domenica, febbraio 22, 2015

Whiplash. La strada per il successo può portarti al limite.


Whiplash è un concentrato di passione, dolore, sogni prima infranti poi realizzati, solitudine, dedizione.
Racconta di un ragazzo di diciannove anni, Andrew, che rinunciando agli amici, a un’eventuale fidanzata e a una famiglia unita, si consacra completamente al jazz e alla sua batteria, e del direttore d’orchestra del conservatorio di Manhattan, Terence Fletcher, che diventerà il suo incubo e allo stesso tempo la sua salvezza, colui che lo porterà pericolosamente all’estremità del trampolino, sfidandolo a saltare, così come si vede nella locandina del film.
Vediamo Andrew lottare per il posto da titolare nell’orchestra del suo tanto odiato e amato maestro come se stesse combattendo per sopravvivere, i primi piani della telecamera sulle sue mani distrutte e insanguinate dopo ore di prove che lo portano al limite della follia e lo vediamo costretto a litigare con i suoi amici di sempre, entrambi con una brillante e noiosa carriera davanti, perché si convincano che anche il suo, soprattutto il suo, sarà un futuro magnifico, una vita non sprecata che tutti ricorderanno. Perché Andrew vuole proprio questo: fare qualcosa che lo renderà famoso, degno di essere ricordato da tutti, essere uno dei grandi, il nuovo Buddy Rich.

Fletcher, interpretato da un J.K Simmons dai lineamenti duri, perfetto in questo ruolo, con i suoi comportamenti dittatoriali, molto spesso violenti, porterà Andrew (un giovanissimo e fantastico Miles Teller) al limite, rendendolo quasi malato, quella che prima era passione si trasformerà in pura ossessione e Andrew, colmo di rabbia verso se stesso e gli altri, comincerà a isolarsi sempre di più, fino a respingere anche Nicole, la ragazza di cui è innamorato.
"I was there to push people beyond what's expected of them. I believe that's an absolute necessity."
Whiplash, senza mai diventare scontato o noioso, pieno di colpi di scena in grado di tenere gli spettatori in uno stato di sottile ansia per tutta la durata del film e accompagnato da un magnifico jazz, costruendo un’intera storia intorno a due soli personaggi, complicati, profondamente umani, è un inno alla passione più primitiva e violenta che ci sia, ma soprattutto è un inno ai sogni, tante volte infranti, ma qualche volta realizzati.  

martedì, febbraio 17, 2015

Before Midnight

Titolo Originale: Before Midnight
Attori principali: Ethan Hawke, Julie Delpy
Regia: Richard Linklater
Sceneggiatura/Autore: Richard Linklater, Ethan Hawke, Julie Delpy
Genere: Drammatico, Commedia, Romantico
Durata: 108 minuti
Jesse (Ethan Hawke), Céline (Julie Delpy) e le loro bellissime bambine sono il ritratto della felicità e della famiglia perfetta. Tuttavia, quando le loro indimenticabili vacanze estive in Grecia volgono al termine, Céline e Jesse si rendono conto di non essere più i giovani e spensierati innamorati di un tempo. Lavoro e famiglia hanno lasciato il segno e il rientro a Parigi significa ritornare a una vita che nessuno dei due vuole più. La notte prima di ripartire Céline e Jesse affronteranno le paure più oscure legate all'amore, al senso di dovere e al matrimonio, per prendere una decisione finale: continuare a stare insieme o lasciarsi per sempre. Ponendosi le domande più difficili della loro esistenza, capiranno se seguire il cuore è stata la scelta giusta da fare.

Ultimo capitolo della trilogia "Before", siamo nel 2013 e Jesse e Celine ormai quarantenni, stanno insieme da quel pomeriggio parigino che chiudeva lo scorso film. Adulti e genitori sono presi questa volta dai problemi di una coppia vera e non più dalle teoriche problematiche del loro possibile rapporto.
Le cose di cui discutono oggi non sono più i sogni dei ventenni o il desiderio dei trentenni di cambiare il mondo.
Lo sguardo verso la vita è disilluso. Bisogna fare i conti con la realtà,  la vita di coppia, i figli, il lavoro.
Forse il più concreto dei tre film, che stravolge un po' gli schemi dei precedenti.
Giusta evoluzione della storia dei due protagonisti, così vicini e così lontani, così sognatori e così concreti, così innamorati da non accorgersene a volte.
Jesse e Celine attraversano circa un ventennio con la loro storia dimostrando come nel cinema i personaggi possono evolversi pur restando fedeli a loro stessi.
La trilogia è perfetta nonostante la grande distanza di tempo tra i film, e più che una storia con dei seguiti è la frammentazione di un'unica storia in tre pellicole, non diluendosi e non dilungandosi, e raccontando in soli tre giorni, anche se in tre decenni diversi, la vita di due persone, con una magia e una semplicità che rende questo viaggio parte delle vite del pubblico per sempre, e vi sembrerà davvero di aver dormito nel parco a Vienna, di aver passeggiato a Parigi, e di aver cenato ad un tavolino su una terrazza in Grecia.

lunedì, febbraio 16, 2015

Violator, Depeche Mode

Dal sound nuovo, frizzante ed unico, Violator è il settimo album realizzato in studio dai Depeche Mode, pubblicato il 19 marzo del 1990.
Completamente diverso dai lavori precedenti, si può definire il capolavoro della band, consacrata ormai a livelli internazionali. Il titolo stile heavy-metal, affermerà Martin Gore, era in realtà uno scherzo, ma molti pensarono che il gruppo volesse intraprendere il cammino dei cattivi ragazzi.
In effetti così appare: i Depeche Mode cambiano il loro stile grazie alla collaborazione con Anton Corbijn , i testi si spingono oltre e le tracce sono cupe e dark.
Il tour che seguì, il “The World Violation Tour”, fu l'inizio di un tunnel oscuro intrapreso dagli stessi membri della band, a livello fisico e psicologico, che sarebbe poi culminato con Songs of Faith and Devotion.

Violator è un lavoro che spicca per la sua unicità. Impossibile dimenticarsene. Registrato tra Milano, la Danimarca e Londra, presenta nove tracce da ascoltare tutte d'un fiato. Nessuna appare scontata, ognuna è diversa e lascia dietro di sé qualcosa.
Non a caso Violator contiene alcune delle canzoni più importanti che i Depeche Mode stessi hanno realizzato, quelle indimenticabili, con i video più famosi e usate da altri gruppi per numerose cover.
Il primo singolo pubblicato fu Personal Jesus dal sound blues e glam-rock, il cui video, in pure stile spaghetti western, fu trasmesso da MTV ininterrottamente. Come avrebbe spiegato Gore successivamente, questo brano fu ispirato dal ritratto che Priscillia Presley aveva fatto al marito Elvis e dal modo in cui lo considerasse il suo dio personale. Il principio appunto che il cuore di un individuo è una divinità, un concetto d'amore, così pericoloso e poco equilibrato.

Secondo singolo fu Enjoy the Silence, canzone per eccellenza che avrebbe connotato la band in tutto il mondo. Ancora oggi è un inno alla devozione per i Depeche e il brano più richiesto ai concerti.
Anton Corbiij diede il tocco finale realizzando per la band il suo video più celebre. Gli venne in mente di ritrarre Dave Gahan vestito da re con una sedia sdraio che attraversava campi deserti, l'idea era quello di rappresentare la possibilità di trovare pace ovunque senza aver bisogno del denaro.

Il successo della band diventò sempre più estremo e diffuso, i fan crebbero e diventò impossibile anche solo firmare copie in un cd store. Violator si affermò come “album della bellezza oscura e cinematografica, che varia dal fascino di inni come Sweetest Perfection ed Halo, fino alla progressione minacciosa di World In My Eyes, passando per il senso di oppresione isterica di Clean.

I testi di Gore sono esaltati dalla voce ricca e profonda di Gahan, e da tutta l'inafferrabile atmosfera che la circonda. Colpa, immoralità, magia nera, voyeurismo, potere e fede sono tutti elementi di Violator”.

sabato, febbraio 14, 2015

Perche' ti amo


Perche' ti amo, di notte son venuto da te
cosi' impetuoso e titubante
e tu non me potrai piu' dimenticare
l' anima tua son venuto a rubare.

Ora lei e' mia - del tutto mi appartiene
nel male e nel bene,
dal mio impetuoso e ardito amare
nessun angelo ti potra' salvare.

~ Herman Hesse ~

domenica, febbraio 08, 2015

Torta paradiso


Ingredienti:
- 4 uova;
- 4 cucchiai di acqua bollente;
- 1 scorza di limone;
- 1 pizzico di sale;
- 180 g di zucchero;
- 120 g di farina;
- 120 g di fecola;
- 200 ml di olio di semi o margarina;
- 1 lievito.

Procedimento.
Lavorare le uova con il sale, montare per bene, aggiungere e lavorare lo zucchero e poi con l'acqua.
Aggiungere farina, la fecola e il lievito. Mescolare per bene e poi aggingere la scorza di limone e l'olio.
Imburrate ed infarinate una tortiera (meglio se uno stampo a cerchio apribile) e versatevi l’impasto ottenuto; ponetela nel forno già caldo per almeno 50 minuti.
Sfornate e lasciate raffreddare.Quando sarà fredda dividetela in due,farcitela di panna montata,chiudete con l’altro disco e spolverizzate con zucchero a velo.

sabato, febbraio 07, 2015

Questa è l'acqua


“Ci sono due giovani pesci che nuotano e a un certo punto incontrano un pesce anziano che va nella direzione opposta, fa un cenno di saluto e dice: – Salve, ragazzi, com'è l'acqua? – I due pesci giovani nuotano un altro po', poi uno guarda l'altro e fa: – Che cavolo è l'acqua?”

Primo giorno di scuola del terzo anno delle superiori, primo liceo del classico, ultima ora di una giornata infinita, tra presentazioni di nuovi professori e minuti di vuoto, arrivano finalmente le 12: un’ora e saremo liberi. Entra la nuova professoressa di lettere, nessuno si muove sulla sedia, sembriamo come impietriti, è come se qualcuno ci stesse tenendo bloccati nel banco.
Si siede alla cattedra, ha una faccia dura, difficile da interpretare, nota fin da subito il nostro timore.
“Voglio leggervi il pezzo finale di questo libro, è il discorso che l’autore ha fatto qualche anno fa a un gruppo di laureandi di un college americano”, guardo il sottile volume che ha in mano: Questa è l’acqua di David Foster Wallace. Il silenzio diventa, se possibile, ancora più forte, dominato dall’ansia e, forse, anche dal desiderio di ascoltare. Legge le prime parole, le prime frasi: è stato immediatamente amore.

“E date retta a me, il valore schietto e reale della vostra cultura umanistica dovrebbe essere proprio questo: impedirvi di trascorrere la vostra comoda, agiata, rispettabile vita da adulti come morti, inconsapevoli, schiavi della vostra testa e della vostra naturale modalità predefinita che vi impone una solitudine unica, completa e imperiale giorno dopo giorno”

Vi ho raccontato come ho conosciuto questo libro perché da quel giorno ha assunto per me un significato particolare, per alcuni mesi non ho avuto neanche il coraggio di aprirlo, avevo paura che gli altri racconti avrebbero rovinato l’idea che mi ero creata del libro e dell’autore, e anche perché spero di potervelo descrivere, raccontare con la stessa passione, lo stesso amore con cui ce l’ha raccontato la nostra professoressa quel primo giorno di scuola.

Cominciamo col dire che Questa è l’acqua è una raccolta di sei racconti scritti tra il 1984 e il 1991 di cui l’ultimo è la trascrizione del discorso per il conferimento delle lauree tenuto al Kenyon College nel 2005 da Wallace, e che è la prima volta che provo a parlare di una raccolta di racconti, mi è sempre apparso terribilmente difficile dare una visione d’insieme di un libro frammentato in più pezzi, ma i racconti di questo libro sembrano tutti uniti fra loro da un unico filo conduttore, da una linea direttrice che ci conduce attraverso un percorso, un sentiero ben definito, ci racconta le più disparate condizioni umane, che siano felici, disperate, insolite, semplici, complicate, apparentemente scontate Wallace le affronta con sguardo passionale, instancabile, surreale e disincantato allo stesso tempo, come quello dei bambini.
Il primo racconto è Solomon Silverfish.  Rischiando di essere poco oggettiva, dirò che questo è forse il mio preferito, non posso non dirlo. Quella che ho letto, arrancando pagina dopo pagina, tornando indietro a rileggere pezzi troppo speciali o troppo complicati per essere letti una volta sola, e costringendomi ad andare avanti dopo esser stata ferma per dieci minuti su una frase, una parola, una virgola, può essere definita solo come una bellezza dolorosa, quella stessa bellezza che ti risucchia mentre leggi, ma che poi ti lascia con l’amaro in bocca alla fine, sempre.
Poi si cambia completamente visuale passando da Altra matematica a Il pianeta Trillafon in relazione alla Cosa Brutta, che è in assoluto il primo testo pubblicato da Wallace, in cui l’autore affronta per la prima volta il tema della depressione attraverso la narrazione semplice, scorrevole, “assonnata” e in prima persona di un ragazzo sotto l’effetto dei farmaci che si autodefinisce “un soldatino pieno di problemi”.

E dopo Crollo del ’69 e Ordine e fluttuazione a Northampton arriva finalmente, in chiusura, Questa è l’acqua. Ci sarebbero da scrivere infinite pagine su questo discorso, su questo unico, speciale discorso in cui Wallace ha racchiuso quella che era la sua semplice, “poco ispirata e poco divertente” concezione della vita, e da spendere infinite parole, ma la verità è che non ci sono tante pagine da scrivere o tante parole da spendere, perché il discorso di Wallace non è altro che un invito, una preghiera a vivere. A vivere liberi dalle proprie modalità predefinite, che non sono altro che tutte quelle false libertà che ci costruiamo fingendo di essere felici, mettendo noi e sempre e solo noi con i nostri ambiziosi progetti e i nostri assoluti bisogni al centro di tutto, essendo “i sovrani dei nostri minuscoli regni formato cranio”. Un invito ad attribuire con consapevolezza un significato a ogni esperienza, un significato che vada oltre il già scritto, il già detto, il già deciso, facendo ogni volta, giorno dopo giorno, una scelta senza lasciare che il nostro cervello agisca in automatico, “in modalità predefinita”, a non vivere come morti inconsapevoli che non possono far altro che accettare la loro infinita, “completa ed imperiale solitudine”.
Wallace chiude dicendo che la cultura, la vera cultura, non quella dei voti e dei titoli di studio, riguarda “la consapevolezza di ciò che è così reale e essenziale, così nascosto in bella vista sotto gli occhi di tutti da costringerci a ricordare di continuo a noi stessi: “Questa è l’acqua, questa è l’acqua”.

martedì, febbraio 03, 2015

"Ciò che resta" di Aldo Calò Gabrieli

Ciò che resta
Aldo Calò Gabrieli
Falvision Editore
★★★★★
Disegni di Aldo Calò Gabrieli
Musiche di Riccardo Rinaldi, Claudio Ciaccioli, Andrea Casale






“Ciò che resta” è intreccio di parole, immagini e musica. Sette sezioni scritte tra il 2008 e il 2010, disegni in bianco e nero (a colori nella versione multimediale) realizzati dall'autore stesso e intitolati ed un cd con sette tracce musicali, appositamente composte, con influenze jazz ed elettroniche. Un modo nuovo per accompagnare la poesia alla musica e lasciarci entrare in un universo impregnato di amore, il principio della vita stessa.
Del resto cosa sarebbe la vita se tale principio non ci fosse? E' l'amore stesso, ci insegna l'autore, ad avvicinare l'essere umano sempre più all'inattuabile perfezione.
Una ricerca continua, essenziale per l'uomo, essenziale per vivere.
Una raccolta impeccabile, ricca di versi trasudanti di emozioni nei quali è impossibile non rivedersi.

In queste sette sezioni che ci accompagnano nella lettura, l'amore è dolore, perdita, ritorno, ritrovo, struggimento, consapevolezza. E' una battaglia continua in cui si vince e poi si perde, è una prigionia dolce e amara. E' impossibilità di scegliere, è un'agonia.
Aldo Calò Gabrieli ci guida in ogni stato d'animo, in ogni dubbio, in ogni speranza che l'amore scatena in noi stessi. E' un poeta del cuore che rincorre la sua donzella così lontana, così perduta. Si strugge nel ricordo, nell'immobilità, sporca il foglio, sporca il bianco, sporca il nero, la rende versi, la trasforma. Ma Lei è sempre lì, a lasciare quel vuoto che sembra scavare un solco irreparabile.
E' un tormento, è un sogno ricorrente.

Come posso tornare alla mia vita se lei era la mia vita?”: questa raccolta è l'essenza dell'altro lato dell'amore, quello vero, quello sentito, quello che resta sempre.
L'amore, quello vero, è
ciò che resta
quando tutto finisce,
quando il fuoco della passione
e l'estasi dell'innamoramento
si sono spenti e fioriti.
Quando l'infatuazione, la voglia
di restare, il desiderio
denso dell'altro
non sono che passati, affiliati
dal dolore, aguzza selce di una vita.
[..]E' ciò che rimane al volgere
di un nuovo inizio,
al rattoppare delle vesti,
allo sfogliare delle prime pagine.”

Aldo Calò Gabrieli ci dà immagine di come l'amore vive la quotidianità, come il dolore affronta lo scorrere dei giorni, del tempo inesorabile, perché nessuno è pronto per la vita. E' cercare una traccia di felicità per allontanare quel peso che ci grava sul petto: la noia, la consapevolezza del finito, della morte, di una lotta che finisce.
L'amore è motore delle emozioni, è ossessione in grado di darci la spinta e farci saltare nel flusso della vita.
L'autore analizza le sue fasi, i dubbi, i sentimenti che lascia e porta con sé. L'amore ci costa dolore, lacrime e disincanto, è sconforto, caduta, è nascondersi.
C'è la pioggia e poi dopo la tempesta, la sconfitta e la battaglia interiore, arriva il refrigerio.
Quando finisce un qualcosa, qualunque cosa,
non ci rimane altro che noi stessi
con i nostri pensieri, i nostri ricordi, i nostri rimpianti
a cui aggrapparci per non desistere,
ma resta anche la nostra intimità,
il nostro corpo,
risvolto della nostra fragilità,
dal quale prendere nuova forza
per superare il finito, ricordare quel che è rimasto
e aprirsi sempre più al mistero del nuovo.”
Perché le vere risposte sono nel nostro Io e accanto al buio, c'è sempre una piccola luce.

E' la dura la legge del cuore l'andare e il venire delle onde, ma non lasciare che sulla memoria il ticchettio abbia la meglio.”

domenica, febbraio 01, 2015

Sufflè al cioccolato


Ingredienti:
- 400 g cioccolato fondente;
- 100 g cioccolato al latte:
- 150 g panna liquida;
- 50 g di zucchero;
- 5 uova;
- 100 g di farina
- 100 g di burro o margarina.

Procedimento.
Sciogliere i due tipi di cioccolata a bagno maria e aggiungere la panna.
Montare le uova con burro, zucchero e farina, e cucinare le uova, senza farle rapprendere, nel pentolino.
Mischiare il tutto, versare il contenuto nei pirottini di stagnola oliati ed infarinati.
Infornare a 180° per dieci minuti.

Se invece volete congelarle l'impasto, potete farlo ma con l'impasto a crudo.

Editoriale Febbraio 2015


Just try to understand
I've given all I can
'Cause you got the best of me

Il calendario scorre veloce e mi ritrovo già a scrivere l'editoriale di Febbraio.
Il mese dell'amore, ma non solo.
A mio parere febbraio è il vero primo mese dell'anno, il mese in cui iniziamo davvero a fare i conti con la realtà. A gennaio rimaniamo incastrati in quell'atmosfera post festa, tra i regali da goderci, i cibi da digerire, le decorazioni che non vogliamo togliere e quest'anno con un freddo gelo che neanche in un film sul Natale.
A febbraio dobbiamo davvero renderci conto cosa faremo nei prossimi mesi, e no, non sto parlando già di organizzare le vacanze estive.
A febbraio vi daremo tantissimi libri da leggere, film da vedere, musica da ascoltare, perchè vogliamo davvero svegliare le vostre coscienze e spiriti dopo il torpore delle feste.
E vogliamo parlare d'amore ovvio, perchè siamo degli inguaribili romantici...

Keep on pushing me baby
Don't you know you drive me crazy
You just keep on pushing my love
Over the borderline