mercoledì, aprile 30, 2014

Coraggio, è ora di saltare.


Siamo stati abbastanza coraggiosi da arrivare alla fine di questo mese più leggeri, più saggi, più consci del mondo attorno a noi, e si, di noi stessi.
Siamo stati abbastanza coraggiosi da mostrarvi cosa è il coraggio, scusate il gioco di parole.
Abbiamo capito che ci serve spesso coraggio non solo per essere qualcosa di diverso, ma semplicemente per essere noi stessi.
Semplicemente. Beh, se fosse davvero semplice non avremmo bisogno di essere coraggiosi.
Ci vuole coraggio davvero per fare le cose che ci appaiono più scontate, perché significa identificarsi attraverso gesti e azioni che non necessariamente per tutti sono scontate.
Ci vuole coraggio anche nell'essere diversi, diversi anche da noi stessi.
Cambiare quello che siamo, o lasciare ovunque siamo stati fino a quel momento, vuol dire essere coraggiosi.
Nessuno di noi decide se quello è davvero il momento giusto per farlo, è un salto nel vuoto, senza nessuna prospettiva sicura.
Non abbiamo imbragature o cinture di sicurezza che ci permettano di saltare consci di quello che ci aspetta giù, ma la vita senza coraggio, e quel piacere di rischiare, sarebbe solo una giornata qualunque.

lunedì, aprile 28, 2014

La Mia Città...È Copenhagen - Anteprima dell'Eurovision 2014

Ci siamo. Oggi sono iniziate le prove ufficiali dello show musicale più seguito in Europa, con 120 milioni di spettatori fatti registrare nell'edizione 2013: stiamo parlando dell'Eurovision Song Contest.


Come annunciato qualche mese fa, la rappresentante italiana in quel di Copenhagen (chi vince la competizione ha l'obbligo di ospitarla l'anno successivo) è Emma Marrone con il brano La Mia Città. In qualità di "Big", insieme a Francia, Spagna, Germania, Regno Unito e all'organizzatrice Danimarca, Emma si esibirà direttamente in finale, senza passare attraverso le due serate eliminatorie, a cui prenderanno parte tutte le altre nazioni, che in totale sono 37: da Israele all'Irlanda, dall'Ucraina all'Albania, ognuno farà del proprio meglio per mettersi in mostra su un palcoscenico dall'audience gigantesca rispetto al panorama locale di ogni artista.

Se state pensando che sia un festival sullo stile di Sanremo vi sbagliate: prendendo spunto da esso, l'Eurovision è proseguito per una strada molto diversa e sicuramente più moderna della kermesse ligure. Un sistema di punteggi che cerca di essere il più obiettivo possibile, nessun intermezzo temporeggiatore tra un brano e l'altro, ma soprattutto una grande varietà di generi musicali: dall'hip-hop al pop progressivo al country, ogni anno ce n'è per tutti i gusti. E questa edizione promette scintille.


Le due semifinali e la gran finale si terranno alla B&W Hallerne, un cantiere navale abbandonato sull'isola di Refshaleoen, a sud-est del centro di Copenhagen. Con una spesa a dir poco irrisoria rispetto alle (fin troppo) sontuose edizioni di Baku 2012, Oslo 2010 e Mosca 2009, Danmarks Radio è riuscita a riqualificare l'intera struttura, dando vita ad una scenografia piena di pannelli e luci LED. Addirittura, il pavimento dello stage è un unico schermo in alta definizione, sovrastato da una impalcatura divisa in cubi, sempre tempestata di LED, la cui versatilità d'uso sarà fondamentale per adattarsi alle 37 esibizioni di quest'anno.

Torniamo alle canzoni in gara. L'Eurovision 2014 vede una battaglia per la vittoria finale tra Svezia, Norvegia, Spagna, Armenia e Regno Unito. Farà invece discutere la partecipazione della drag queen austriaca Conchita Wurst, bersaglio di insulti specie nei Paesi più omofobi come Russia, Bielorussia e Ucraina. Ovviamente tutto può succedere nel momento dell'annuncio dei punteggi, ma queste cinque nazioni sembrano un passo avanti rispetto alle altre. Ecco quindi una selezione dei migliori brani che potremo sentire il 6, l'8 e il 10 maggio, alle 21, su Rai4 (6-8/5, commento di Filippo Solibello e Marco Ardemagni, icone di RadioDue) e Rai2 (10/5, commento di Linus e Nicola Savino; il primo annuncerà peraltro i punti che l'Italia assegnerà in finale).


SPAGNA - Ruth Lorenzo: Dancing In The Rain
Parte come una lenta ballata. Poi la cantante iberica, diventata nota in Inghilterra per la sua partecipazione a X-Factor 2008, scatena la sua voce potente che raggiunge acuti eccezionali. Per girare il video (e cantare sott'acqua) Ruth ha anche perso la voce per circa una settimana, ma si è ripresa più forte che mai. Mai noiosa e scontata, Dancing In The Rain punta sulla melodia gioiosa che scaccia ogni pensiero negativo.


SVEZIA - Sanna Nielsen: Undo
Alla settima partecipazione al Melodifestivalen, finalmente ce l'ha fatta, e forse con il suo miglior brano di sempre (i fan club ufficiali dell'Eurovision stravedono per lei). La voce è decisa e limpida e ben si accorda con le parole forti del testo. Sul video si poteva far meglio, anche se la Nielsen non ne girava uno dal 2008. Il brano piace perché costruito apposta per la competizione, probabilmente non si è voluto osare troppo per evitare débacle come quelle del 2013 (14° posto), ma la Svezia farà ancora una volta breccia nel cuore di milioni di eurospettatori.


SVIZZERA - SebAlter: Hunter Of Stars
Come detto, non di solo pop vive l'Eurovision. La dimostrazione è il ticinese SebAlter che strappa sorrisi con un brano dal retrogusto country e dal ritmo incalzante che ispira simpatia, come del resto il videoclip. I nostri vicini possono davvero ambire ad una buona posizione finale, se riusciranno a convincere giurie e televoto: le premesse ci sono, chissà.


ARMENIA - Aram MP3: Not Alone
Nulla da rimproverare all'Armenia quest'anno: la nazione caucasica si distingue dalle altre per un brano dalle poche parole, ma lapidarie ed efficaci, su cui si abbatte nel finale una parte dubstep ben costruita. C'è chi dice che Aram MP3 sia piuttosto sopravvalutato; in realtà con la sua canzone da colonna sonora drammatica rischia di "rubare" punti a nazioni più quotate.


AUSTRIA - Conchita Wurst: Rise Like A Phoenix
È il personaggio più discusso di quest'anno. Tom Neuwirth, in arte Conchita Wurst, ha realizzato qualcosa che sta scatenando un dibattito infuocato tra i conservatori/tradizionalisti e quelli che non ci vedono alcun male. La Wurst ha una voce insolita, oltre che un look che destabilizza: solo la barba tradisce la sua vera identità. Il brano parla della gloriosa rivincita contro i propri nemici, ed è la forza che permette a Conchita di continuare nonostante le critiche di vuole che la sua performance venga censurata dalle tv di Stato russe, ucraine e bielorusse.


REGNO UNITO - Molly Smitten-Downes: Children Of The Universe
La BBC ha scelto una perfetta sconosciuta cinque minuti dopo la presentazione del brano in Europa l'hanno acclamata come fosse una superstar. E in effetti la voce un po' graffiata regala un tocco speciale ad un brano che già di per sé convince al primo ascolto. Per il videoclip si poteva fare qualcosina in più, ma le atmosfere a metà tra il moderno e l'esotico aumentano il fascino di Children Of The Universe.


ITALIA - Emma: La Mia Città
Il suo compito è portare a casa il trofeo esattamente 50 anni dopo la vittoria di Gigliola Cinquetti nel 1964 con Non Ho L'Età proprio nella capitale danese. Il rock leggero piace all'Europa ed Emma ha la possibilità di piazzarsi bene in classifica se azzecca la performance in finale. Tuttavia ignoro cosa le sia passato per il cervello mentre girava il videoclip, che fa un po' paura nell'ispirarsi un po' troppo ai vestiti di Lady Gaga. Forza Emma!            

Noi italiani siamo spesso restìi ad aprirci alle novità, o comunque a qualcosa di diverso. Se avrete la forza di volontà e il coraggio di sedervi sul divano e sintonizzarvi sull'Eurovision 2014 per capire che aria tira nel resto del Vecchio Continente, non ne sarete delusi. Scegliete una nazione e tifate per lei, oltre che per Emma (se vi piace, altrimenti avete TRENTASEI, e ripeto TRENTASEI alternative). Appuntamento il 6, l'8 e il 10! #JOINUS!

Elenco completo dei brani in gara:
Albania - Hersi Matmuja: One Night's Anger
Armenia - Aram MP3: Not Alone
Austria - Conchita Wurst: Rise Like A Phoenix
Azerbaijan - Dilara Kazimova: Start A Fire
Belgio - Axel Hirsoux: Mother
Bielorussia - TEO: Cheesecake
Danimarca - Basim: Cliché Love Song
Estonia - Tanja: Amazing
Finlandia - Softengine: Something Better
Francia - Twin Twin: Moustache
Georgia - The Sing & Mariko: Three Minutes To Earth
Germania - Elaiza: Is It Right
Grecia - Freaky Fortune & RiskyKidd: Rise Up
Irlanda - Can-Linn & Kasey Smith: Heartbeat
Islanda - Pollapönk - No Prejudice
Israele - Mei Finegold - Same Heart
ITALIA - EMMA: LA MIA CITTA'
Lettonia - Aarzemnieki: Cake To Bake
Lituania - Vilija Mataciunaite: Attention
Macedonia - Tijana Dapcevic: To The Sky
Malta - Firelight: Coming Home
Moldova - Cristina Scarlat: Wild Soul
Montenegro - Sergej Cetkovic: Moj Svijet (My World)
Norvegia - Carl Espen: Silent Storm
Olanda - The Common Linnets: Calm After The Storm
Polonia - Donatan & Cleo: We Are Slavic
Portogallo - Suzy: Quero Ser Tua
Regno Unito - Molly: Children Of The Universe
Romania - Paula Seling & OVI: Miracle
Russia - Sorelle Tolmachevij: Shine
San Marino - Valentina Monetta: Maybe (Forse)
Slovenia - Tinkara Kovac: Round And Round
Spagna - Ruth Lorenzo: Dancing In The Rain
Svizzera - SebAlter: Hunter Of Stars
Ucraina - Mariya Yaremchuk: Tick - Tock
Ungheria - Andras Kallay-Saunders: Running
 

domenica, aprile 27, 2014

Arrietty - Il Mondo Segreto Sotto il Pavimento.


Immaginate di essere degli omini piccini piccini, che devono sopravvivere nel mondo degli umani, senza farsi schiacciare e soprattutto vedere, ed immaginate di essere in tutto e per tutto uguali agli umani, in ogni singola abitudine e usanza, di avere una casa piccina ma identica a quella degli umani, e di dover rubare ad essi per sopravvivere. Se lo avete davvero immaginato, avrete nella vostra mente l'idea della vita che Arrietty, 14 anni, e i suoi genitori fanno ogni giorno, e la lotta per la sopravvivenza che devono affrontare.
I prendimprestito sono degli esserini non più alti di 10 centimetri, che vivono nel rispetto della natura e degli altri, solitamente nelle cantine o nelle zone abbandonate delle case degli umani. Vivono in scatole che per loro diventano appartamenti di tutto rispetto, minuziosi e precisi in tutto, e sempre attenti a non farsi scoprire dagli umani, che purtroppo hanno fatto estinguere già la gran parte della loro razza.

Sotto il pavimento di una grande casa situata in un magico e rigoglioso giardino alla periferia di Tokyo, vive Arrietty, una minuscola ragazza di 14 anni, con i suoi altrettanto minuscoli genitori. La casa è abitata da due vecchiette, che naturalmente ignorano la presenza di questa famiglia in miniatura.

Tutto ciò che Arrietty e la sua famiglia possiedono, lo “prendono in prestito”: strumenti essenziali come la cucina a gas, l’acqua e il cibo; e ancora tavoli, sedie, utensili, o prelibatezze come le zollette di zucchero. Tutto viene preso in piccolissime quantità, così che le padrone di casa non se ne accorgano.

Un giorno Sho, un ragazzo di 12 anni che deve sottoporsi a urgenti cure mediche in città, si trasferisce nella casa delle vecchiette. I genitori di Arrietty le hanno sempre raccomandato di non farsi vedere dagli umani: una volta visti, i piccoli abitanti devono lasciare il luogo in cui sono stati scoperti. L’avventurosa ragazzina, però, non li ascolta, e Sho si accorge della sua presenza. I due ragazzi iniziano a confidarsi l’uno con l’altra e, in breve tempo, nasce un’amicizia…

E se nascesse una amicizia tra un umano e un prendimprestito? Questo accade in Arrietty, dove due adolescenti di razze diverse si aiutano a vicenda, per sopravvivere e per non restare soli.
Una splendida storia di rispetto e di accettazione viene raccontata in questa pellicola, nella quale ancora una volta il "diverso", visto inizialmente come male, diventa una ricchezza per l'altro.
Tutto in questo film è intelligente, da come viene spiegato il pericolo per chi non conosce davvero il mondo esterno, a come viene spiegato l'arricchimento interiore una volta scoperto davvero il mondo esterno.
Arrietty e Sho sono due ragazzini molto soli, per motivazioni diverse, ma la solitudine a quell'età è davvero difficile da affrontare, ed è questo che spinge due individui totalmente diversi ad imparare a contare l'uno sull'altro.
Ma sono davvero così diversi? Indipendentemente dalla loro statura, due adolescenti, che si trovano ad affrontare il mondo, sono così simili da rendere qualunque altra cosa "minuscola".
Sho è sempre malato, e per questo mai circondato dai suoi coetanei, e Arrietty è talmente protetta dai suoi genitori (convinti di essere gli ultimi prendimprestito rimasti), da non avere mai conosciuto altre persone.
La solitudine può unire, come la diversità, la diversità che sia fisica o di qualunque altra forma, è solo uno stato mentale una volta che si impara ad amarsi e farsi amare.
Una storia apparentemente molto triste, ma con spunti divertentissimi, e una morale importante.
Dal punto di vista grafico e d'animazione, il film è davvero una perla, perché ricreare due mondi, uno a misura d'uomo, uno a misura di prendimprestito, rende ammaliante la vista della pellicola. La minuzia dei particolari della casa dei piccoli omini è quasi maggiore di quella degli umani, la spendida cameretta di Arrietty, la cucina, e la lussuosa casa delle bambole.
Questo film serve a capire che le differenze siamo noi a notarle e ad imporle a noi stessi, perché il cuore è la cosa importante, che non si ferma certo a guardare queste minuzie.

la minuziosa e dettagliatissima cameretta di Arrietty

mercoledì, aprile 23, 2014

Il coraggio passa dalla scrittura.

Hai il coraggio di dire quello che pensi ma dare forma alle tue parole ( o meglio SCRIVERLE?)
Ed allora apro il mio cuore e la mia mente e credetemi...ci vuole coraggio.
Come quello di un giornalista che racconta una verità scomoda, come un commerciate che denuncia la Mafia o la Camorra.
E non confondete il coraggio con l'incoscienza di chi fa bungee junping.
Io scrivo quello che vedo.
V*******o a chi crede ancora nelle favole.
V*******o a chi crede ancora nell'amore, nella giustizia, nel futuro.
Il futuro ci sarà, vivremo, ma se pensate che andremo tutti mano nella mano verso un domani felice e senza problemi vi sbagliate. E tanto.
Non sono un deluso, un incazzato, non sono un disperato o un reazionario, non credo nella violenza, ne la farei ne tanto meno voglio subirla.
Sono un prodotto di quest'epoca. Il figlio del nulla, del benessere, il finto benessere, dell'eroina degli anni ottanta, delle tangenti degli anni ottanta. Figlio di nessuna rivoluzione. Figlio della moda di quei tempi: il menefreghismo. Voglio, non do, non voglio dare, non ho mai dato, forse credevo di dare ma di sicuro adesso non posso dare più nulla perché io stesso non ho più nulla. Avevo sogni e purtroppo li ho ancora, quei sogni che ti fanno soffrire perché tali resteranno, ci hanno tolto la possibilità di vederli realizzati, a meno che non si tratti di metter su una famiglia e cercare di sopravvivere, ripeto SOPRAVVIVERE. Per cosa poi? Sperare di dare un futuro migliore ai nostri figli? 
Ecco perché vi dico che purtroppo continuiamo a sognare. Viviamo in un mondo in cui Pietro Tarricone viene definito "un icona del nostro tempo",comandanti di navi da crociera che sono peggio dei tizi che si mettono al volante ubriachi dopo quelle squallide nottate in discoteche con nomi improponibili. Viviamo in un mondo in cui la gente pubblica infiniti link sui cani abbandonati, che si stupisce ancora dello squallore degli esseri umani e sulla loro crudeltà verso gli esseri viventi inferiori e non si accorge che la cosa peggiore la stiamo facendo ai nostri simili? Ci stiamo strappando di dosso la pelle a vicenda e dovrei indignarmi perché lo fanno agli animali? 
Il mondo è di diventato questo ormai, forse lo è sempre stato e forse lo sarà sempre perché non credo che l'uomo scomparirà. Anzi.
Probabilmente colonizzeremo anche altri pianeti ed anche su quello faremo le stesse cazzate. Chi sono io allora? Nessuno o forse tutti voi, leggere o non leggere? Criticarmi o non criticarmi? Fare di me un "caso" o lasciarmi cadere dell'oblio di tutte le farneticazioni dei profeti del web? Decidete voi. Io scrivo per togliermi quello che ho dentro. Lo faccio per me perché di voi non mi frega un beneamato c****.
E per fare questo ci vuole coraggio.

I don't drink coffee, I take tea my dear..


Ci vuole coraggio per lasciare tutto e andare via.
Ci vuole coraggio per lasciare la propria città per trovarne una nuova.
Ci vuole coraggio per essere ciò che si è lontani dal mondo che ci ha reso quello che siamo.
Ci vuole coraggio per lasciare l'angolino protetto che avevamo trovato nel bar vicino casa, o in quella polverosa libreria che visitavamo sempre, per cambiare il bus che usavamo per andare a lavoro, e trovarne di nuovi nella nostra nuova città. Di luoghi intendo.
Si, le persone vanno e vengono senza il nostro controllo, ma bisogna essere coraggiosi per lasciare i luoghi che ci siamo scelti, perchè almeno quelli ce li siam scelti noi, da soli, a volte.
Lasciare un luogo significa anche abbandonare una parte di noi, la parte di noi che viveva in quel luogo, anche metaforicamente parlando.
Magari non prenderemo più quel tavolino vicino alla finestra del bar dove ci sentivamo così ispirati da scrivere pagine e pagine, e non vedremo più passare quelle persone che hanno ispirato le nostre storie, non prenderemo più quel the ci rilassava, a quel tavolino, piccolo ma sicuro.
Dovremmo avere il coraggio di trovarne un altro luogo tutto nostro altrove?
Potremmo davvero riuscirci?
O resteremo per sempre alieni in un luogo che non appartiene a noi?
Mi diverte l'idea di immaginarmi in un altro posto, in un'altra città, e ricercarmi li luoghi in cui fare tutto questo che faccio qui.
Il mio tavolino, la mia finestra, il mio thè, il mio diario, la mia penna, e le stesse persone che passano di li.
Sarebbe rischioso rifare tutto di nuovo, ma sarebbe divertente rendere nostro qualcosa che ancora non lo è.
E magari mi sentirei un alieno, ma un alieno che rende suo qualcosa che prima non avrebba mai immaginato, e un panorama che prima non gli apparteneva.

martedì, aprile 22, 2014

COR HABEO






Aveva il coraggio di chi aveva già vissuto nella paura

Aveva il coraggio negli occhi e quando guardava il mondo, crudeltà, dolore, gioia, umanità, non venivano più filtrati dal velo dell'ingenuità.
Aveva il coraggio nelle mani e non temeva la fatica che avrebbe dovuto sopportare, i calli che si sarebbero formati. Avrebbe perso la bellezza delle sue dita, avrebbe perso l'eleganza della sua mano.
Aveva il coraggio nella bocca, nel dire tutte le volte quello che pensava. E non le importava, se i suoi pensieri fossero fiume di parole che per il mondo intero non significavano nulla.
Aveva il coraggio di essere se stessa. Con tutte le sfaccettature del suo carattere. Aveva il coraggio di accettarsi, nonostante tutto. Nonostante gli errori commessi, le persone perse, i colpi di testa, le ansie, le paure, le gioie.
Era quel tipo di persona, che quando il mondo le voltava le spalle, lei rideva. Perchè ridere era la miccia della sua volontà costante di credere che tra mille schiene che aveva davanti a sè, c'era sempre chi andava controcorrente, proprio come lei. Era quel tipo di persona, che quando la mattina incontrava volti spenti e sorrisi finti, si fermava per due chiacchiere e si sforzava di regalare un solo secondo di leggerezza.
Era quel tipo di persona, che tutti noi, in parte, vorremmo essere.
Coraggiosi...
Coraggio-si nel cuore. Senza barriere, senza confini, senza remore, senza indugi, senza fobie.
COR HABEO

Lou Reed - L'angelo del male

Lou Reed, una delle figure più leggendarie del rock n’roll principalmente degli anni Settanta, Ottanta e Novanta e uno dei personaggi più coraggiosi e innovativi (insieme a David Bowie) del mondo della musica, nasce nel 1942 a Freeport, Long Island, in una famiglia ebraica puritana ed estremamente tradizionalista. Fin da subito manifesta la sua diversità e i suoi comportamenti da star, si interessa fin da piccolo alla musica rock, allora considerata ‘la musica del diavolo’ e si comporta in modo provocatorio ed effeminato, cosa assolutamente inconcepibile in quella piccola città ma soprattutto all’interno di una famiglia così conservatrice. I genitori, schifati e in certi casi anche terrorizzati dalle sue movenze femminili e dalla sua passione per la poesia e la musica, decidono di sottoporlo al trattamento dell’elettroshock, molto utilizzato in quegli anni e che provoca a Lou dei danni alla memoria. Da questo momento il piccolo Lewis cercherà in tutti i modi di infastidire i genitori e all’apice della rabbia e dell’odio verso di loro, scriverà Kill your sons, una delle sue prime canzoni. 
Si iscrive alla Syracuse University, allontanandosi finalmente dall’odiata Freeport che fino a quel momento gli aveva solo regalato brutte esperienze e una visione delle persone che Lou avrebbe tanto voluto abbandonare, uomini puritani, cattolici bigotti e ubriaconi violenti con una mentalità medievale e donne tristemente sottomesse e con l’unico dovere di ubbidire in silenzio ai propri mariti irascibili.
All’Università Lou conosce alcune delle persone che avranno su di lui un’influenza maggiore, soprattutto per quanto riguarda la sua ispirazione poetica: il poeta Delmore Schwartz a cui poi dedicherà il brano European Son e Shelley, il suo primo vero amore, di cui invece parlerà in I’ll be your mirror.
Lou Reed e Andy Warhol
Proprio in quel periodo, dopo esser tornato nella sua New York, l’unica città che davvero avrebbe potuto dargli qualcosa, crea i Velvet Underground con il polistrumentista John Cale, il chitarrista e bassista Sterling Morrison e la batterista Maureen Tucker. Il gruppo diventa una band cult del panorama musicale non convenzionale del Greenwich Village ed entra a far parte della factory di Andy Warhol, che dopo aver affiancato loro la cantante tedesca Nico, si auto-dichiara promotore e finanziatore del loro album d’esordio The Velvet Underground and Nico che, pur non avendo avuto un eccessivo successo commerciale, rappresenta una vera e propria rivoluzione. Lou Reed si scatena nello scrivere i testi delle canzoni, considerati delle vere e proprie liriche beat, racconta ed esplora parte per parte la demoniaca sottocultura di quella New York maledetta, il sadomasochismo, la droga e analizza con coraggio e crudezza la vita di strada e l’omosessualità, tutti argomenti allora nascosti, i cosiddetti tabù di cui la società degli anni 60 cercava di nascondere l’esistenza, ponendo delle assurde censure su libri, dischi e film che andavano “contro la morale” del tempo. Lou Reed si fa promotore della lotta contro la borghesia e il capitalismo, denunciando in molte sue canzoni la monotonia e la tristezza della vita all’interno di una società borghese, come ad esempio Venus in Furs, che oltre ad essere la prima canzone nella storia del rock a descrivere un rapporto sadomaso, con la sua melodia ripetitiva e angosciante, in tre frasi fa capire quanto la vita da borghese possa essere triste. Un’altra delle canzoni più belle, ma anche delle più famose e criticate, è Heroin che vede come protagonista un tossicodipendente, le sue frasi e i suoi deliri sulla droga, dice che è diventata per lui una moglie, un dio e ringrazia perché ormai è completamente estraniato dalla società, dalla vita reale e dai politici con i loro bei discorsi preparati che tanto lo disgustano. A causa di questa canzone Lou Reed fu accusato dai media di aver spinto i giovani verso la droga e molti dei loro fan confermarono, per questo negli ultimi tempi il gruppo decise di non suonare più questo brano, se non qualche rara volta.

 i Velvet Underground con Warhol
A questo punto Lou Reed, deluso e insoddisfatto, dopo aver licenziato Andy Warhol senza nessun motivo preciso, decide di lasciare i Velvet Underground e di tornare dalla famiglia per lavorare col padre come dattilografo senza però smettere di scrivere poesie e canzoni.  Dopo alcuni mesi di calma piatta non adatta per niente a Lou, un discografico lo convince a trasferirsi a Londra e dopo un disastroso primo album da solista, David Bowie si mette in contatto con lui per aiutarlo e per reinventare completamente la sua figura e il suo lavoro. Così Bowie, insieme al suo chitarrista Mick Ronson, aiuta Lou Reed a cambiare nel modo di vestire, rendendolo più glamour e femminile e produce per la casa discografica RCA il suo secondo disco: Transformer. Arriva finalmente il tanto atteso successo commerciale, il cd schizza al primo posto delle classifiche inglesi, ma Lou ha un rapporto complicato col business e la popolarità, al tempo stesso li desidera e li odia e sente questo Transformer molto lontano dal suo stile e dalla sua mentalità, anche se nel disco ci sono canzoni come Walk on the the wild side, censurato in molti paesi, che riprendono gli argomenti da sempre trattati: è decisamente lui, ma non si riconosce, forse perché le melodie sono diverse, più aggressive e veloci. Così, reduce dal divorzio con la sua seconda moglie, compone, nonostante le perplessità della RCA, Berlin, un concept album sui problemi di una coppia di tossicodipendenti americani emigrati a Berlino, con le sue melodie dolci e malinconiche e una certa atmosfera dai contorni scuri, questo EP non ha molto successo ma Lou Reed lo sente vicino, ha fatto quello che sentiva e in futuro Berlin sarà fortemente rivalutato sia dalla critica che dai fans. Successivamente si alternano dischi commerciali voluti dalla casa discografica ed EP originali con rock sperimentale e a volte psichedelico con cui Lou riesce a procurarsi l’antipatia della RCA, che in futuro abbandonerà per un'altra casa discografica, e dei fans che non capiscono subito i suoi brani surreali, l’esempio più famoso è “Metal Machine Music“, un doppio album senza testi né melodia, un lunghissimo feedback di chitarra, distorto e riverberato diviso in quattro sezioni.
Nel 1975 intraprende un disastroso tour in Italia, durante i concerti è nervoso e violento e arriva ad avere persino problemi con la polizia, quindi decide di annullare il resto dei live. Non è un gran periodo per lui soprattutto a causa della droga, inoltre continua a far riferimenti alla propria omosessualità, pur continuando a stare con delle donne e questo è uno degli elementi più strani della sua vita.
La carriera di Lou Reed prosegue senza sosta, accompagnata da una vita privata complicata segnata da grandi sofferenze e dolori come i vari divorzi e le morti di alcuni dei suoi migliori amici a cui dedica anche degli interi album, come succede con la morte di Andy Warhol che Lou cerca di esorcizzare creando i testi che poi andranno a costituire Songs for Drella.
Ma forse il suo miglior disco arriva nel 1989, uno dei più grandi concept album mai composti nella storia del rock: New York, di cui diventa famosa soprattutto Dirty Blvd., col suo ritmo incalzante e il messaggio contro la guerra, contro i ricchi che vivono nelle strade illuminate e i poveri che stanno al buio a vendere rose di carta per vivere, contro la differenza tra le classi sociali, in assoluto la mia canzone preferita di Lou Reed.

Dopo altri album e una reunion con i Velvet Underground, nel 2010 decide di collaborare con i Metallica per un album non eccezionale e poco apprezzato dalla maggior parte dei fans. Il 30 giugno 2013 viene annunciata la sua morta improvvisa. Con la morte di Lou Reed si chiude un’epoca, si conclude l’era del rock psichedelico e sperimentale, scompare una delle figure più importanti della storia della musica, che ha sperimentato, osato e che ha avuto il coraggio di cantare e di scrivere di argomenti che ancora oggi vengono censurati. Scompare un artista coraggioso, geniale e soprattutto unico al mondo perché, come tutti gli amanti della musica moderna (compresa me) sanno, uno come lui non ci sarà mai più. E per questo con lui muore anche una parte di tutti quelli che si sono emozionati o semplicemente hanno sorriso o pianto quando hanno ascoltato una sua canzone.  
Caroline says
while biting her lip
Life is meant to be more than this
and this is a bum trip"

domenica, aprile 20, 2014

Ponyo sulla scogliera.

Oggi vi porto in una deliziosa fiaba moderna, nella quale un bambino e una bambina diventano inseparabili, nonostante tutte le avversità che devono affrontare, partendo dall'essere di due specie diverse.

Sosuke, un bimbo di cinque anni, vive in cima a una scogliera. Una mattina, giocando sulla spiaggia sotto casa, trova Ponyo, una pesciolina rossa con la testa incastrata in un barattolo di marmellata. Sosuke la salva e la mette in un secchio di plastica verde.

Tra i due nasce subito un legame forte e Sosuke promette a Ponyo che si prenderà cura di lei. Ma il padre di Ponyo, una volta umano e ora stregone che abita i fondali marini, la obbliga a tornare con lui nelle profondità dell’oceano.

Ma Ponyo vuole diventare umana ed è così determinata da tentare la fuga. Prima di farlo, però, versa nell’oceano l’Acqua della Vita, la preziosa riserva dell’elisir magico di Fujimoto.

L’acqua del mare si alza. Le sorelle di Ponyo sono trasformate in enormi onde dalla forma di pesce che si arrampicano alte fino alla scogliera dove si trova la casa di Sosuke. Il caos sprigionato dall’oceano avvolge il villaggio di Sosuke che affonda sotto i flutti marini.

Riusciranno un bimbo e una bimba, con amore e responsabilità, a salvare il mare e la vita stessa?
"Ponyo sulla scogliera" parla di amore, di amicizia, di sentimenti, ma parla anche di diversità, di coraggio, di avventura. Una sorta de La Sirenetta ambientata in un villaggio giapponese moderno, e dalla fiaba di Hans Christian Andersenne prende tutti questi bellissimi valori, oltre che romanzarne la storia.
Ed è così infatti che un bambino si innamora di una pesciolina, e farà di tutto per tenerla con se, ed è così che questa pesciolina farà di tutto per restare umana. Il coraggio di essere qualcosa di diversi da quello che si è, il coraggio di abbattere le barriere imposte dalla natura, tutto racchiuso in due piccoli bimbi, che salveranno poi l'intera cittadina ormai sommersa dalle onde dell'oceano.
Questo film è ricco di momenti divertenti e scene deliziose, godibilissimo a tutte le età, mai noioso, scorrevole, con una trama chiara ma interessante.
Le scene più belle sono senza dubbio quella della madre di Ponyo, ovvero la madre del mare, che avvolge la nave del padre, e l'avventura sulla barchetta di Ponyo e Sosuke, che brilla nella scena in cui la "pesciolina" offre il suo cibo al neonato in lacrime.
Una storia in cui anche un qualcosa di inanimato come il Mare prende vita, diventando uno dei protagonisti, o antagonisti, del racconto.
No, non voglio raccontare tutto, perché è davvero da guardare questo film, e penso che nella sua semplicità e linearità trasmetta molto di più di altri dello Studio Ghibli, perché la storia è costruita proprio su questi sentimenti genuini dei due bambini, disposti a fare qualunque cosa per restare insieme, e per salvare gli altri.
Il silenzio e la quiete di molte scene di questo film vi cullano in una dimensione davvero pacifica, dimostrazione che con grande garbo e delicatezza si può creare una storia interessante, coraggiosa e davvero davvero indimenticabile.
La semplicità dei bambini può essere davvero disarmante, e ci fa riflettere su come se tutti vivessimo con più leggerezza le nostre vite, renderemmo a noi stessi tutto più facile e piacevole ogni giorno.

giovedì, aprile 17, 2014

Coriolanus al National Theatre di Londra

La forza di un soldato non sta nell'energia che impiega per intimidire l'avversario inviando un mucchio di segnali, ma nella capacità di concentrare in sé la forza focalizzandosi su sé stesso.”(L'eleganza del riccio, Muriel Barbery)


L'eleganza del riccio” mi ha ispirato oggi: ha racchiuso in una frase l'essenza del Coriolano di Shakespeare e della magnifica interpretazione di Tom Hiddleston.
Caio Marzio (poi chiamato Coriolano per aver preso la città di Corioli) è il miglior soldato romano repubblicano in circolazione e grazie alla sua abilità in campo e alle sue capacità riesce a distruggere qualsiasi esercito abbia di fronte.
Il Maestro Shakespeare ci disegna un uomo dedito al suo essere, alla sua anima da combattente, orgoglioso e cosciente di essere più forte e più in alto di molti altri uomini.
Il suo coraggio è esemplare, per lui battersi da solo dinanzi a più di mille volsci non è un atto stupido e suicida, ma è dedizione alla sua patria e alla sua essenza..
Il suo cuore è libero, parla attraverso le sue labbra e non pone filtri, non usa la parola come arma ma giunge dritto al punto, come la lama della spada.
E' coerente, fermo, solido. Rispetta sua madre e ama sua moglie.
Eppure.
Eppure i trubuni della plebe lo vedono come una minaccia. Eppure lasciano che sia bandito dalla città, lasciando cadere i suoi onori e i suoi incarichi. Ripudiano il loro unico difensore.

Caio Marzio non riesce a difendersi, non crede nel mentire per accattivarsi il favore degli altri, dei più deboli. Li disprezza, non può mostrare loro le sue ferite, non può vantarsi per ciò che doveva essere fatto.
Non può chiedere loro perdono. Non può.
E' fermo sulle sue convinzioni. E' migliore di chi è codardo, di chi si lascia manipolare, di chi piange per il grano e non crede nel potere del senato.
Non può essere un console romano, se il popolo non crede nel suo valore. Se non si fida dei suoi comandanti.

Caio Marzio lascia la sua casa e cerca il suo nemico, Aufidio. Stringe un patto con lui. Marcia su Roma per distruggerla.
Solo allora tutti vedono il grande errore che è stato commesso. Solo allora le parole di Volumnia, sua madre, di Menenio e di Cominio hanno giustizia.
Solo allora Volumnia si inchina dinanzi al suo grande figlio per chiedere il perdono e la pace.

Tom Hiddleston incarna tutte le qualità insite nella dura personalità di Coriolano. Riesce con un solo sguardo a comunicare più di mille parole e mille emozioni. Commuove. Ti rapisce. Ti porta a credere fino in fondo nel personaggio.
E ha una classe in grado di affascinarti sino all'ultimo atto, quello più intenso, quello più difficile.
La morte di Coriolano diviene dolore, per quanto le convinzioni di quest'uomo possano sembrare del tutto lontane dall'idea di democrazia e ugualianza che abbiamo, soffriamo per averlo perso. Ci battiamo per lui durante tutta la durata della rappresentazione.
Ci fa entrare in ogni singola sfaccettatura del suo animo nobile e duro.
Impariamo a conoscere una tragedia così poco raccontata e apprezzata, arriviamo ad attualizzare anche ciò che ci appare così lontano.

Gli altri personaggi riescono bene ad inserirsi di contorno alla forte aurea che Hiddleston crea attorno al suo Caio Marzio.
Mark Gattis, Deborah Findlay e Hadley Fraser portano in scena Menenio, Volumnia e Aufidio quasi alla pari del protagonista.
Volumnia incarna la matrona romana, dedita a suo figlio e alla patria. Lo conduce sin da bambino in guerra, lo plasma come uomo, lo rende forte. Meglio che sia morto piuttosto che vivo ma senza onori.
Un'interpretazione forte e carismatica, in grado di reggere i lunghi dialoghi con Hiddleston e farci commuovere.
Sarà soltanto Volumnia colei che riuscirà a piegare l'animo di Coriolano e a rinunciare alla vendetta. Rinuncia che lo porterà alla morte per mano dei Volsci.


Menenio, invece, è irriverente, il tipico senatore romano capace di stregare con le parole piuttosto che con i fatti. Gattis è un attore straordinario, le sue interpretazioni sono sempre perfette e colgono sempre il lato ironico del personaggio.
A differenza di Aufidio, così dedito alla guerra e all'odio verso i romani, da piegarsi anche di fronte alle richieste di colui che ha distrutto la sua città. Di baciare Coriolano e affidargli il suo esercito.
Le scene tra i due soldati sono sempre cupe e tese, affascinanti e cariche di emozione.
Il loro combattimento in battaglia lascia senza fiato.

Altri nomi importanti scorrono sulla scena diretta da Josie Rourke: Birgitte Hjort Sorensen (Virgilia, moglie di Coriolano), Alfred Enoch (lo ricordete come Dean Thomas in Harry Potter), Elliot Levey e Helen Schlesinger (i “maligni” tribuni della plebe).
Il set appare ben diverso dalla classica città romana, ma lascia trasparire un senso di imponenza e oppressione allo stesso tempo. Un muro rosso cupo, una scala spoglia usata per le battaglie, vernice rossa sul pavimento, rimandi al sangue e alle ferite che Coriolano ma anche gli stessi romani portano.

Ringrazio gli dèi per aver scelto di vedere questo dramma. La potenza dell'inglese in questo caso vale molto più di mille doppiaggi, per cui lasciate perdere l'italiano e al massimo usate i sottotitoli.
Shakespeare va seguito per ciò che è, Coriolano va vissuto in tutto e per tutto.
E soprattutto ringrazio Tom Hiddleston per aver trasmesso la forza di uomo così lontano, eppur così vicino a noi.

Would you have me false to my nature? Rather say I play the man I am.” (Coriolanus, act 3, scene 2)


mercoledì, aprile 16, 2014

Il coraggio della verità.


Ci vuole coraggio a dire la verità.
Mi drogo.
Ho avuto rapporti sessuali con mia cugina.
Ho fatto del male agli animali ed alle persone per il solo gusto di godere del loro dolore.
Ho abusato del mio potere.
Sono cattivo e mi piace esserlo, c'è più gusto ad essere cattivi quando il mondo è pervaso da questa campagna marketing di buonismo.
Sono vendicativo in mezzo a tanti, troppi che perdonano.
Non credo nella beneficenza perchè nessuno l'ha fatta a me e non credo nel riciclo della spazzatura ed ho il coraggio di dire che non mi sbatto a dividere la mia immondizia con già le tremila cose che ho da fare.
Vado a letto con le minorenni.
Salto le code.
Ho un tagliando per parcheggiare sui posti dei disabili che non mi spetta.
Non fingo di essere la brava persona che non sono.
Non ho paura della solitudine che mi circonda.
Non mi spaventa andare all'Inferno, senza dubbio sarò in buona compagnia.
Non mi spaventa sentirmi additato come "il colpevole", "il corrotto", "il cattivo".
Sai che non puoi fidarti di me.
So che non mi daranno mai in braccio un bambino.
So che nessuno vorrà mai avere un bambino con me ed ammetto che sono il primo che non vuol vedere marmocchi bavosi, lagnosi e cagosi che ti svegliano la notte.
Anzi, trovo assurdo qualcuno che mette al mondo un figlio per procreare questa razza di idioti, ignoranti, servitori ed ipocriti che siamo diventati.
Ho il coraggio di dire che siamo IRRECUPERABILI.
Ci vuole coraggio in tante, troppe cose e sono le più brutte quelle peggiori.
Ho estremizzato il discorso per farvi capire che c'è voluto più coraggio ad ammettere di essere il colpevole davanti a tutta la classe di aver rotto il microscopio che dichiarare il proprio amore alla ragazzina della classe accanto e ci vuole coraggio a fare una rapina per sfamare i propri figli.
Il coraggio è anche questo.

Vita da bambola: che outfit coraggioso!

Coraggio, coraggio, coraggio.
Sentivo la necessità di un nuovo appuntamento con "Vita da bambola", ma il coraggio non mi ispirava nulla. La tv era accesa, e si parlava di moda, e vedevo tutte quelle copertine, tutti quei photoshoot, e li ecco arrivare l'illuminazione. Gli outfit più coraggiosi di Barbie.
Perchè Barbie sarà bellissima ed elegantissima, ma tante volte è davvero fuori le righe per i suoi abiti, alcuni davvero davvero impresentabili. Tra colori accecanti e gonne pompose, ne vedrete davvero delle belle oggi.
1967 Pajama Pow: partiamo con questo pigiama hippie, che sembra tutto tranne che comodo per dormire, abbinato ad orecchini e scarpette, decisamente non da letto. I miei occhi fissandolo vedono come un vortice che li risucchia, tipo serpentina psichedelica.
1971 Peasant Dressy: ok siamo negli anni '70, ma sul serio, chi si metterebbe mai un vestito del genere, e come potrebbe mai piacere ad una bambina una bambola vestita come una ragazza di montagna durante la tradizionale festa della caciotta?
1972 Flying Colors: i colori si sprecano negli anni '70, e questo abito ne è la dimostrazione. Siamo sempre sulla scia abito tradizionale/country/montagna/Svizzera-Spagna-sola-andata. Questo abito mi fa pensare alla carta crespa che usavamo per fare i lavoretti a scuola, o quella carta arricciata che viene usata alle volte nelle composizioni floreali.
1985 Rockers Barbie: facciamo un salto di ben 13 anni, e troviamo due degli outfit davvero più hot di questa carrellata, perchè Barbie in versione rock fa sempre impressione, ma in questo caso ci sta tutta. Tutta l'eccessività (e il pacchiano) degli anni '80 in questa Barbie ribelle, tra ombretto esagerato, capelli cotonatissimi e colori abbaglianti.
1989 Pink Jubilee Barbie: direttamente uscita dal domopack. Fasciata in questo abito argento, che fa molto carta stagnola o principessa aliena, Barbie e i suoi immancabili brillozzi anni '80 (li ricordo anche sulle Barbie anni '90 di mia cugina), luccicano con questi capelli così biondi da sembrare quasi bianchi.
1991 Bob Mackie Starlight Splendor Barbie: dove siamo? al Carnevale di Rio? Può darsi, certo è che io questi abiti stile showgirl paiettata li ho sempre odiati. Decisamente bocciato questo outfit.
1995 Bob Mackie Goddess of the Sun Barbie: no vabbè, Barbie che si trasforma nella dea del sole mi mancava, e questo è l'abito più assurdo che io abbia mai visto. Sul serio, come può piacere a qualcuno questa cose assurdamente esagerata?
1996 Midnight Waltz Barbie: Barbie si trasforma in una sorta di principessa Sissi in questo terribile abito nero e bianco. I due colori insieme, continuamente intrecciati, appesantiscono l'abito, ed è tutto troppo pomposo,persino per Barbie. Quel giro di perle ovunque poi...
1996 Statue of Liberty Barbie: ebbene si, anche Barbie si è vestita da Statua da Libertà, ma non con un abitino verde stile pietra ossidata, ba fasciata dai colori della bandiera americana, ovviamente luccicanti, con corona e fiaccola color oro. Correggetemi se sbaglio, ma la Statua della Libertà non ha mica la borsetta...
1997 After the Walk Barbie: oggi ho fatto la scoperta di numerose Barbie dedicate alla Coca Cola, tutte con abiti dei primi del Novecento. Vogliamo parlare di questo stile gelataia vintage? Il rosso e il bianco insieme stanno così male...
1997 Country Rose Barbie: penso che i cinque outfit che arrivano adesso siano i più esilaranti. Partiamo da Barbie campagnola cantante country, tutta in rosso, di una "eleganza" che neanche la signora del West.
1997 George Washington Barbie: vi giuro che sono due ore che non riesco a smettere di ridere. Perchè questa è Barbie...vestita da George Washington...con la giubba fucsia. Devo commentare oltre?
1998 Rendezvous Barbie: vogliamo parlare di quanto sia fantastica Barbie vestita da regina delle squadrette e dei goniometri? Questa è azzardatissima, pacchiana, ma la comprerei al volo.
1999 Bob Mackie Le Papillon Barbie: è come se Malefica invece di un drago si trasformasse una farfalla, rigorosamente nera e rosa. Va bene il collezionismo, va bene la moda, va bene essere eccessive, ma questo è davvero troppo.
1999 Bob Mackie The Tango Barbie: colori meravigliosi, posa divina, quelle scarpette deliziose. Eccessiva e coraggiosa, mi piace davvero questa qui. Il viso però no, trasmette malinconia più che raffinatezza.
2001 Fire and Ice Barbie: solo a me questa regina delle olimpiadi invernali, da molto di Brigitte Nielsen? Adesso,somiglianze vip a parte, super sexy nella sua tutina brillantinata, questa Barbie si distacca molto dai canoni classici, e non solo lei...
2004 Lounge Kitties Collection Doll: Questa si che si allontana dai canoni classici della Barbie. Ed è anche la bambola più kitsch che io abbia mai visto. Nella sua tutina leopardata, con orecchie tanto di coda felpata, questo è il peggior outfit di Barbie di oggi. Amore, coraggiosa si, ridicola ti prego no...
2008 Batgirl Barbie: questa piacerebbe a mio fratello, patito di fumetti e di Batman. Questa Batgirl sberluccicante è davvero sorprendente, con mantello color oro che la rende la diva di sempre, anche vestita di pipistrello.
2008 Hard Rock Cafe Barbie: Barbie principessa non fa per voi? Allora eccola in versione punk, con capelli bicolore, calze a rete e abitino scozzese sexy. Ma siamo sicuri che sia Barbie?
2010 Pop Icon Barbie: concludiamo con una splendida, coraggiosa, eccessiva, autocelebrativa Barbie, dal viso anni '70/'80, una posa da diva, un abito splendido che si conclude in una ampia gonna dopo il tubino, che sembra la folta chioma bionda di Barbie stessa, con il suo faccino che spunta tra i boccoli biondi.
Insomma, comunque si vesta, Barbie riuscirà sempre ad attirare la nostra attenzione, nel bene e nel male, e sarà sempre la più coraggiosa nello scegliere i suoi abiti.
Non vorreste vivere nel suo armadio? Che poi, ne avrà solo uno di armadio Barbie, o la sua cabina armadio è una villa, come quelle di Mariah Carey e Paris Hilton?

domenica, aprile 13, 2014

Il Castello nel Cielo.

Cosa hanno in comune due bambini, una banda di pirati del cielo e un gruppo di militari del governo?
Sono gli ingredienti per raccontarvi de "Il Castello nel Cielo", il terzo film di cui parleremo nel nostro special domenicale dedicato allo Studio Ghibli.
Con molta curiosità mi sono accostato a questo film, che sinceramente non ho trovato come uno dei migliori, ma senza dubbio ricco di spunti interessanti.
La storia verte intorno a Sheeta, una bambina di tredici anni che porta con se un ciondolo con una pietra azzurra. Tutti vogliono quel ciondolo, e sono disposti a far di tutto per averla, per poter arrivare al regno di Laputa, una città volante sospesa nel cielo e ormai disabitata, seppur ancora piena di ricchezze.
In una ambientazione di montagna molto europea, Sheeta incontra Pazu, un bambino della sua età che la salverà in diverse occasioni durante il film. La bambina, che in realtà discende dalla famiglia reale di Laputa, viene inseguita dal governo e dal ricercatore Muska, e da una banda di pirati del cielo, capitanati dalla intrepida e furba signora Dola.
Alla fine quindi i personaggi principali sono solo quattro, e questo rende debole la narrazione in alcuni punti, perchè totalmente assenti i tanti personaggi di contorno che siamo abituati ad incontrare nel mondo dello Studio Ghibli.
E' vero, in film come Ponyo avevamo solo due personaggi principali, e con Kiki addirittura solo uno, ma nonostante "Il Castello nel Cielo" si presti ad avere una trama più intrigante ed elaborata dei due appena citati, il risultato non è lo stesso.
Il film è comunque gradevole, anche se, come in Nausicaa, le eccessive scene di spari e combattimenti con armi di ogni tipo, rendono in alcuni momenti noiosa la visione.
No, non è tutto da dimenticare di questo film, anzi, altrimenti non ne avrei neanche parlato. Quello che a mio parere è il tocco più bello della pellicola è costituito dai cattivi che diventano buoni, perchè la signora Dola e i suoi figli, che nei primi minuti del film vi staranno davvero antipatici, vi conquisteranno nella seconda parte del film. E' infatti grazie a loro che Sheeta e Pazu riusciranno a mettersi in salvo, e a distruggere Laputa prima che cada nelle mani del terribile Muska.
E' grazie a loro se i due bambini resteranno uniti, e affronteranno l'avventura più bella che abbiano vissuto.
Il personaggio di Dola rappresenta poi la forza femminile, che nel bene e nel male, è spesso maggiore di quella maschile.
Colpisce il fatto che ancora una volta i genitori dei protagonisti siano personaggi o totalmente marginali o morti, come accade spesso nelle pellicole dello Studio Ghibli. Abbiamo sempre bambini costretti ad affrontare tutto da soli, e che si dimostrano sempre più maturi degli adulti.
Dola però è anche madre, ma una madre fuori dagli schemi (non per niente è un pirata), e forse sarà questo a spingerla ad aiutare i due bambini, e a non pensare solo al ricco bottino da trafugare a Laputa.
Come una leggenda, questa terra, citata anche ne I viaggi di Gulliver, è ricca di segreti e misteri, di cose nascoste e di scoperte future, una sorta di Atlantide nel cielo.
Si, mi piace vederla così Laputa, e mi piace immaginare che lassù ci sia davvero una fortezza nascosta tra le nuvole, ricca di tesori e di pace.

giovedì, aprile 10, 2014

Coraggio, ci provo ancora una volta.

Si chiude un capitolo, costellato di molti successi sia sul piano letterario, ma anche cinematografico. Si chiude un'era che ha dato molto, anzi moltissimo a milioni e milioni di fan in tutto il mondo.
Per un momento abbiamo pensato che un successo del genere non si sarebbe ripetuto nuovamente, soprattutto con la stessa persona. Invece, mentre giri per gli scaffali della Laterza, scorgi in piccolo su un cartellone pubblicitario quelle due iniziali che hanno da sempre segnato la tua infanzia: J.K. Rowling.
Strizzi un po' gli occhi, guardi meglio e leggi, un po' più in alto, con un carattere ancora più grande Robert Galbraiith. Per un attimo resti un po' intontito, cerchi un collegamento nella tua mente e niente. Pian piano ti avvicini, lo prendi tra le mani e come per magia, sei nuovamente catturato nel suo mondo, che questa volta ritrae la Londra reale.
Beh, se non lo avete ancora capito, sto parlando de “Il Richiamo del Cuculo.”
La nuova fatica letteraria di J. K. Rowling cambia totalmente registro e stile rispetto a ciò a cui ci aveva abituato negli anni passati con la saga del piccolo maghetto. Qui si parla di un detective un po' strano, della sua assistente e di un omicidio da risolvere. Insomma i colpi di scena non mancano, la suspance, e la magia (solo nel senso lato questa volta) nemmeno.

Il primo caso per Cormoran Strike in questo romanzo di esordio di Robert Galbraith, pseudonimo di J.K. Rowling, autrice della serie di Harry Potter e de "Il seggio vacante". Londra. È notte fonda quando Lula Landry, leggendaria e capricciosa top model, precipita dal balcone del suo lussuoso attico a Mayfair sul marciapiede innevato. La polizia archivia il caso come suicidio, ma il fratello della modella non può crederci. Decide di affidarsi a un investigatore privato e un caso del destino lo conduce all'ufficio di Cormoran Strike. Veterano della guerra in Afghanistan, dove ha perso una gamba, Strike riesce a malapena a guadagnarsi da vivere come detective. Per lui, scaricato dalla fidanzata e senza più un tetto, questo nuovo caso significa sopravvivenza, qualche debito in meno, la mente occupata. Ci si butta a capofitto, ma indizio dopo indizio, la verità si svela a caro prezzo in tutta la sua terribile portata e lo trascina sempre più a fondo nel mondo scintillante e spietato della vittima, sempre più vicino al pericolo che l'ha schiacciata. Un page turner tra le cui pagine è facile perdersi, tenuti per mano da personaggi che si stagliano con nettezza. Ed è ancora più facile abbandonarsi al fascino ammaliante di Londra, che dal chiasso di Soho, al lusso di Mayfair, ai gremiti pub dell'East End, si rivela protagonista assoluta, ipnotica e ricca di seduzioni.
Il coraggio della Rowling è stato quello di ricominciare, con un nuovo libro, con un nuovo argomento, con un nuovo pubblico, totalmente diversi dai precedenti. Penserete, be, tutti gli scrittori lo fanno. E' vero, ma dopo un successo che ha cresciuto una intera generazione, cambiare pubblico e direzione letteraria è davvero rischioso, è stata una scommessa, vinta.
Beh, che dire, piccoli fan di Harry, ormai cresciuti, buona lettura, siate coraggiosi anche voi, iniziando questa nuova avventura.