoperta non di chi amiamo, ma proprio dell'amore. E' una richiesta non proprio d'amore, ma di esser illustrato cosa esso è: voglio conoscere l'amore, e voglio che sia tu a mostrarmelo. La complicità nell'amore, l'insegnare l'un l'altro cosa è l'AMORE, nel vero senso della parola. Quello che facciamo insieme, quello che condividiamo, quello che costruiamo, ci insegnerà cosa è l'amore, saremo uno la guida dell'altro in questo cammino. A me piace vederla così, due piccoli innamorati al buio che accendono l'un l'altro una candela, che mostra loro la strada, e che lungo il cammino diventa luminosa come il sole, come l'amore.
Love Story parla della storia d'amore più bella che possiate vivere,quella da film, da telefilm,da romanzo d'amore, ma è che reale. La canzone è dedicata da Mariah a suo marito, e i due vivono un matrimonio da favola. Mariah ha finalmente trovato la persona perfetta per lei, la persona che le fa vivere l'amore ogni giorno. Splendida la frase "la nostra non è solo una storia d'amore, noi insieme faremo LA storia", che credo racchiuda il vero senso romantico e anche divertente del brano. Un brano che racconta come i due si sono incontrati una prima volta come amici, e poi si sono rincontrati ancora, e l'amore è cresciuto, ed è iniziato un amore, che no, non è una favola, non è un film, è pura realtà.
E poi parte l'intro di chitarra di questo brano, a tratti latino, avvolgente, sensuale, note che aprono uno dei successi maggiori di Mariah. My All parla di due innamorati distanti, che darebbero qualunque cosa per avere ancora una notte insieme. O forse parla di un amore che non ha avuto modo di iniziare, perchè sbagliato, come canta Mariah, che però si ripete che se fosse davvero così sbagliato, il suo cuore non ne sarebbe pieno. Immaginate quelle notti solitarie, in cui desiderate qualcuno al vostro fianco, magari qualcuno che già conoscete, o che sognate di incontrare. Non dareste tutto per avere quel qualcuno a riempire una magica notte sotto le stelle?
Come ci ricorda Open Arms, l'amore però non sempre una volta allontanati i due protagonisti li abbandona li da soli, ogni tanto, anzi spero spesso, l'amore ritorna, e riavvicina due persone, che hanno sofferto da sole, in una grande casa vuota. Due persone che sono salite sulla nave dell'amore, hanno affrontato tutto insieme, e sono sopravvissute. E ora, a braccia aperte, possono dichiararsi il loro amore a gran voce. Infondo se lo sono meritato no? E' proprio arrivato il momento di gridare al mondo intero di amarsi, ed è arrivato di stare uno accanto all'altro senza più paura. E' una cosa che vi consiglio, non abbiate mai paura di dire "ti amo" e di aspettare a braccia aperte la persona che amate. Non c'è nulla di più bello.
Vi siete mai fermati un attimo a ringraziare per l'amore che avete trovato e che ricevete ogni giorno? Non importa che siate credenti oppure no, vi siete mai fermati a pensare a quanto siete fortunati ad essere innamorati? Thank God I Found You parla proprio di questo. E io l'ho vissuto, e lo vivo, ringrazio spesso per aver trovato questo amore, che, come nella canzone, mi ha salvato. Non so bene da cosa, e non so bene chi ringrazio, ma è stato Dio a mandarmelo, beh ha fatto un attimo lavoro, e apprezzerà la mia gratitudine. L'amore può essere anche questo, qualcosa di cui essere grati, non in un senso materiale del termine, ma nel senso che è giusto essere consapevoli che avere qualcuno ci ama è una cosa molto importante e, specie oggi, una cosa rara, per la quale non smettere mai di essere riconoscenti.
Le due canzoni finali della mia playlist di oggi racchiudono un po' tutto quello che ho detto fino ad ora, l'importanza dell'amore, l'importanza di capire e saper riconoscere l'amore, la forza di lottare e quella riconquistare un amore. Se due persone sono fatte una per l'altra è stupido lasciarsi, è stupido allontanarsi, è vero incontreremo altre persone sul nostro cammino, ma potranno mai avere la stessa importanza? We Belong Together è dedicata a tutti quelli che si amano e che si appartengono a vicenda, a tutti quelli che si sono persi e si sono ritrovati perchè si appartengono, a tutti quelli lontani ma sentono ancora d'appartenersi. Appartenere ad una persona non significa sminuire se stessi come qualcuno penserà, appartenere ad una persona significa fare tutto per l'altro non per costrizione ma per amore, rinunciare a qualcosa o a qualcuno non per non far adirare l'altro, ma per amore. Appartenersi a vicenda significa davvero completare un amore, quindi se sentite di appartenere a qualcuno, non lasciatelo andare, qualunque sia la sua reazione.
Non posso vivere senza di te, non posso donare più nulla senza di te. Questa frase di Without You racchiude l'amore. L'amore è quella emozione, è quello stato mentale ma anche fisico che ci fa dipendere (si spera sempre nel bene, anche se purtroppo non sempre è così) da un'altra persona, a tal punto che non averla più con noi ci impedisce di fare qualunque cosa. Non vi è mai successo? Non vi è capitato neanche di rimanere paralizzati, e di non riuscire più a fare nulla, neanche a mangiare, dopo un litigio con chi amate? Bene, questo è l'amore. E forse si, alle volte non possiamo fare nulla per salvare una relazione finita, non possiamo fare nulla per cambiare chi ci ha fatto del male ma che ancora amiamo, ma non possiamo assolutamente vivere senza amore. Non potrei vivere senza sperare nell'amore, non potrei vivere senza sapere che quando tutto andrà male ci sarà pur sempre l'amore a consolarmi. Forse sono uno sciocco sentimentale, ma non potrei mai vivere senza il mio amore....

martedì, febbraio 25, 2014

12 anni schiavo, lotta di un uomo libero.

Ho appena visto 12 anni schiavo di Steve McQueen e ho bisogno di scriverci qualcosa su, continuano a passarmi le immagini del film davanti agli occhi e ogni volta dentro di me scatta qualcosa ma come sempre non riesco a descriverlo in nessun modo. La cosa che ho pensato appena uscita dalla sala, oltre a tutti i commenti detti alla mia amica (anche se non sono mai tanti quelli detti a voce), è stata: “devo raccontarlo a qualcuno”, ma alla puntuale quanto fastidiosa domanda “com’è stato il film?”, la mia risposta è stata il silenzio, come sempre. Non li so raccontare a voce i film che vedo, ogni volta mi sembra di essere troppo concisa o troppo superficiale, quindi ho deciso di scrivere perché alla fine descrivere qualcosa che mi ha colpito a qualcuno che non conosco forse è meglio o addirittura più facile.

12 anni schiavo
parla della storia di Solomon Northup, un uomo di colore libero americano, di origini georgiane, che vive vicino a New York con la sua famiglia e si mantiene facendo quello che più ama al mondo: suonare il violino. Lo suona per i ricchi aristocratici della sua contea ma si sente comunque libero e felice perché nessuno lo fa sentire diverso o inferiore, a differenza delle altre donne e degli altri uomini neri lui può entrare in tutti i negozi, può guardare negli occhi i bianchi senza vergognarsi o aver paura e la sua famiglia è benvoluta da tutti.
Questo fino a quando una sera, dopo esser stato portato a Washington con l’inganno da due finti artisti di un circo, viene drogato, privato dei documenti e catturato insieme ad altri ragazzi e a Patsey, la giovane madre che diventerà la sua compagna di viaggio. Dopo un massacrante viaggio nascosti nella stiva di una barca, Solomon arriva in Louisiana, dove fin da subito lo mandano a lavorare nei campi di cotone. Cambia padrone due volte per poi essere acquistato da Edwin Epps, un pazzo ubriacone che spinge Salomon a rinnegare tutto ciò in cui crede e quello che è davvero e abbandonare ogni spirito di ribellione che era in lui solo qualche mese prima, ma continua a lavorare e a lottare per la dignità e per la libertà che SA di meritare. Non si lascia schiacciare dalla malinconia e dal dolore per non essere distrutto dalla disperazione e cerca di far forza ai suoi compagni di lavoro anche se lui è il primo a non averne, le continue umiliazioni e le intere giornate trascorse nei campi piegato sotto il sole lo hanno svuotato completamente, incomincia ad odiare anche il suo violino perché suonarlo davanti ai suoi padroni lo fa sentire un fenomeno da baraccone. Cerca disperatamente di far arrivare la lettera che ha scritto di nascosto alla moglie a New York e anche se inizialmente non ci riesce, Solomon è sicuro, nonostante i momenti di disperazione, che qualcuno prima o poi lo andrà a salvare.

Il finale non ve lo racconto, anche perché non è assolutamente quello il punto su cui mi voglio focalizzare, ma sull’amore per la vita di Solomon, può sembrare un paradosso, un uomo nelle sue condizioni dovrebbe odiare tutto e tutti e invece… Lui continua a lavorare e anche se si vergogna di aver rinnegato le sue origini, sa che tutto questo servirà a fargli riconquistare la libertà, vuole vivere. Continua ad avere fede in Dio così come tutti gli altri ragazzi che lavorano con lui ed è questa la cosa che più mi fa pensare, come possono credere ancora in qualcuno che permette che accada tutto questo? Ma questa è la domanda di tutti quelli che hanno dei dubbi e che si fanno delle domande sulla presenza di un individuo, un qualcuno di superiore, che ci protegge. Ecco, questo aspetto della storia l’ho trovato assurdo.
Concludo chiedendo a tutti quelli che a volte sono annoiati dalla solita vita piatta in famiglia o nella solita città di vedere questo film e di rifletterci su, perché anche  a me capita tantissime volte di non essere mai felice di niente e credo di poter dire che è questa la cosa più stravolgente di 12 anni schiavo: ti fa pensare a quello che potrebbe succederti in futuro e ti fa apprezzare quello che invece vivi ogni giorno, oltre ovviamente a raccontare la tragica storia di un uomo.

domenica, febbraio 23, 2014

Her - Another Kind of Love


Il 2 marzo a Los Angeles si terrà l’86esima edizione degli Oscar, presentata da uno dei miei miti indiscussi Ellen DeGeneres, e io, come ogni anno, corro dietro ogni pellicola pur di arrivare alla fatidica data avendo visto almeno tutti quelli candidati come “Miglior Film”. Quest’anno proprio non vorrei essere nei crudeli panni della giuria. Ma per me, tra broker pazzi, schiavi dalla storia strappalacrime, pirati dei nostri tempi e ladri di sani principi, l’outsider è “Her”.
Her è quel film che in cuor tuo sai avere poche possibilità di vittoria, sai bene che la concorrenza è spietata e che probabilmente ci sono storie migliori, ma fino alla proclamazione non puoi fare a meno di pensare “Chissà…”
Ambientato in un futuro non così lontano e nemmeno così vicino, in cui la tecnologia è entrata ancora più a fondo nella vita delle persone dettandone ritmi e stili di vita, Her ti spiazza. E chiunque dica il contrario, sappiatelo, vi sta mentendo. Il protagonista, interpretato dal superbo Joaquin Phoenix, è Theodore Twombly, professione scrittore di lettere. Scrittore di lettere strappalacrime, aggiungo io. Scrittore di lettere è una professione che per un nanosecondo non mi vergogno ad ammettere mi sono chiesta se esistesse, per poi ricollegare il neurone assopito e concludere che no, non esiste un’agenzia che scrive lettere al posto tuo per il figlio che va all’università, l’amore della tua vita a cui ogni tanto devi ricordare quanto sia importante, la mamma che be’, una lettera per la mamma non ha bisogno di pretesti. Una professione che non esiste, dicevo, ma che sarebbe fantastica. Theodore, sarei portata a dire, è una persona infelice. Ma pensandoci un secondo in più non riesco a definirlo infelice. Theodore semmai è incompleto. Ha il sapore di quelle personalità profonde che a un certo punto della loro vita hanno smesso di andare avanti, di colorarsi e stratificarsi e semplicemente si sono fermate dov’erano. E il motivo, diciamocelo, è più o meno sempre il solito. Non per colpa del tutto sua, non per colpa tutta della moglie, Theodore ha perso l’amore della sua vita. Un amore raccontato con qualche flashback, delicato e gentile, un amore che a un certo punto s’incrina, complici le vite che non vanno come vorresti, complici due persone che maturano in modi diversi. Complice la realtà. Un amore che finisce con un divorzio e con delle carte che Theodore non riesce a firmare.
In questa realtà che tutto e niente ha a che vedere con la nostra, in uno dei mille film che avete di sicuro visto, questo sarebbe il momento in cui una giovane attrice di belle speranze fa il suo ingresso in scena. E qui sta l’idea nuova del film. L’idea un po’ pazza ma che per me funziona. La ragazza che inevitabilmente entra nella vita di Theodore non ha un corpo plasmato dagli assurdi standard Hollywoodiani, no, lei un corpo proprio non ce l’ha. Quello che invade e cambia per sempre la vita di Theodore è un sistema operativo di ultima generazione che prende in mano le redini della sua vita tecnologica e si fa largo nella sua testa fino a sconfinare nella dimensione meno cibernetica possibile. Samantha, così il sistema operativo sceglierà di chiamarsi, ha la voce di Scarlett Johansson che con innegabile bravura e con un’intenzione e una passionalità sempre alle stelle, disegna nell’aria quel corpo che le manca. Pezzo dopo pezzo la vedi fiorire sotto i tuoi occhi. E pezzo dopo pezzo rimette a posto ogni tassello sconnesso della vita di Theodore, dentro e fuori dal suo hard disk.
Chi lo ha definito l’amore tra un uomo e il suo computer forse non ha azzeccato del tutto l’idea che sta dentro e dietro questa storia. Fotografia e musica ti portano passo dopo passo dentro la scoperta di Theodore e Samantha, dentro la crescita di ognuno dei due. Come coppia, strampalata certo, ma come coppia e come entità separate. Vedrete Theodore e Samantha letteralmente espandersi sotto i vostri occhi, con grazia e senza forzature. Crescere e aiutarsi a crescere, insieme. Credo, ma è solo un’opinione personale, che nei dialoghi, a mio giudizio scritti benissimo, a volte si cercasse di spiegare il percorso che Theodore compie per scoprire se stesso e superare gli ostacoli della sua esistenza, più che il confronto tra due mondi così lontani.
La sensazione che mi ha lasciato è quella di una storia bella. Non c’è un altro modo per definirla. È una storia bella. Priva di volgarità, priva di luoghi comuni e cliché stravecchi e strausati delle mille storie d’amore che abbiamo letto e visto. Nasce da un’intuizione interessante, e si sviluppa senza pretese se non quelle di mantenere il livello che l’intuizione stessa suscita. Bella. Che resta dentro e che ti fa stare bene. Leggera ma al tempo stesso complicata e infinita. Come tutte le storie d’amore.
E se questo è l’outsider che, zitto zitto, si fa largo nelle sale e nelle teste, ecco perché proprio non vorrei essere nei panni della giuria di quest’anno. E se anche non conquisterà la satuetta dorata, sono certa che Her catturerà il vostro respiro per almeno un paio d’ore. In fondo mi piace pensare che sia per questo che nascono i film.

sabato, febbraio 22, 2014

"Your beautiful eyes"

Si dice che gli occhi siano lo specchio dell’anima ma in realtà li abbiamo mai osservati veramente? 
Dopo queste foto vi sembrerà di vedere per la prima volta.




Il fisico teorico e fotografo professionista, Suren Manvelyan ha scattato sedici fotografie che ci mostrano come sono gli occhi in realtà.



Manvelyan è un fotografo armeno, nato nel 1976. Ha iniziato a scattare a 16 anni ed è fotografo professionista dal 2006. Nel 2001 ha conseguito un PhD in Fisica Teoretica all'Università di Erevan per le sue ricerche sul caos quantistico e ha pubblicato su prestigiose riviste internazionali.
Sicuramente rilevante però questa serie di macro sugli occhi umani che appaiono così perfetti e organizzati da non poter essere reali.
Negli scatti che costituiscono la serie "Your beautiful eyes" si possono apprezzare da vicino le complesse e affascinanti fibre muscolari che compongono l'iride, nonché le straordinarie sfumature di colore che la contraddistinguono.
Ha realizzato una serie di scatti altrettanto affascinanti sugli occhi di diversi animali.













Credo che gli scatti parlino da soli, sembrano crateri di chissà quale lontano pianeta quando in realtà sono stati lì, sul viso della persona accanto a noi. 

mercoledì, febbraio 19, 2014

Amore vediamo un film?

Amore, che facciamo stasera? Vediamo un film a casa?”.
In un tempo di crisi come il nostro questa abitudine sta prendendo sempre più presa, sia se si parli con il nostro/a compagno/a che con gli amici.
Ore passate ad aspettare le terribili pizze da asporto che, una volta arrivate la fame è passata o vi passa alla sola vista della mozzarella diventata una sola cosa con il cartone.
Torniamo al tema principale ovvero quali sono i film da vedere come una tenera coppia abbracciata (o no) sul divano, quel genere di titoli che saranno un successo sicuro per dare un "lieto fine" alla serata.
Analizzeremo anche titoli che dovrete saltare onde evitare di scoperchiare “vasi di Pandora”.
Bene, spegnete le luci, il film inizia.
Come prima regola c’è sempre quella del capire “chi siete”, che tipo di coppia vi definireste e in base a questa vostra visione di voi stessi basarvi su questi miei consigli.
Coppie con differenze economiche.

Lei ricca e snob che si accompagna con un lui squattrinato e magari sognatore.
Non ci sono dubbi; Titanic di J. Cameroon è il film che fa per voi.
La tormentata, per quanto breve, intensa storia d’amore tra la ricca e annoiata Rose e il romantico e vagabondo Jack. Tutto sullo sfondo dell’immane tragedia che portò l’inaffondabile transatlantico a colare a picco proprio nella sua traversata inaugurale.
In questo film sono messi in risalto i valori di come i soldi non danno la felicità, come una vita piena di ricchezze ed agi non possano minimamente competere con il vero piacere della libertà.
Lacrime finali ed un unico dubbio: ma su quella porta galleggiante non ci stavano bene in due?
Scambio di ruoli; lui ricco e con una carriera assicurata, rampollo di una ricca famiglia che s’innamora di una ragazza “qualsiasi”.
Sto parlando di Love Story di A. Hiller, la storia d’amore delle storie d’amore.
Può sembrare inizialmente una favola ma anche qui ci sono gli ostacoli; genitori che si oppongono, fughe con relative rinunce ad una grossa eredità, titoli e certezze di un futuro economicamente sicuro.
Tutto pur di rimanere insieme.
Oliver e Jennifer (i protagonisti del film) superano tutte le barriere pur di coronare il loro sogno di stare insieme.
In questa pellicola al posto di un iceberg arriva una letale leucemia fulminante che si porta via la dolce Jennifer senza tralasciarci nulla della sua agonia, quindi state bene attenti, i fazzoletti vanno davvero tenuti a portata di mano.
Le coppie gelose o con almeno la fobia che un tradimento possa prima o poi possa accadere, potrebbero proporre al proprio lui la visione di un titolo che mostra (a livello estremo) quali possano essere i risultati di un tradimento, Attrazione Fatale di A. Lyne.
Un fedifrago M. Douglas, marito e padre perfetto, prende una “sbandata” per la bella e sexy G. Close senza sapere che lei renderà la sua vita un inferno (non fermandosi al ricatto di rivelare tutto alla moglie). Questo è un thriller ben fatto che esplora non solo il dramma di un tradimento ma la condizione della solitudine.
Un ottimo film che potrebbe portarvi ad un acceso dibattito.
Se volete andare sul sicuro c’è un titolo che è un jolly, va bene per ogni occasione: Harry ti presento Sally, di R. Rainer.
Un perfetto mix di come l’amore dovrebbe essere, l’idea di come si faccia strada in qualsiasi situazione, attraverso il tempo e la sempre verde morale del “quando si è destinati a stare insieme….”. Un vero capolavoro che non potrà non strapparvi lacrime di gioia e commozione.
Veniamo adesso a quei titoli da “bollino rosso”, quella serie di film che potrebbero accendere discussioni che, se sarete dei perfetti negoziatori, sarete in grado di concludere in camera da letto…ma attenzione, il rischio è vostro.
Proposta indecente: un bello e ricco uomo d’affari (con l’aggravante di essere interpretato da un R. Redford in splendida forma) che propone ad una coppia con difficoltà economiche un patto piuttosto anticonvenzionale: un milione di dollari per una notte con la bella Demi Moore.
E qui potrebbero nascere i contrasti.
Ogni marito/fidanzato che ha visto questo film si è dovuto sorbire ore ed ore di “ Ma tu? Mi avresti ceduto per un milione?!?”. Le risposte e le reazioni potrebbero essere molte.
L’esperienza che mi tocca più da vicino fu quella di mia zia che all’uscita del cinema sbottò in un liberatorio e sincero “avrei pagato io un milione di dollari per una notte con Redford!”.
Guardare un film insieme è qualcosa solo di apparentemente semplice.
Il messaggio che un film può trasmetterci potrebbe non essere recepito nella stessa maniera dal nostro/a partner.
Quindi ricordate bene, l’amore è anche vedere qualcosa che piaccia ad entrambi.
Amiche, non costringete il vostro lui a sorbirsi ore di storie con donne alla ricerca di se stesse, tormentate e selvagge.
Durante “Magia, Prega, Ama”, ho sperato con tutto me stesso che ci fosse anche un “Muori”, come di sicuro le donzelle avranno giocato tutto il tempo con il cellulare mentre noi ci esaltavamo ai combattimenti di Leonide ed i suoi prodi 300 nel film omonimo.
Per terminare vorrei proporvi un titolo, una scelta coraggiosa, una pellicola che copre a trecentosessanta gradi tutto il repertorio della sfera sentimentale.
Si tratta di un vecchio film, lungo, il cui titolo è spesso sinonimo di tempo sprecato davanti ad un video ed invece nel caso riuscisse a superare le quasi quattro ore di visione potreste trovarvi piacevolmente colpiti.
Via Col Vento.
Non fate quella faccia.
In questo mastodontico film troverete davvero tutta la fiera campionaria dei valori delle relazioni sentimentali e non, andando anche oltre.
Amore, passione, tradimento, amore per la famiglia, la patria e la propria terra e da sfondo una terribile guerra civile.
Una scelta difficile ma che se supererete la paura di iniziare a guardare un titolo come questo avrete grandi soddisfazioni perché del resto è da sempre che “domani è un altro giorno.”

martedì, febbraio 18, 2014

Perchè Sanremo è Sanremo!

Questa sera alle 20.40 si alzerà il sipario sul 64° Festival della canzone Italiana di Sanremo. Presentato dalla inossidabile coppia formata da Fabio Fazio e Luciana Littizzetto, anche quest'anno il festival vedrà sul palco grandi nomi e nuove promesse. Come lo scorso anno le canzoni in gara sono due per ciascun artista, andiamole a vedere insieme.

Antonella Ruggiero
- Quando balliamo
- Da lontano
E’ una dei membri fondatori dei Matia Bazar nati nel 1975 e con i quali sono arrivati il successo e la fama. Antonella ha lasciato il gruppo nel 1989 per seguire la carriera solista con un sound che spazia dal registro pop a quello lirico di soprano leggero. Il suo percorso musicale nasce proprio nel 1974 quando inizia a pubblicare il primo 45 dal titolo, Io Matia. Infatti, proprio Matia, era il suo nome d’arte. Collaborò con i Jet, un gruppo musicale fondato a Genova nel 1971. Antonella e alcuni componenti della band si unirono dando poi vita proprio ai Matia Bazar.
La primissima formazione vede Piero Cassano, Aldo Stellita, Giancarlo Golzi, Carlo Marrale e la Ruggiero. Iniziano ad arrivare i primi consensi che si trasformano velocemente in successi a 360 gradi. I Matia Bazar partecipano a diversi Sanremo: nel 1977 (Ma perché), nel 1978 vincono grazie a “…E dirsi ciao“. Quarto posto e premio della critica nel 1983 con Vacanze Romane. Due anni dopo, decimo gradino e critica entusiasta per Souvenir. Infine nel 1988, La prima stella della sera.
Antonella torna come solista dieci anni dopo, nel 1998, con Amore Lontanissimo (arriva seconda), l’anno seguente con Non ti dimentico (Se non ci fossero le nuvole). Nel 2003 è il momento di Di un amore . Primo posto nella categoria Donne nel 2005 grazie a Echi d’infinito. Ultima presenza -esclusa la prossima nel 2014- con Canzone fra le guerre (datata 2007). L’anno scorso, invece, ha duettato con i Marta sui Tubi nel pezzo Nessuno.

Arisa
- Lentamente (Il primo che passa)
- Controvento

Rosalba Pippa, in arte Arisa, nasce 32 anni fa a Genova. Il grande successo è arrivato tre anni, proprio, al Festival vincendo la categoria Nuove Proposte con Sincerità. L’anno successivo, ritorna sulla riviera ligure con Malamorenò. Due anni fa, si è guadagnata la medaglia d’argento con La Notte. Si è concessa qualche esperienza tv accanto a Victoria Cabello (Victor Victoria) e dietro al bancone del talent show di Sky Uno. Ha debuttato al cinema nel film diretto da Ricky Tognazzi Tutta colpa della musica per poi proseguire con La peggiore settimana della mia vita e Colpo di fulmine. Ha doppiato Un mostro a Parigi e Cattivissimo me 2. Si è cimentata nella scrittura pubblicando il suo primo romanzo, Il Paradiso non è granché (Storia di un motivetto orecchiabile).

Cristiano De André
- Invisibili
- Il cielo è vuoto
E’ il figlio del celebre Fabrizio De Andrè e ha studiato, fin da ragazzo, chitarra e violino al Conservatorio Niccolò Paganini di Genova. Agli inizi degli anni Ottanta forma il gruppo “Tempi Duri” insieme a Carlo Facchini, Carlo Pimazzoni detto Loby e Marco Bisotto. Nell’anno dello scioglimento -il 1985- partecipa a Sanremo con Bella più di me vincendo il Premio della Critica. Ritorna all’Ariston nel 1993 con Dietro la porta e ottiene il secondo posto assoluto tra i Campioni, il Premio della Critica e il Premio Volare. Ultima partecipazione ufficiale nel 2003 con Un giorno nuovo: dopo la sua partecipazione alla gara esce un album live, che racchiude una raccolta riarrangiata di brani tratti dai suoi precedenti album.

Noemi
- Bagnati dal sole
- Un uomo è un albero

Veronica Scopelliti nasce a Roma 32 anni fa. A partire dal 2003, inizia la collaborazione con l’arrangiatore e compositore Diego Calvetti, incidendo dei demo contenenti cover di cantanti quali Aretha Franklin e Anastacia oltre a brani scritti da Francesco Sighieri e Pio Stefanini. Nel 2006 compare nel videoclip di Pier Cortese Dimmi come passi le notti insieme alla sorella Arianna e partecipa come corista allo spettacolo teatrale Donna Gabriella e i suoi figli di Gabriele Cirilli. Nel 2007 prende parte alle selezioni di Sanremolab e viene ammessa tra i dodici finalisti, senza tuttavia rientrare fra i tre vincitori ammessi di diritto al Festival di Sanremo 2008. In seguito, suona in diversi concerti accompagnata dal gruppo dei Bagajajo Brothers. Noemi ha le prime esperienze come sceneggiatrice e come regista, infatti scrive alcuni cortometraggi e si occupa della tv universitaria Nessuno Tv. Dirige, anche, Poi inventi il modo, un suo videoclip che cura in qualità di sceneggiatrice. Dopo l’esperienza del talent di Raidue, la cantautrice si è guadagnata un contratto discografico con la Sony Music Italy per l’Ep Noemi, trainato dalla trascinante Briciole. Da allora inanella una serie di traguardi discografici con Sulla mia pelle e RossoNoemi per arrivare a RossoLive registrato il 1º agosto 2012 a Roma all’Auditorium Parco della Musica.

Giusy Ferreri
- L'amore possiede il bene
- Ti porto a cena con me

Giuseppa Gaetana Ferreri nasce a Palermo trenta quattro anni fa. Prima di classificarsi al secondo posto (dietro agli Aram Quartet) nel talent show di Raidue ed inciso un Ep con la sua attuale casa discografica, Sony Music Italy, è stata scartata nel lontano 2005 dalle Nuove Proposte della kermesse festivaliera con Il party. Ha lavorato come cassiera in una nota catena di supermercati. Il grande successo arriva con Gaetana prodotto da Tiziano Ferro e trascinato dal tormentone, Non ti scordar mai di me scritta con Roberto Casalino. Nel 2009, è la volta di Fotografie lanciato dalla cover Ma il cielo è sempre più blu di Rino Gaetano. E’ datato 2011 l’ultmo lavoro discografico, Il mio universo, che esce in contemporanea alla sua unica partecipazione a Sanremo con Il mare immenso.

Raphael Gualazzi e The Bloody Beetroots
- Liberi o no
- Tanto ci sei

Nato a Urbino, il cantautore Raphael Gualazzi inizia a farsi conoscere nel mondo della musica sin dal 2005, raccogliendo numerosi consensi soprattutto all’estero. Nel 2009 incontra Caterina Caselli e firma con la Sugar, che lo porta al successo in Italia dove è esploso nel 2011 dopo la partecipazione al Festival di sanremo con il brano Follia D’amore; nello stesso anno partecipa con la cover inglese di Follia D’amore (Madness Of Love) all’Eurovision Song Contest 2011 in Germania, ottenendo la menzione speciale della Giuria. Nel 2013, dopo la partecipazione a Sanremo, pubblica il cd Happy Mistake e l’EP Rainbows, dove interpreta anche la cover di Svalutation di Adriano Celentano.

Frankie hi-nrg mc
- Pedala
- Un uomo è vivo

Frankie hi-NRG MC è un rapper nato a Torino nel 1969 e cresciuto a Caserta e Città di Castello. E’ uno degli artisti che ha dato vita al movimento hip hop in Italia. Il suo primo album, Verba Manent, è stato pubblicato nel 1992 e si è fatto notare per brani dal forte contenuto sociale come Fight Da Faida, uno dei suoi successi maggiori. Nel 1997, il rapper riesce a bissare il successo con l’album La morte dei miracoli ma soprattutto con quello che sicuramente è il suo singolo più conosciuto, Quelli che benpensano. Il ritornello di questa canzone è cantato da Riccardo Sinigallia, anch’egli partecipante al prossimo festival di Sanremo. Il terzo album, Ero un autarchico, viene pubblicato nel 2003. Il primo singolo, Chiedi, chiedi, è soprattutto ricordato per il video che è una parodia del videoclip Dedicato a te de Le Vibrazioni (anche il leader di questa band, Francesco Sarcina, è uno dei partecipanti a Sanremo 2014). Nel 2008, Frankie hi-NRG MC pubblica DePrimo Maggio, lanciato dal brano Rivoluzione, presentato a Sanremo. Per quest’album, che resta il suo ultimo lavoro inedito finora pubblicato, il rapper collabora con Giorgia, Enrico Ruggeri e Roy Paci. Negli anni successivi, Frankie hi-NRG MC ha collaborato anche con Simone Cristicchi, Luca Napolitano, Nathalie, Raf e Fiorella Mannoia.

Giuliano Palma
- Così lontano
- Un bacio crudele

Giuliano Palma è un cantante nato a Milano, nel 1965. La sua carriera è iniziata nel 1987 nei Casino Royale con i quali pubblica gli album Soul of Ska, Jungle Jubilee, Ten Golden Guns, Dainamaita, Sempre più vicini e CRX. Nel 1995, Palma canta il ritornello di una delle canzoni più famose di Neffa, Aspettando il sole. Nel 1998, invece, insieme al tastierista dei Casino Royale, collabora con la rapper La Pina per l’album Piovono angeli. Nel 1999, Giuliano Palma lascia i Casino Royale e si dedica al progetto The Bluebeaters insieme a Patrick Benifei e Ferdi “One Drop” dei Casino Royale e Bunna, The Angelo Parpaglione, “Cato” Senatore e Mr. T-bone degli Africa Unite. Gli album pubblicati da Giuliano Palma & The Bluebeaters sono The Album, nel 2000, vincitore del Disco D’Oro, The Wonderful Live, nel 2001, Long Playing, nel 2005, Boogaloo, nel 2007, e Combo, nel 2009. Nel 2002, pubblica quello che è finora il suo unico album da solista: Gran Premio. Nel 2009, Palma collabora con Nina Zilli per il singolo 50mila, nel 2011 con la cantante olandese Caro Emerald per il singolo Riviera Life e nel 2012 con i Club Dogo per il singolo P.E.S.. Nel 2013, Giuliano Palma ha pubblicato i singoli Come ieri, con la partecipazione di Marracash, e Ora lo sai. Il secondo album di Palma si intitolerà Old Boy.

Francesco Renga
- A un isolato da te
- Vivendo adesso

Cresciuto a Brescia, Francesco Renga entra nei Timoria da giovanissimo (nel 1986) e, dopo la vittoria al concorso bresciano Deskomusic, con la band ottiene il successo iniziale di carriera: il gruppo è una delle prime manifestazioni di rock italiano degli anni Ottanta ed è trascinato proprio dalla vocalità potente di Renga. Il primo album è del 1990 e la consacrazione arriva nel 1993, con il concept album Viaggio senza vento, che contiene due tra i loro brani più famosi: Senza Vento e Sangue Impazzito. Francesco Renga lascia i Timoria nel 1998 e nel 2000 pubblica il primo album solista, l’omonimo Francesco Renga; la carriera in solitaria consacra definitivamente la sua voce e la sua presenza come una delle più classiche e importanti del panorama italiano. Vince Sanremo nel 2005 con il brano Angelo e pubblica altri singoli di grande successo, come Meravigliosa (La Luna), Cambio Direzione e Uomo Senza Età, presentata a Sanremo nel 2009 in duetto con la soprano Daniela Dessì. Dello stesso anno è il disco orchestrale Orchestraevoce, che lancia Renga nel panorama internazionale. Nel 2013 partecipa con Max Pezzali al progetto Max 20 sulle canzoni degli 883, interpretando Eccoti.

Francesco Sarcina
- Nel tuo sorriso
- In questa città

Francesco Sarcina (con l’accento sulla prima a, come ci tiene a precisare nella firma) cresce artisticamente ne Le Vibrazioni, la band di origine milanese esplosa nel 2003 con la canzone Dedicato A Te, accompagnata da un videoclip che divenne praticamente virale ispirando in seguito Shpalman di Elio e Le Storie Tese e Chiedi Chiedi di Frankie Hi NRG, anche lui a Sanremo 2014. La carriera artistica di Sarcina ne Le Vibrazioni finisce a fine 2012 e nel 2013 il cantante firma con la casa discografica Universal il primo contratto solista: nel 2011 collabora al progetto “Thori & Rocce“ insieme a Don Joe e DJ Shablo, assieme ai grandi interpreti della scena musicale del rap come Fabri Fibra, Jack La Furia, Noyz Narcos, Marracash, Gué Pequeno e J-Ax nel singolo Le leggende non muoiono mai.

Renzo Rubino
- Ora
- Per sempre e poi basta

Nasce e cresce in Puglia, iniziando sin da giovanissimo a far musica con gruppi vari e pianobar della provincia di Tatranto. Il primo disco risale al 2010 e si intitola Farfavole, ma il successo arriva con la partecipazione al Festival di Sanremo nel 2013, tra i Giovani, con il brano Il postino (Amami Uomo) che parla di amore omosessuale; pubblica il primo disco Poppins con la Warner Music che contiene anche un prezioso duetto con Fabrizio Bosso su una cover di Domenico Modugno. Ha partecipato inoltre all’omaggio a Giorgio Gaber a dieci anni dalla scomparsa e anche al concerto del Primo Maggio 2013 a Roma.

Ron
- Un abbraccio unico
- Sing in the rain

Ron è il nome d’arte di Rosalino Cellamare, cantautore italiano, nato a Dorno, in provincia di Pavia e cresciuto a pochi chilometri di distanza Garlasco. Ad avvicinarlo all’amore per la musica è stato il fratello pianista che ha collaborato con lui in alcuni lavori successivi. Grazie alla sua partecipazione alla Fiera della Canzone Italiana di Milano con la cover di 24 Mila Baci di Adriano Celentano, Ron viene notato da un talent scout della RCA italiana che lo mette sotto contratto (deve firmare il padre perché Rosalino è ancora minorenne, all’epoca). Nel ‘69 partecipa ai Cantagiovani: ha solo 16 anni e si fa ancora chiamare proprio con il suo nome di battesimo. Sempre come Rosalino avviene il suo debutto al Festival di Sanremo in coppia con Nada per il pezzo Pa’ diglielo a Ma’. Il boom arriva nel 1996 grazie alla sua partecipazione al Festival di Sanremo: vince con Vorrei incontrarti fra cent’anni cantata in coppia con Tosca. Torna anche l’anno seguente con Un porto nel vento.

Riccardo Sinigallia
- Prima di andare via
- Una rigenerazione

Riccardo Sinigallia è un cantautore e produttore, nato a Roma nel 1970. Il primo gruppo nel quale militò furono i 10 p.m. Band dove suonò insieme a Niccolò Fabi e Francesco Zampaglione. Nel 1996, Sinigallia ha prodotto il primo album di Fabi, Il giardiniere, e nel 1997 ha prestato la sua voce per il ritornello di Quelli che benpensano, il singolo più famoso di Frankie hi-NRG MC, anch’egli partecipante al prossimo Sanremo. Nel 1998, Riccardo Sinigallia ha contribuito anche al successo di Max Gazzè mentre nel 1999, il cantautore ha fatto parte del progetto rap, La Comitiva. Nel singolo Nottetempo, ha collaborato anche Elisa. Nel 2000, Sinigallia partecipa a Sanremo insieme ai Tiromancino con il brano Strade, arrivando al secondo posto tra i Giovani. L’album del gruppo, La descrizione di un attimo, ottenne il successo nazionale. Dopo aver lasciato la band di Federico Zampaglione, Sinigallia pubblica il primo album da solista nel 2003, Bellamore, e il secondo album da solista nel 2006, Incontri a metà strada. Nel 2008, Sinigallia produce l’album di cover di Luca Carboni, Musiche ribelli.

Perturbazione
- L'Unica
- L'Italia vista dal bar

I Perturbazione sono un gruppo che suona musica pop-rock italiano, originario di Rivoli, in provincia di Torino. Attualmente i componenti sono Tommaso Cerasuolo (voce e mandolino), Elena Diana (violoncello), Gigi Giancursi (chitarra), Cristiano Lo Mele (chitarra e tastiere), Rossano Antonio Lo Mele (batteria) e Alex Baracco (basso); in precedenza e fino al 2008 ha fatto parte del gruppo, come bassista, anche Stefano Milano. Quando ha iniziato a suonare, invece, il gruppo era formato da Tommaso Cerasuolo (voce), Rossano Antonio Lo Mele (batteria) e due loro compagni di classe. L’album d’esordio risale al 1998: intitolato Waiting to Happen, contiene brani tutti cantanti in inglese; due anni prima era stato pubblicato il loro primo singolo autoprodotto, Corridors/A Huge Mistake, confezionato e venduto ai concerti. La svolta arriva nel 2002 con il discolo In circolo, che qualche anno dopo è stato inserito nella lista stilata da Rolling Stone Italia dei 100 dischi italiani più belli di sempre. In realtà i Perturbazione faticano a pubblicare l’album rifiutato in un primo momento da alcune etichette (poi pubblicato da Santeria). L’affermazione nazionale arriva nel 2005 con il disco Canzoni allo specchio prodotto da Paolo Benvegnù. In seguito il gruppo dà vita ad uno spettacolo itineranti Le città viste dal basso porta nel quale i concerti cambiano a seconda della città visitata. Nel 2006 il gruppo firma un contratto con l’Emi ed esce l’album Pianissimo Fortissimo. L’idillio con la casa discografica dura poco. Il nuovo lavoro arriva nel maggio 2010 con l’album doppio Del nostro tempo rubato, prodotto da Fabio Magistrali tutto incentrato sul tema del trasloco. Tra le collaborazioni più prestigiose ci sono quelle con Rachele Bastreghi e Francesco Bianconi dei Baustelle, Jukka Reverberi dei Giardini di Mirò, Dente, Nada, Dargen D’Amico e Alessandro Raina. Inoltre il conduttore radiofonico Linus ha ottenuto dai Perturbazione la rivisitazione del brano Sapore di sale di Gino Paoli per la sigla del suo programma Deejay chiama Italia. Il gruppo il 26 settembre 2010 ha preso parte a Woodstock 5 Stelle l’evento musicale organizzato a Cesena dal blog di Beppe Grillo.

Antonella RuggieroQuando balliamo
Da lontano

A proposito di Davis, odissea di un'esistenza.


“Abbandonare la musica? Smettere di vivere, limitarsi ad esistere?”

Questa è una delle frasi più belle di A proposito di Davis, il nuovo film dei fratelli Coen, ispirato alla storia vera del cantante folk Dave Van Ronk.

Siamo in una New York grigia e autunnale, precisamente nel Greenwich Village del 1961 e Llewyn Davis è un cantante di brani folk che trascorre faticosamente la sua esistenza camminando sotto la neve senza cappotto e con un gatto arancione in una mano e la custodia della sua inseparabile chitarra nell’altra. Suona una sera sì e una no in una bettola davanti a quelle poche persone disposte a pagare qualcosa per vederlo e vive sperando di “trovare qualcuno che non lo odi ancora a New York” che gli presti dei soldi e un divano dove trascorrere le sue inquiete notti. Ha un rapporto conflittuale con tutte le donne con cui è stato che, per essere sinceri, lo odiano, dicono che è superficiale, pigro e illuso, un fallito che rincorre penosamente il suo sogno senza mai concludere nulla. Ma Llewyn ignora tutti con quel suo modo di fare sprezzante e ironico e continua a camminare sprofondando nella neve, a viaggiare in metropolitana ricambiando lo sguardo delle persone incuriosite da lui, a cercare qualcuno che ascolti la sua musica.
La cosa più sconvolgente e particolare di questo film è che ci si aspetta, o almeno io me l’aspettavo, un finale, un epilogo di questa struggente storia o perlomeno un qualcosa che faccia sperare in una vita migliore per Llewyn, ma alla fine ci si accorge, dopo pochi minuti dall’inizio del film, che il suo è un viaggio che non porta da nessuna parte. Llewyn ha un approccio al futuro molto particolare, non ci pensa o probabilmente lo fa, ma secondo lui è così lontano che è inutile anche preoccuparsene. Non ha la minima idea di cosa possa esserci nel suo futuro, pensa ad un viaggio sulla luna, a delle case volanti o agli alieni.  La cinepresa lo segue semplicemente nelle sue giornate e il film non è proiettato verso una fine, sono solo sprazzi di esistenza del cantante folk Llewyn Davis che compie il suo viaggio con il gatto Ulisse e con la sua Gibson. Più semplice di così…

Pensavo, ci vuole un bel coraggio ad essere come lui, come Llewyn intendo, ad inseguire il proprio sogno, ad accettare di vivere male piuttosto che limitarsi ad esistere e a trascinarsi sapendo di non star vivendo, ma sopravvivendo.
Ci vuole bravura per non pensare al futuro, per vivere il presente con una passione folle, senza guardare a quello che verrà dopo, ci vuole coraggio per rinunciare ad inseguire i sogni borghesi di una casa grande, di uno stipendio fisso, di una famiglia tradizionale e di una vita vuota, per inseguire l’amore, il sogno di una vita, quello stesso sogno che ti fa vivere e non esistere. Anche perché forse, e dico forse, in quella casa grande ci perderemo, sentiremo il riverbero in ogni stanza e ci sentiremo irrimediabilmente soli e vuoti e non c’è niente di peggio che sentirsi soli pur essendo circondati da tante persone. Non saremo contenti neanche un po’ della nostra vita, ci guarderemo intorno e capiremo finalmente di aver sbagliato qualcosa durante il percorso ed è a quel punto che dovremo scegliere:  o faremo un passo indietro per ricominciare oppure continueremo a fingere di non aver mai sbagliato niente e cammineremo nella nostra bella casa con un enorme sorriso stampato sulla faccia.




lunedì, febbraio 17, 2014

Rassegna Bravòff: Le fuggitive.


E' la quotidianità che spesso soffoca l'uomo, lo intrappola senza una via d'uscita.
Ne “Le fuggitive”, Annamaria Colomba e Mariapia Autorino, interpretano magnificamente due donne ormai stanche della loro vita, decise a fuggire per vivere, per dare una nuova speranza ad una piatta esistenza.
L'una è verso “Altrove”, l'altra è “Ovunque”, ciò che importa è l'essere libere dal passato e dalle responsabilità.

Margot, una madre di famiglia, ignorata dal marito e maltrattata dalla figlia diciottenne; Claude, una donna ancora piena di vita chiusa in una casa di riposo dal suo stesso figlio.
Due scorci sulla realtà, due visioni vicine a molte donne, a molte di noi.
Questo spettacolo intriga per la sua attualità, per il suo immedesimarsi in aspetti veri e concreti, ma con una punta d'ironia che nasconde, sotto ad una risata, la triste verità.

Le troviamo su una strada, con le loro valigie e i loro sogni stretti nelle mani, impaurite dal nulla eppure pronte a non tornare mai più.
Il loro incontro è decisivo per far nascere un'amicizia pungente ma forte e per cominciare un'avventura alla ricerca di qualcosa di “nuovo e diverso”.
La scenografia e i costumi sono surreali, le due attrici indossano abiti ricchi di colori e quasi ridicoli, il loro trucco ricorda i personaggi di “Alice nel paese delle meraviglie”.
Proprio questa irrealtà è usata per sottolineare il disagio provato dalle due donne e l'idea che possa trattarsi di una favola ricreata nella loro mente solo per alimentare l'istinto della fuga.
Questo percorso, infatti, potrebbe anche essere inteso come una semplice divagazione mentale delle due protagoniste, soffocate dalla loro realtà.

Lentamente, quindi, da quella strada, passando per la fattoria e poi per la tomba dell'amica di Claude, emergono le difficoltà che le due incontrano nella vita di tutti i giorni e i problemi così ancorati alla loro anima.
Claude cerca la libertà, quell'indipendenza che ha caratterizzato la sua vita e le sue avventure, Margot, invece, desidera la novità e la speranza di non dover rimanere in silenzio e in disparte, legata ad un matrimonio ormai finito.
Significativa è la scena in cui Claude svuota la valigia di Margot, liberandola dal passato e dal peso che la opprime.

Costrette a rubare per poter sopravvivere, vengono catturate ed imprigionate. Claude parla con il marito di Margot e Margot col figlio di Claude.
Un intreccio necessario grazie al quale le due tagliano indirettamente le catene dell'altra che le rendono veramente prigioniere.
Anche se, in realtà, la fuga per la libertà è conclusa.
Dopo tempo, rivediamo Claude rinchiusa nuovamente nell'odiata casa di riposo, risistemata lì da un figlio che non ha compreso veramente le sue esigenze, troppo legato alla sottana di sua moglie per poter reagire.
Fortunatamente però il destino o meglio Margot prende in mano la sua vita, incoraggiandola a seguirla in un nuovo viaggio.
Così come prima era stata Claude a svincolare l'amica, la situazione viene ribaltata.

Il lieto fine è quasi d'obbligo, il senso di libertà che ne traspare è catartico. 
L'ultimo spettacolo della Rassegna Bravòff ci insegna a svincolarci dai ruoli prestabiliti, quei ruoli che ci siamo “cuciti addosso come abili sarti”.
Ci dona il sorriso, ma ci apre il cuore al senso della vita e al gioco che rappresenta.
E' un modo per esortarci a riportare nella nostra abitudine lo straordinario, eliminando l'ordinario.
Recidendo il monotono.


venerdì, febbraio 14, 2014

Visioni gigeriste di un presente opprimente

Tra la nostalgia per i vari ventenni e quarantenni passati, e l'ansia di continuare ad avere (fingendo di dare) ordini dall'alto e modelli precotti fisici e mentali di un piattume atto a essere calpestato, incombe come una spada di Damocle già calata e a tre quarti di collo il pericolo (già condanna ed esecuzione) dell'oppressione subdola di un condizionamento TOTALE delle menti, assai simile alla paradossale supposizione dei CERVELLI NELLA VASCA.
Avere modelli piatti e compatti omologa le menti. L'omologazione del pensiero va di pari passo con l'impoverimento delle "fonti" del pensiero. Così come più fiorisce e più continua a fiorire, la mente si degrada quanto più va degradandosi. Sabbie mobili.
In una logica di regime (occulto) è molto più furbo (nonché conforme alle logiche di potere) DISTRARRE chiunque capiti nella rete (dis)informativa piuttosto che informarlo, sia pure per semplice propaganda. Educare le masse a sfilare ordinate significa comunque insegnare a "marciare insieme". Imporre subdolamente la permanenza costante su divani e poltrone dietro schermi di varia natura significa unire e spaccare. Spaccare la massa in un insieme di individui sempre più incapaci di comunicare, uniti nella passività. Migliaia di connessioni e zero comunicazione. L'enfatizzazione dell'IO a discapito del NOI è causa e conseguenza di una progressiva DEMOLIZIONE della mente. Il rapporto uno-a-uno tra il proprietario e l'oggetto (rispettivamente lo "smart"phone e consumatore) ha impiantato nelle menti dei Consumati Consumatori binari d'acciaio, con ai lati alte mura. La mancanza di luce impedisce di vedere percorso poco più avanti, interrotto nel vuoto.
La mossa astuta è l'impianto del desiderio. Il Co.Co. DESIDERA ardentemente entrare nella prigione d'oro e piombo del consumo, perché è stato abilmente convinto a sentirsi non solo insicuro, ma IMPOSSIBILITATO a cantare da solista, e preferire sordidi belati da pecora, a considerarsi importante solo nel momento in cui si inserisce nel meccanismo di potere.
Ma che cos'è il meccanismo di potere? È un mulino. Macina menti e volontà per produrre votanti e consumatori. E, come nella farina i granelli sono indistinguibili tra loro, anche questi due prodotti si mischiano sino a essere lo stesso.
L'acqua che muove il mulino e che aggrega i prodotti è il DENARO. Denaro che olia tutta la macchina, sino a impregnare l'intero sistema, dalla coltivazione delle giovani menti nelle scuole di regime alla mondatura dalle menti salvatesi, fino alla macina. Poi il forno dell'affermazione sociale, e il Pane dell'Impero è pronto per essere "l'esempio chiaro e vivente per le giovani menti".
Ogni ingranaggio è fondamentale, e per ogni ingranaggio è fondamentale la SOSTITUIBILITA', che rende ognuno ricattabile. L'uguaglianza raggiunta è quella degli eserciti di lapidi, diverse tra loro solo per il nome.
E' FONDAMENTALE l'immagine esterna, l'impressione data al pubblico social, sempre mediata dagli (a)social network. Nel "mondo reale", qualsiasi capacità o inclinazione personale e particolare è disprezzata e denigrata, o etichettata come "pericolosa", "inutile" o "patetica". Nei tre casi intervengono situazioni e dinamiche sociali differenti. Nel caso in cui un'attitudine sia considerata patetica (leggi "difforme nelle forme"), la tanto decantata "opinione pubblica" (opportunamente elaborata e costruita) interviene per seppellire sotto sovrastrutture di ignoranza e pateticizzazione mediante la messa alla berlina mediatica. L'inutilità (leggi "difformità nei contenuti") è schiacciata e oppressa dalla totale indifferenza. L'indifferenza toglie visibilità in un mondo di apparenze. Toglie, di conseguenza, connessioni in un mondo che fa del "social" il suo motore d'immagine.
E cos'è, allora, PERICOLOSO? E' pericoloso il granello di sabbia che gratta lo spesso strato di denaro oleoso, rischiando di inceppare il meccanismo intero. E' pericoloso ciò che è difforme nelle forme, nei contenuti e nelle pratiche, e riesce a creare partendo dalla decostruzione del meccanismo di potere un "sistema" apparentemente simile. In realtà, questa nuova macchina lavora in maniera quasi diametralmente opposta. Invece di asservire a una fantomatica causa superiore le vite di ognuno, sorge innegabile il "pericolo" dell'autodeterminazione di ogni singolo individuo, all'interno di questo ANTISISTEMA. Nessuno è "eroe" o "bandiera", ma ognuno lavora e crea secondo bisogni e attitudini. L'arma di reazione a questo pericolo è la PAURA.
La paura azzera il pensiero, in ogni sua forma.
La paura di non essere accettati, paura sociale instillata dai genitori nelle menti dei figli rallenta e sopprime il pensiero "alternativo" per quello massificato, fine l'inserimento nell'Ingranaggio. Che le "nuove generazioni" abbiano un futuro migliore di quelle che le hanno precedute è un concetto il cui peso è diventato tanto corporeo nella vita di ognuno che si vive e rivive il "sogno americano", con la classica cecità storica, la quale impedisce di vederne l'inevitabile crisi (con annessi disastri). L'altra paura (strettamente interconnessa con la prima) è di non riuscire. L'omologazione porta a una spietata competizione per la scalata, spinta dall'arrivismo e dall'egocentrismo. Queste due motivazioni creano una valvola di sfogo per tutti coloro i quali restano bassa manovalanza. Chi ce la fa è di esempio per chi, invece, è rimasto giù.
"E se non ce la fai, se non hai un lavoro o una bella macchina, o una casa grande, o tutto ciò che la società (in)civile ti impone, LA COLPA E' SOLO E SOLTANTO TUA."
L'omologazione è così mantenuta con la SOVRAPPOSIZIONE DEI MODELLI: più modelli convivono in ambienti diversi, abbassando sensibilmente il numero di coloro i quali "restano fuori".
Questa MACCHINA SOCIALE è obnubilante, ed è difficile averne una visione d'insieme, specie da dentro. Abbassare il numero di ESTERNI significa diminuire la forza, la capillarità e la diffusione di ALTERNATIVE. Quando queste alternative raggiungono un picco, arriva la REAZIONE.
La reazione lavora su numerosi fattori, non ultimo il RIFIUTO. Un vocabolario che identifica tutto ciò che non è conforme a precotti precetti come "degrado". La "canticchiante e danzante merda del mondo" si vergogna nel vedere all'interno del "degrado" se stessa. Si costerna nel parlare e sentir parlare di atti di violenza, salvo perpetrarli direttamente e indirettamente ogni giorno. S’indigna nel notare comportamenti propri in personaggi più o meno in vista, accusandoli di "immoralità". S’impegna nel sociale, mandando messaggi a numeri pubblicizzati durante le pause televisive dei programmi di "attualità" concentrati a contare i capelli dell'ultimo cadavere di ragazzina che fa notizia. Si consola nel vedere quanti sono "messi peggio", confermando e rassicurando così la sua molle e ignava mediocrità.
La MACCHINA SOCIALE è per sua natura REAZIONARIA, in quanto portata, per autoconservarsi, a raccogliere in FASCI i fili di se stessa. Quando non riesce, usa nuovamente la PAURA. Usa la PAURA DELLA PERDITA: ciò che la MACCHINA ha dato, può togliere nel momento un cui un comportamento non è "consono". E' un RICATTO.
In ultima istanza, l'espressione più chiara della REPRESSIVITA' di un Sistema è la VIOLENZA. La violenza, fisica o psicologica che sia, è il mezzo più diretto e rapido per reprimere un comportamento, o per perpetrarne (e perpetuarne) un altro.
Il braccio destro è costituito dalle forse dell'Ordine, minaccia reale e potenziale, voce grossa del potere e mezzo oppressivo. La scelta del singolo di sottomettersi per perpetrare la repressione è un atto criminale nei confronti dell'umanità e della persona singola che compie questo scempio. Rifiutare la possibilità di liberare le proprie menti, aggiungendo l'onta della violenza e del mantenimento (nonché della perpetuazione) del sistema è SBAGLIATO. Una persona è composta di MENTE e CORPO. Se un medico amputasse un braccio sano a un paziente, come minimo sarebbe denunciato. E condannato. Però se è un pezzo di mente ad essere amputato, e l'"unico" a riceverne danno è l'individuo (mentre il Sistema progredisce e prospera sulle sue spalle) non è un problema. Questa è FOLLIA. Questa è la radice dell'espressione ACAB. La guardia è l'emanazione diretta del potere d'oppressione.
Il braccio sinistro (sia braccio che sinistro) del potere ha una forza repressiva diversa, ed è il fascismo. Fascismo che avvolge fasce trasversali di popolazione e ha applicazioni, sintomi e manifestazioni radicalmente diverse da una zona sociale all’altra. C’è il “fascismo dei bravi uomini”, quelli che reggono alta la bandiera di “Dio, Patria e Famiglia”. Niente di male, a un primo sguardo. E invece questo è il serbatoio di consensi per la rappresentanza. C’è poi il “fascismo istituzionale”, funzionale alla copertura politica e giuridica dei vari figli della cagna. Il Fascismo è tutt’altro che morto, e non è nelle rivendicazioni che giace il tricolore fasciato. È in ogni atto razzista, sessista, nazionalista compiuto in ogni momento. In ogni repressione c’è il Fascismo. Ed è conseguenza diretta dell’esistenza del Fascismo (Ingranaggio) l’esistenza dell’antifascismo (granello).
La rappresentanza rende IMPOSSIBILE l'interazione diretta con la fonte del Potere, demandandola ai suoi ciechi e sordi strumenti, nonché gaudenti esecutori.
Quando l’ignavia e la sottomissione ai modelli precotti sembra l’unica via, è allora che c’è da ribellarsi, perché non solo ce n’è BISOGNO, ma si DEVE.