domenica, aprile 19, 2015

Latin Lover

Titolo Originale: Latin Lover
Attori principali: Angela Finocchiaro, Virna Lisi, Valeria Bruni Tedeschi, Marisa Paredes, Candela Peña, Francesco Scianna, Jordi Molla, Lluís Homar, Neri Marcorè, Claudio Gioè, Toni Bertorelli, Pihla Viitala, Nadeah Miranda, Cecilia Zingaro
Regia: Cristina Comencini
Sceneggiatura: Cristina Comencini, Giulia Calenda
Genere: commedia
Durata: 114 minuti  
Saverio Crispo, il grande attore del cinema italiano, un genio, come lo definisce il critico Picci, è morto dieci anni fa. Le sue quattro figlie, avute da mogli diverse in altrettante parti del mondo, si radunano nella grande casa del paesino pugliese dove l'attore è nato. La figlia italiana con il compagno di cui è fidanzata clandestina. La figlia francese, con il più piccolo dei tre figli avuti da tre padri diversi. La figlia spagnola, l'unica sposata, con un marito impenitente traditore. E l'ultima figlia svedese che il padre non l'ha quasi mai visto. Arrivano anche le due vedove, la prima moglie italiana che se lo è ripreso e curato in vecchiaia, e l'attrice spagnola che lo ha sposato ai tempi dei western all'italiana. Nessuna delle figlie ha conosciuto veramente il grande padre che ognuna ha mitizzato e amato nelle epoche diverse della sua trionfale carriera. Nel mezzo dei festeggiamenti, quando ancora è attesa la quinta figlia, l'americana riconosciuta con la prova del Dna, irrompe invece Pedro del Rio, lo stunt che pare conoscere l'attore meglio di chiunque altro. Tra conferenze stampa, proiezioni, rivelazioni notturne di segreti, le donne del grande divo rivaleggiano, si affrontano, in un crescendo di emozioni e situazioni tragicomiche. 

Prendete uno di quei grandi attori del cinema italiano,  quello vero di una volta, quello che purtroppo non c'è più, prendete la storia della sua vita, tra mogli, ex mogli, amanti, figli e nipoti. E poi immaginate di unirle tutte insieme nella stessa casa, mogli tradite e abbandonate, sorellastre che non si vedono da anni e che un po' si odiano, perché la mamma di una ha rubato il marito alla mamma dell'altra.
Tutte insieme, riunite per una commemorazione in memoria del famoso attore, il punto d'unione di queste donne così diverse, un uomo amato dal pubblico, stimato dai colleghi, forse un po' dimenticato in una Italia di oggi che non è mai riconoscente con chi l'ha resa grande.
Immaginate tutto questo, uniteci un giornalista giovane alla ricerca di scoop inediti sul defunto artista, un genero infedele ed un amante gay e avrete come risultato la più bella commedia italiana degli ultimi dieci anni.
Quel sapore di famiglia tradizionale ma moderna, quei ricordi di un'epoca d'oro ormai passata, quella comicità amara della vecchia commedia all'italiana, pungente e ironica. Un film corale che parla di un uomo visto dalle sue donne, le donne che lo hanno amato e a volte anche odiato.
Splendide attrici italiane e non (tra cui anche Virna Lisi nel suo ultimo ruolo cinematografico), che hanno saputo raccontare attraverso la loro bravura una storia che può piacere davvero a tutti, ridando dignità al cinema italiano, ormai invaso solo da becere e volgari commedie o inutili film drammatici senza senso.

sabato, aprile 11, 2015

Cenerentola

Titolo Originale: Cinderella
Attori principali: Lily James, Richard Madden, Cate Blanchett, Helena Bonham Carter
Regia: Kenneth Branagh
Sceneggiatura: Aline Brosh McKenna, Chris Weitz
Genere: drammatico, avventura, fantastico, sentimentale
Durata: 112 minuti  
Il nuovo film Disney Cenerentola racconta la storia di una giovane ragazza (Lily James) figlia di un mercante. Dopo la morte di sua madre, suo padre si risposa e lei, per dimostrargli il suo affetto, accoglie in casa la matrigna (Cate Blanchett) e le sue figlie, Anastasia (Holliday Grainger) e Genoveffa (Sophie McShera). Ma quando improvvisamente suo padre muore, Cenerentola si ritrova alla mercé di tre donne gelose e malvage. Relegata alla stregua di una serva coperta di cenere e stracci, Cenerentola potrebbe facilmente perdere ogni speranza. Invece, nonostante le crudeltà di cui è vittima, desidera solo onorare le parole pronunciate da sua madre sul letto di morte, che le raccomandava di "avere coraggio ed essere gentile". La giovane fanciulla non intende disperarsi né disprezzare chi la maltratta. E poi c'è l'affascinante straniero che incontra nel bosco. Senza sapere che si tratta di un principe, e non di un semplice apprendista del Palazzo Reale, Cenerentola sente di aver incontrato la sua anima gemella. E quando i reali invitano tutte le fanciulle del regno a partecipare a un ballo, spera che il suo destino stia finalmente per cambiare e di poter nuovamente incontrare l'affascinante principe (Richard Madden). Purtroppo la sua matrigna le proibisce di andare al ballo, strappandole l'abito che avrebbe dovuto indossare. Ma come in tutte le favole che si rispettino, qualcuno accorre in aiuto: una gentile mendicante (Helena Bonham-Carter) si fa avanti e, con una zucca e qualche topolino, cambierà per sempre la vita di Cenerentola.
 
Tra fiaba e romanzo, la storia di Cenerentola, che ha fatto sognare tante generazioni di bambini (e non solo!), viene magistralmente portata sul grande schermo dalla Disney nel nuovo live action.
La storia è pressoché uguale a quella del cartone, il classico per eccellenza, ma con una particolarità di nuovi piccoli aneddoti qua e la che rendono la storia più scorrevole e anche a mio parere meno triste.
Il cast è strepitoso e ogni attore è perfetto nella sua parte, specie Cate Blanchett nel ruolo della matrigna, parte indispensabile in questa storia.
Le due sorellastre non le odierete,  tanto goffe e stupide da farvi divertire.
Vi innamorerete del principe azzurro, talmente bello e grande di cuore da farvi venire le farfalle nello stomaco.
Ed Ella è un po' tutti noi sognatori, così positiva anche nei momenti più bui da darvi la forza di non arrendersi mai. Una storia che valorizza una persona buona e onesta anche con chi non se lo merita, che ricorda ai bambini (e si spera anche ai grandi) che bisogna fare affidamento sulle proprie forze e non sulle debolezze degli altri.
In aggiunta la storia d'amore tra i genitori di Ella rende ancor più magica questa fiaba.
Lontano dal pessimo Maleficent dello scorso anno, che in poco più di un'ora distrugge un classico Disney, il nuovo Cenerentola da nuovo appeal ad una storia che piace a tutti e che non invecchia mai.

mercoledì, aprile 08, 2015

Non sposate le mie figlie

Titolo Originale: Qu'est-ce qu'on a fait au Bon Dieu?
Attori principali: Christian Clavier, Chantal Lauby, Ary Abittan, Frédéric Chau, Frédérique Bel, Élodie Fontan
Regia: Philippe de Chauveron
Sceneggiatura: Philippe de Chauveron, Guy Laurent
Genere: Commedia
Durata: 108 minuti
Claude e Marie sono una coppia cattolica e borghese con 4 figlie, le prime tre hanno sposato figli di immigrati: un algerino, un cinese e un ebreo. Sperano quindi che la figlia più piccola scelga un compagno francese quindi bianco e cattolico. Quando la ragazza annuncia ai genitori di volersi sposare non rivela loro che il fidanzato è un ivoriano, causando un certo disagio nella coppia ma anche una certa preoccupazione nei cognati, quello che non si aspettano è che anche il padre dello sposo ha delle riserve riguardo questo matrimonio.

Se siete stanchi dei soliti luoghi comuni americani e della solita comicità spicciola nostrana, ma sentite la necessità di andare al cinema per ridere e divertirvi dovete dare una possibilità alla nuova commedia francese. Noi italiani spesso erroneamente additiamo il cinema francese come snob e noioso, ma c'è tanta comicità garbata e moderna da scoprire.
Un magistrale esempio è "Non sposate le mie figlie", negli scorsi mesi nei cinema italiani, che ritrae una famiglia borghese e tradizionalista francese alle prese con l'amore delle quattro figlie per mariti non francesi e non cattolici.
Una commedia spinosa ma divertente sull'accettazione delle religioni e delle tradizioni in una famiglia allargata molto litigiosa ma infondono molto legata.
I due genitori, il burbero padre e la svampita madre, sono costretti a "concedere in mogli" le prime tre figlie ad un ebreo, un algerino ed un cinese. Quando la quarta decide di sposare un cattolico finalmente, la famiglia viene stravolta dalle origini del quarto genero/cognato.
Pungente, ironica, divertente, a tratti cattiva ma mai volgare o noiosa, questa commedia francese affronta temi importanti come tolleranza e rispetto con spirito arguto e intelligente.
Il film è stato un grande successo in Francia, diventando uno dei dieci incassi migliori di sempre.

martedì, aprile 07, 2015

Anime Salve


Stavolta per raccontarvi quello che mi passa per la mente e per riempirvi la testa di cose che sicuramente piacciono a me, ma che spero piacciano (un po') anche a voi, comincerò da un punto di partenza diverso dal solito, che proprio perché nuovo rappresenta una sorta di sfida, di rischio, di cui non conosco l'esito finale, e di conseguenza non posso far altro che sperare che da questo particolare esperimento esca qualcosa di decente. Questa volta, dicevo, userò come trampolino di lancio l'articolo di Gabriele sul disco di De André "La buona novella", che potete leggere qui, in una sorta di collaborazione a distanza, di percorso a tappe alternate che cercheremo di incastrare l'una con l'altra.

Riprendendo il filo del discorso di Gabriele, faccio qualche passo e vado avanti di qualche anno, precisamente fino al 1996, al disco forse più famoso di De André, considerato tra l'altro il suo testamento spirituale, il suo regalo finale a un mondo disordinato: Anime Salve. In molti, in passato, mi hanno detto che questo è forse il più "commerciale" dei dischi del cantautore di Genova, ma io ho sempre risposto, con la classica irrazionalità tipica di un innamorato perso, che, benché non credo sia vero, non mi interessa neanche, non mi interessano altro che quelle musiche provenienti dal Brasile, dalla Genova antica, da tradizioni mediterranee e balcaniche che mi emozionano ogni volta come se fosse la prima, quei testi che sono storie di vita, di strada, di porti, di mari e ancora storie di umili, di dimenticati, di solitudine.
Anime Salve
è, così come l'ha chiamato lo stesso De André, un 'elogio della solitudine', non una solitudine che separa, annienta, uccide, ma una solitudine che permette di staccarsi dalla cattiveria dell'uomo organizzato in masse, in gruppi, in maggioranze opprimenti, soffocanti. Una solitudine che, anche se dolorosa, fa essere liberi e non prigionieri. Una solitudine raccontata in tutte le sue forme: quella dei Rom di Khorakhané, quella del transessuale di Prinçesa, e dell'innamorato disperato di Dolcenera.

In un disco che ha le parvenze confuse di una grande opera letteraria, De André sembra compiere quasi un viaggio nell'anima più profonda del mondo degli ultimi, da lui tanto amati e tanto cantati, dei derelitti, degli appartenenti alle minoranze per destino o per scelta, cambiando scenario di canzone in canzone e ricamando parole a volte delicate, a volte schiette e arrabbiate, su melodie d'altri tempi. Si passa con leggerezza dalla Sardegna violenta di Disamistade, alla Genova inondata di Dolcenera, fino ad arrivare alla bella Nina di Ho visto Nina volare, piccolo amore di un De André bambino.


« [Anime salve] trae il suo significato dall'origine, dall'etimologia delle due parole "anime" "salve", vuol dire spiriti solitari. È una specie di elogio della solitudine.
Si sa, non tutti se la possono permettere: non se la possono permettere i vecchi, non se la possono permettere i malati. Non se la può permettere il politico: il politico solitario è un politico fottuto di solito. Però, sostanzialmente quando si può rimanere soli con se stessi, io credo che si riesca ad avere più facilmente contatto con il circostante, e il circostante non è fatto soltanto di nostri simili, direi che è fatto di tutto l'universo: dalla foglia che spunta di notte in un campo fino alle stelle. E ci si riesce ad accordare meglio con questo circostante, si riesce a pensare meglio ai propri problemi, credo addirittura che si riescano a trovare anche delle migliori soluzioni, e, siccome siamo simili ai nostri simili credo che si possano trovare soluzioni
anche per gli altri. [...]

                  (Fabrizio De André, Elogio della solitudine, tratto da Ed avevamo gli occhi troppo belli)

E come un padre lascia in dono al figlio la propria saggezza, il proprio amore, la propria visione del mondo, De André ci lascia, con l'ultimo brano del disco, Smisurata preghiera, il suo messaggio definitivo, in un immenso atto d'amore che non può far altro che lasciarti con una tristezza incontrollabile e infinita, una tristezza che può procurarti solo una preghiera, appunto. Una preghiera collettiva, oppure una preghiera di un padre arrabbiato per il dolore che il figlio ha dovuto sopportare e preoccupato che possa soffrire ancora. Una preghiera smisurata perché senza confini di spazio, di tempo, disperata, d'amore verso le minoranze, e di cui non si conosce il destinatario, forse quello che in molti chiamano Dio, o magari la fortuna, la sorte. Ma in fin dei conti si sente solo una voce, potente, profonda, e se vi mettete bene in ascolto, vi sembrerà forse arrabbiata, accompagnata da un sottofondo che, nonostante sia appunto un sottofondo, non passa inosservato, perché quando la voce si ferma, la musica continua, in un crescendo che inonda, spazza via tutto e mette fine al disco.

" L'ultima canzone dell'album è una specie di riassunto dell'album stesso: è una preghiera, una sorta di invocazione... un'invocazione ad un'entità parentale, come se fosse una mamma, un papà molto più grandi, molto più potenti. Noi di solito identifichiamo queste entità parentali, immaginate così potentissime come una divinità; le chiamiamo Dio, le chiamiamo Signore, la Madonna. In questo caso l'invocazione è perché si accorgano di tutti i torti che hanno subito le minoranze da parte delle maggioranze.
Le maggioranze hanno la cattiva abitudine di guardarsi alle spalle e di contarsi... dire "Siamo 600 milioni, un miliardo e 200 milioni..." e, approfittando del fatto di essere così numerose, pensano di poter essere in grado, di avere il diritto, soprattutto, di vessare, di umiliare le minoranze. La preghiera, l'invocazione, si chiama "smisurata" proprio perché fuori misura e quindi probabilmente non sarà ascoltata da nessuno, ma noi ci proviamo lo stesso."

Mi scuso se ancora una volta non sono riuscita ad essere obbiettiva, formale, precisa nel dare informazioni e giudizi, se qualcuno di voi me lo facesse notare, gli darei senza dubbio ragione, ma come sanno bene quelli che hanno la sfortuna di avermi spesso intorno, quando si parla di De André, non ho obbiettività, formalità o precisione, ma solo, come dicevo prima, la classica irrazionalità tipica di un innamorato perso e quindi, anche se non volete, dovrete perdonarmi.