martedì, settembre 29, 2015

Quando la Natura diventa Alta Moda

Può la natura ispirare la moda? O è la moda ad ispirarsi alla natura?
Riuscireste a guardare un cielo stellato o la forza prorompente del fuoco e a trasformarlo in un abito d’alta moda? È proprio questo quello che si prova ammirando questi capolavori di haute couture perché anche un “semplice” abito può regalarti le emozioni di un tramonto o di una distesa di neve.

L’artista russa Liliya Hudyakova, ha unito la passione per la moda e per la natura e individuato collegamenti quasi magici fra i due ambiti. La sua raccolta di foto “Fashion & Nature – Moda & Natura”, affianca le creazioni di famosi stilisti a capolavori naturali, immaginando che questi ultimi siano proprio quelli che hanno ispirato i capolavori dell’alta moda.

Elie Saab S/S 2014 & Tramonto


Ammirando queste foto le parole sembrano quasi superflue, come ogni artista, anche gli stilisti s'ispirando al mondo esterno che li circonda e anche se le tendenze vanno e vengono e si spengono o si riaccendono nel corso delle stagioni, la natura resta una preziosa musa ispiratrice. 

Jason Wu S/S 2013 & Notte Stellata “Silhouettes” di Harry Finde

Jean Louis Sabaji P/E 2013 – Fumo grigio


Elie Saab S/S 2012 & Spiaggia Tropicale

Elie Saab F/W 2014/15 & Pink Lake (lago rosa), Australia



Stephane Rolland S/S 2012 & Valle dei Ghiacciai – Immagine Satellitare della Patagonia, Cile (NASA)

Delpozo S/S 2015 & Stagno Ghiacciato

Emilio Pucci F/W 2011 & Montagne Piovose


Marchesa F/W 2012 & Foglie rosse



Gosia Baczynska S/S 2014 & Distese Meravigliose


Naeem Khan P/E 2009 – Eruzione vulcanica del 2010 a Eyjafjallajokull, in Islanda

Giambattista Valli F/W 2014/15 & Glicine


Carolina Herrera Fall 2015 RTW & Campi di Riso dello Yunnan, Cina di Isabelle Chauvel

Elie Saab S/S 2015 & Vista sull’Oceano

Il progetto della giovane russa è sicuramente anche un monito ad osservare invece che a guardare il mondo che ci circonda con delle semplici occhiate fugaci. Tutto ciò che la natura ci regala e che diventa per noi quasi scontato e banale, è invece un dono prezioso da scoprire e ammirare giorno per giorno.









mercoledì, settembre 23, 2015

Leggere con Prudence: settembre

Isolde non c'è più
di Bianca Rita Cataldi
Editore: Les Flaneurs
Genere: letteratura italiana
Golvan è un adolescente come tanti, costantemente affamato di verità su di sé e sul mondo che lo circonda. È innamorato da sempre di Gwenn, splendida coetanea con la quale, però, non ha nulla in comune. Totalmente diverso è il rapporto che ha con Isolde, una donna più grande di lui di sei anni che conosce da quando era poco più che un bambino e che ha sempre visto come modello e guida nella vita. Isolde, occhi verdi e sorriso enigmatico, è la sua migliore amica, la sua confidente e la sua compagna di telefilm. Con lei beve cioccolata calda alla cannella e ascolta musica steso su un tappeto. Quanto è sottile la linea che divide l'amicizia dall'amore? La scomparsa improvvisa di Isolde farà emergere sensazioni, gioie ed emozioni che la vita quotidiana aveva soffocato e nascosto. Perché l'amore sa sempre come trovare la strada e venire alla luce.

Milano mon amour. Diario di una filosofa inquieta
di Denny Pellegrino
Editore: Les Flaneurs
Genere: letteratura italiana
Quando Denny si trasferisce a Milano dal suo paesino sperduto in provincia di Bari per studiare Filosofia alla Statale, non ha la più pallida idea di ciò che l'attende nella capitale della moda. Improvvisamente, il destino inizia ad aprirle infinite porte tra nuove amicizie, amori costantemente in equilibrio sulla follia e improbabili lavori che non fanno altro che cacciarla in un mare di guai. L'amicizia con Vane e con l'italo-canadese Lu, l'amore tormentato per Lorenzo e i fantasmi degli amori passati, la passione incontrollabile per un uomo molto più grande di lei, diventeranno l'appassionante fil rouge di un diario filosofico e folle, talvolta disperato, sempre irresistibile. Con piglio vivace e scrittura schietta, Denny Pellegrino ci accompagna in una Milano metropolitana, chic e romantica. Una città che è passione, esperienza, emozione. Pura vita incisa su carta.

I lineamenti essenziali del vuoto. Mattino
di Vito Ricchiuto
Editore: Les Flaneurs
Genere: letteratura italiana
Una giornata di scuola. Gli amici, i compagni di classe, il viaggio in moto nel freddo con il vento tra i capelli. Le interrogazioni, i voltafaccia, le maschere che indossiamo tutti i giorni per nascondere ciò che siamo realmente. Questa la materia prima che Vito Ricchiuto scompone solo per poi ricomporla con voce giovane, fresca, dandole un sostrato filosofico. Nasce così un prosimetro che si emancipa dalla sua forma per farsi moderno, accessibile, in un melange caleidoscopico di prosa e poesia. Tanta è la vita che si nasconde dietro la quotidianità, tante le domande da porsi su quel che esiste e sui motivi della sua esistenza. Bisogna soltanto avere lo sguardo giusto, il coraggio necessario.


Sbalzi d'umorismo
di Davide Dabbicco
Editore: Les Flaneurs
Genere: letteratura italiana
Questo è un libretto di massime, ma anche di minime. Battute che ho battuto su Facebook e che non ho buttato ma raccolto in questa raccolta. Ciò che mi accade tutti i giorni ha qualcosa di veramente ordinario, ma talmente ordinario che ho voluto scriverlo in maniera – diciamo così – originale nel tentativo di rendere la normalità meno scontata, a tratti eccezionale. E anche un po’ per tenere allenata la mente, per lavorare di fantasia rendendo così migliori le mie giornate. Sono spesso partito da episodi insignificanti per dare agli stessi nuovi significati, per renderli più unici, più divertenti o meno amari attraverso punti di vista inediti.
Forse per quella necessità di guardare alla realtà con occhi sempre nuovi, di ribaltare il senso dei modi di dire che utilizziamo abitualmente, di soffermarmi sui dettagli che ci circondano e a cui non diamo molta importanza. E soprattutto per il desiderio e la volontà di pensare al senso della nostra stessa esistenza, per poterla affrontare con il giusto distacco, ridendo di noi stessi e delle situazioni in cui ci troviamo. Che siano giochi di parole, frasi senza senso, freddure o brevi aneddoti umoristici, ho provato a restituire dignità all’ovvio, a offrire uno spunto di simpatia alle situazioni più quotidiane, nella speranza di riuscire a regalare qualche sorriso.

Riverside
di Bianca Rita Cataldi
Riverside, Regno Unito. Le quattro e mezzo di un pomeriggio qualunque. Una scuola abbandonata e cadente alla fine di Silverbell Street. Come la venticinquenne Amabel scoprirà presto, non si tratta di un edificio qualunque: al suo interno, i banchi sono ancora al loro posto e si respira, nell’aria, polvere di gesso. Tutti gli orologi, da quello al di sopra del portone d’ingresso sino al pendolo del salone, sono fermi alle nove e diciannove di chissà quale giorno di chissà quale anno. Cosa è accaduto nella vecchia scuola? Quale evento è stato così sconvolgente da fermare il tempo all’interno di quelle mura? E soprattutto, chi è quel ragazzo in divisa scolastica che si presenta agli occhi di Amabel affermando di frequentare la scuola, benché quest’ultima non sia più in funzione da anni? Tra passato e presente, Bianca Rita Cataldi ci guida in un mondo in cui gli eventi possono modificare lo scorrere del tempo, dimostrandoci che ognuno di noi ha un proprio universo parallelo col quale, un giorno o l’altro, dovrà scendere a patti.

GiroDiVita
di Alessio Rega
Editore: Adda
Genere: letteratura italiana
Gabriele ha 18 anni, vive a Bari con la madre e la sorella. La sua vita si divide tra la scuola, gli amici e soprattutto Chiara, una compagna di classe con la quale instaura un non ben definito rapporto di amicizia. Proprio questo legame dai contorni così astratti rappresenta per Gabriele la prima grande delusione. La rottura con il miglior amico Giulio e il sempre più difficile rapporto con la madre sono altri motivi che spingono Gabriele a lasciare Bari per trasferirsi a Milano dove si ricongiunge con il padre. Dopo un lungo periodo trascorso nel capoluogo lombardo, ritorna per motivi di lavoro nella sua città natale dove si ritrova ad affrontare il suo passato e le situazioni che aveva lasciato in sospeso. Ai successi professionali non corrisponde tuttavia una completa maturazione emotiva e sentimentale. Un nuovo amore, la vitale e affascinante Beatriz, sembra essere la cura per i suoi tormenti interiori. Ma ancora una volta Gabriele vede disattese le sue aspettative. Questo nuovo fallimento lo spinge a interrogarsi su i suoi errori, permettendogli di affrontarli nonché di riconciliarsi con Giulio. E quando inaspettatamente gli si presenta una nuova e prestigiosa opportunità lavorativa, nella vita di Gabriele irrompe ancora una volta Chiara, pronta a minare le sue fragili certezze.

venerdì, settembre 11, 2015

La coscienza di Zeno




Da quando, in seconda superiore, il mio professore lo assegnò come lettura consigliata per l’estate, La coscienza di Zeno ha incrociato spesso la mia strada. Come ogni buon studente svogliato, non riuscii a finirlo in quell’estate; andai infatti sul sito di Studenti.it e scaricai un riassuntino per presentare due righe scritte per il lavoro richiesto (Se per qualche nefasta condizione astrale il mio professore stesse leggendo questa confessione, ammetto di provare ora un vago senso di vergogna). Lo lessi fino in fondo solo un anno dopo, libero dai gioghi dell’imposizione e invitato da altri pungoli. Una ragazza, a cui gravitavo attorno con alterne speranze, non faceva che citare Zeno Cosini e le sue vicende, Ada, Augusta, Guido e tutta la sua combriccola. Decisi così di riprendere in mano questo libro. Lo portai a termine rimanendo nel complesso soddisfatto nella lettura e fortemente preparato nel far fronte alle citazioni.
      In quarta superiore poi, mi capitò di prendere parte a un viaggio studio in quel di Trieste e uno dei nostri accompagnatori, una sera un poco etilica, non si quietò fino al momento in cui non riuscì a trovare il vecchio caffè che frequentava lo stesso Svevo; non risparmiandoci affatto aneddoti e curiosità sull’autore e sul’opera (Fu una serata difficile!). Passato un anno, anche alla maturità tornò a farsi vivo. Durante l’esame orale, tra le domande del presidente esterno, capitò anche una su Svevo e il suo romanzo più famoso. Mi tolsi la mia bella soddisfazione nel rispondere senza mai abbassare lo sguardo a tutte le questioni poste con - quella che a suo tempo giudicai - troppa sufficienza.
     
    Svevo considerava spesso questo suo lavoro più per i suoi lati “scientifici” che letterari; cercò infatti per tutta la vita di farlo riconoscere come una ricerca di psicanalisi - attività che stava prendendo piede in quegli anni - piuttosto che come un’opera  narrativa. Il romanzo, pubblicato per la prima volta nel 1923, è costruito come una sorta di diario, tenuto dal protagonista a mo’ di terapia medica per far fronte ai suoi malanni esistenziali. Zeno annota le proprie vicende quotidiane, senza rispettare il filo cronologico degli eventi, ma raggruppandoli in capitoli tematici. Troviamo quindi oltre al preambolo: Il fumo, La morte di mio padre, La storia di un matrimonio, La moglie e l’amante, Storia di un’associazione commerciale e Psicoanalisi.
Se volete leggere un riassunto vi rimando a wikipedia, o qualche anima buona che ancora si ostina a pubblicare vie d’uscita sui siti per studenti. (Se posso divagare invito a prestare attenzione a queste tipologie di riassunti. C’è stato un ehm…amico di un mio amico che in una certa occasione del tutto slegata da questo libro, consegnò un compito in cui invertì le vicende di partigiani con quelle dei repubblichini, tirando fuori una situazione grottesca quanto assolutamente infondata).
   
   Di questo romanzo però, sono due gli aspetti che mi sono rimasti da sempre incollati alla pelle. Il primo è la sua visione profetica - nonché pippone allucinante - relegato nell’ultimo capitolo, in merito alla guerra e al fantomatico ordigno capace di spazzare via il mondo:

Quando i gas velenosi non basteranno più, un uomo fatto come tutti gli altri, nel segreto di una stanza di questo mondo, inventerà un esplosivo incomparabile, in confronto al quale gli esplosivi attualmente esistenti saranno considerati quali innocui giocattoli. Ed un altro uomo fatto anche lui come tutti gli altri, ma degli altri un po’ più ammalato, ruberà tale esplosivo e s’arrampicherà al centro della terra per porlo nel punto ove il suo effetto potrà essere il massimo.”

L’ombra della bomba atomica, molti anni prima che fosse concepita, mi è sempre parsa ben chiara.
Il secondo aspetto è invece un pensiero sull’amore. Dalla prima volta che lo lessi, capì che avrebbe influenzato il mio modo di sentire. Il tutto nasce da una frase pronunciata da Augusta, nel giorno del matrimonio con Zeno. Sono appena usciti dalla chiesa, lei ha ripreso colore in volto dopo aver temuto – a ragione – che il suo promesso alla fine non si presentasse all’altare.
Augusta lo guarda e dice:

- Non dimenticherò mai che, pur non amandomi, mi sposasti –

sabato, settembre 05, 2015

Al cinema con Prudence: film in uscita a Settembre

Al cinema con Prudence: film in uscita a Settembre

L’estate sta finendo e tutto sembra tornare alla normalità e nella nostra routine mensile, ritorna la nostra rubrica dedicata ai film in uscita questo mese. Io ho approfittato del tempo libero negli ultimi mesi per vedere quei film che volevo vedere da tempo, ma sono sicura che anche questo Settembre ci riserverà delle belle sorprese.


Dopo l’enorme successo de "I Minions", il film d’animazione che non vedo l’ora di vedere è “Inside Out”
Trama: Protagonista di Inside Out è la giovane Riley che, costretta a trasferirsi con la famiglia in una nuova città, deve fare i conti anche con le emozioni che convivono nel centro di controllo della sua mente e guidano la sua quotidianità, e che non sono d’accordo su come affrontare la vita in una nuova città, in una nuova casa e in una nuova scuola. Gioia è il motore del gruppo e mantiene tutti attivi e felici; cerca sempre di vedere il lato positivo delle cose. Paura è una sorta d'impiegato perennemente stressato: ha sempre paura di perdere il suo lavoro ma, poiché lui è il suo lavoro, questo non accadrà mai. Rabbia è arrabbiato: sa che i membri del gruppo hanno buone intenzioni e fanno del loro meglio ma, a differenza sua, non sanno come funzionano le cose. Quando è troppo esasperato, la sua testa prende fuoco. Disgusto è molto protettiva nei confronti di Riley; ha delle aspettative alte verso il prossimo ed è poco paziente. Tristezza è divertente, anche nel suo essere triste: è intelligente e sempre previdente ma rappresenta una vera e propria sfida per Gioia.  [Dal 16 settembre al cinema]



Per le giovani donzelle invece, l’appuntamento imperdibile è con "Magic Mike XXL" 
Trama: Dopo che Mike (Channing Tatum) si è lasciato alle spalle la vita da spogliarellista, anche i rimanenti 'Re di Tampa' sono pronti a gettare la spugna. Ma vogliono farlo a modo loro: dando vita ad un ultimo incandescente spettacolo a Myrtle Beach, con il leggendario Magic Mike che torna per l'ultimo strepitoso striptease sul palco insieme a loro.   [Dal 24 settembre al cinema]










Se avete amato “Colpa delle stelle”, non potete lasciarvi scappare “Città di carta”.
Trama: Tratto dal romanzo bestseller di John Green ("Colpa delle Stelle"), Città di carta è la storia di Quentin e della sua enigmatica vicina di casa Margo, amante del mistero al punto da diventarlo lei stessa. Dopo averlo trascinato in un'unica notte di avventure in giro per la città, Margo scompare improvvisamente lasciando degli indizi che Quentin dovrà decifrare. La ricerca porterà Quentin e i suoi amici attraverso un'avventura che sarà al tempo stesso commovente e divertente. Infine, sulle tracce di Margo, Quentin troverà la consapevolezza del significato di vera amicizia e vero amore.  [Dal 3 settembre al cinema]






Se invece non potete fare a meno dei superpoteri, allora ciò che fa per voi è “I Fantastici Quattro”.
Trama: Fantastic 4 - I Fantastici Quattro, moderna re-interpretazione del team di supereroi più longevo della Marvel, è la storia di quattro giovani che vengono teletrasportati in un pericoloso universo alternativo, che altera la loro forma fisica in un modo sconvolgente. Le loro vite vengono inequivocabilmente stravolte, il team dovrà imparare a controllare le loro nuove abilità e a lavorare insieme per salvare la Terra da un loro vecchio amico diventato nemico.  [Dal 10 settembre al cinema]










Non volete perdervi una Meryl Streep rockettara? Correte a vedere “Dove eravamo rimasti”.
Trama: Nel film Meryl Streep è Ricki, una rockstar che dopo aver dato tutto per realizzare il sogno di diventare una celebrità del rock&roll, decide di ritornare a casa per recuperare il rapporto con la sua famiglia. Ad interpretare la figlia della popolare chitarrista è Mamie Gummer, figlia di Meryl Streep anche nella realtà.  [Dal 10 settembre al cinema]












Avete bisogno dell’energia della musica? Il film giusto è “We Are Your Friends”.
Trama: Cole, un giovane DJ, fa la conoscenza del più esperto e famoso collega James, e trova in lui una guida capace di dare una svolta alla sua carriera finora deludente. Contemporaneamente Cole si innamora di Sophie, l'affascinante e misteriosa fidanzata di James...   [Dal 17 settembre al cinema]













E se invece siete amanti delle avventure in alta quota, il nostro consiglio è “Everest”.
Trama: Ispirato da una serie di incredibili eventi accaduti durante una pericolosa spedizione volta a raggiungere la vetta della montagna più alta del mondo, Everest documenta le avversità del viaggio di due diverse spedizioni sfidate oltre i loro limiti da una delle più feroci tempeste di neve mai affrontate dall'uomo. Il loro coraggio sarà messo a dura prova dal più crudele dei quattro elementi, gli scalatori dovranno fronteggiare ostacoli al limite dell'impossibile come l'ossessione di una vita intera che si trasforma in una lotta mozzafiato per la sopravvivenza.  [Dal 24 settembre al cinema]


venerdì, settembre 04, 2015

Due Partite

Due partite è un film del 2009 diretto da Enzo Monteleone, adattamento cinematografico dell'omonima pièce teatrale di Cristina Comencini. Il film è uscito nelle sale il 6 marzo 2009.
In due epoche differenti, il film racconta l'universo femminile, visto attraverso gli occhi di quattro donne (Sofia, Beatrice, Claudia e Gabriella) che negli anni sessanta si incontrano ogni giovedì pomeriggio per giocare a carte e raccontarsi i loro problemi e le loro paure. Trent'anni dopo le loro figlie (rispettivamente, nell'ordine, Rossana, Giulia, Cecilia e Sara) si riuniscono dopo la morte di Beatrice che si suicida perché affermava di essere sola. Nonostante la modernità e l'emancipazione, le paure e le angosce dell'essere donna non sono differenti rispetto a trent'anni prima.

Quale mezzo più potente per esplorare l'io femminile se non mettere quattro donne, apparentemente perfette e felici, intorno ad un tavolo a confrontarsi e scontrarsi tra loro?
"Due partite" racconta la storia di quattro signore della borghesia degli anni '60, che durante la loro classica partita a carte si confrontano e si scontrano appunto su quelli che sono i loro matrimoni, e la loro concezione di felicità.
Quattro amiche forti ma in realtà deboli, deboli ma in realtà forte. Uno spaccato su una società che stava cambiando e sulle donne che iniziavano per la prima volta nella società italiana a porsi la domanda se fosse giusto restare a casa con i figli ad occuparsi della casa e della famiglia, piuttosto che vivere i loro sogni. Un ritratto introspettivo di quattro personalità molto differenti, accomunate da quel senso di incompleto che attraversava anche quelle più felici e serene.
Quattro amiche che non hanno paura di scontrarsi e criticarsi a vicenda, perché non lo fanno in un senso negativo del termine, ma vogliono spronarsi l'un l'altra ad un cambiamento necessario per loro e per le loro figlie, che giocano a fare le signore nella camera accanto.
Ed è così che scontrandosi riescono a rivelare chi sono veramente, quali sono le loro paure, i loro sentimenti più intimi, e cose che nessuno riesce a raccontare davvero.
La storia prosegue negli anni '90, quando le loro figlie si ritrovano al funerale di una delle loro madri, e le ex bambine, ormai donne si ritovano in quella casa, intorno a quel tavolo, e raccontano chi sono le loro madri oggi e come sono riusciute a cambiare (o a non cambiare!), e raccontando le loro vite e il rapporto con i loro mariti, fidanzati e compagni il quadro si sposta sulla donna moderna, che è andata a lavorare e ha lasciato il marito a casa, capovolgendo completamente la situazione delle loro madri, con nuovi problemi e nuove paure, dalla maternità alla femminiltà ridotta rispetto al passato.
E queste otto donne rappresentano la femminilità che cambia, e una introspettività esternata attraverso il dialogo e il confronto, in un modo sano e senza filtri.

martedì, settembre 01, 2015

How big, how blue, how beautiful



“I don't know, I think I've got quite a strange voice. It's more emotional, perhaps, than technical. I think I quite like to hide it behind lots of backing vocals and things like that — and on this record, Markus Dravs, who is the producer, he was quite adamant that I wasn't going to do that. And I agreed with him, because it's good to be vulnerable, but it was a big change for me. I found it difficult”

E’ passato molto tempo dall’ultimo articolo, me ne rendo conto solo ora che finalmente, dopo settimane, mi rimetto al computer con in testa qualcosa da scrivere, e, in questo momento, mentre sono seduta davanti allo schermo, mi accorgo di quanto mi sia mancato, e mi sembra strano che riesca ad accorgermene solo adesso. A darmi il bentornato è necessario che sia il disco che mi ha fatto da colonna sonora a questi mesi estivi, una scoperta tardiva e troppo speciale per essere lasciata andare e, che, tra le altre cose, si adatta perfettamente a quello che è il tema di questo settembre di nuovi inizi: l’introspezione. E quindi mentre mi siedo alla scrivania, mi dico che sì, questo dev’essere il primo articolo da cui ricominciare.
How big, how blue, how beautiful è il terzo e ultimo disco del gruppo inglese Florence + The Machine, rilasciato il 29 maggio di quest’anno e preceduto da tre singoli accompagnati da videoclip, ciascuno di questi un diverso capitolo della Hbhbhb Odyssey, il nome che il gruppo ha deciso di dare alla sequenza di video rilasciati a qualche settimana di distanza l’uno dall’altro.

Chi conosce Florence da più tempo di me, dopo un’attesa estenuante durata quattro anni, si sarà reso subito conto che questo album è sicuramente il più introspettivo, passionale e personale dei suoi lavori, contrapposto ma anche una specie di continuazione di Lungs e Ceremonials che, invece, avevano atmosfere meno fisiche, meno “umane”, dominati dal mondo dei sogni e dei morti. E questo lato passionale e introspettivo dell’album si individua già nella prima canzone, Ship to wreck, la più conosciuta e forse la più sottovalutata, persino dalla stessa Florence, che in un’intervista ha ammesso che, fino al momento dell’ascolto del disco per intero, non era mai stata convinta di quel brano, per la sua estrema semplicità, rendendo evidente un comportamento che la cantante di Camberwell ha dovuto affrontare più di una volta: la sua tendenza a complicare le cose semplici. Ed è proprio questo che si percepisce in Ship to wreck, così come in tutto il disco: la sua paura di distruggere tutto ciò che ha costruito (Did i drink too much? Am I loosing touch? Did I build this ship to wreck?) e al tempo stesso il desiderio, anzi la necessità, di imparare a vivere e ad amare semplicemente, di affrontare per la prima volta la vita quotidiana da sola, in una casetta nel sud di Londra, senza riflettori, pubblico e scalette programmate a fine giornata. Nel video ci sono due versioni di Florence, una che distrugge tutto ciò che trova sulla sua strada, per rabbia, frustrazione, l’altra che ripara gli oggetti buttati per terra, che abbraccia le persone strattonate.

La seconda traccia del disco, What kind of man, è il Chapter 1 della Hbhbhb Odyssey, come a voler indicare l’inizio, la causa, di tutto, perché se da un lato Florence ha dovuto affrontare tutto quello che si era lasciata indietro all’inizio della sua carriera, dall’altro in questi quattro lunghi anni di pausa, ha vissuto una storia d’amore costantemente paragonata a una tempesta, fatta di indecisioni e dolore, inevitabilmente finita male, e la presenza di questo amore distruttivo aleggia su tutto l’album, come un’ombra di cui non ci si riesce a liberare. What kind of man è ritmata, potente, scandita da colpi di chitarra elettrica, che costituiscono una nuova caratteristica musicale del gruppo, e da una voce che si dimena e aggredisce, e nello stesso tempo crolla e chiede compassione a un uomo che la lascia sempre in bilico (Sometimes you’re half in, sometimes you’re half out, but you never close the door). La cantante stessa ha paragonato What kind of man a una specie di Purgatorio interiore, ad un eterno limbo.
Sulla stessa lunghezza d’onda sono Make up your mind, in cui c’è un ”tu” a cui Florence si rivolge, contro cui si scaglia, ma c’è anche un “io”, la sé stessa a cui parla, per studiarsi, per capire cosa fare, e Hiding (I know you’ve tried, but something stops you every time).


Il capitolo 2 di questa Odissea di cui ormai i fans sentono di far parte è St Jude, una ballata lenta e delicata. Florence ha lasciato il limbo di What kind of man e inizia finalmente il viaggio, da sola, sotto la pioggia, con una tempesta in arrivo, cercandone il significato (And I’m learning, so I’m leaving and even though I’m grieving, I’m trying to find a meaning, let the loss reveal it). Se il capitolo 1 era il Purgatorio, questo sembra essere l’Inferno.

Ci sono Queen of peace e Long & Lost, affiancate in un unico lungo videoclip, dall’atmosfera particolare, grigia, quasi di un altro tempo, con l’ombra di un amore abbandonato per sopravvivere, “some things you let go in order to live”, come canta Florence in Various storms and Saints, forse il più introspettivo dei brani, uno dei più sofferti. “Una lettera a me stessa” dice Florence, una lunga camminata per Londra in un momento di disperazione, di “finirà mai tutto questo?”, seguito da una schiena che si raddrizza, una testa che si rialza (I know it seems like forever, I know it seems like an age, but one day this will be over, I sware it’s not so far away). Delilah e Which Witch, animate dall’inconfondibile tocco di Isabella, tastierista del gruppo e compagna di avventure di Florence dall’inizio, sempre nell’ombra delle retrovie durante i concerti, come una guardia che le guarda le spalle, ma presente in ogni brano. Third eye e Mother, entrambe rivolte a sé stessa, l’una come un incoraggiamento e una rassicurazione (and you deserve to be loved and you deserve what you are given), l’altra come una preghiera (can you protect me from what I want?).
E alla fine c’è How big, how blue, how beautiful, il brano che dà il titolo al disco, ispirato al cielo luminoso e immenso di Los Angeles, luogo in cui è stato scritto, il primo ad esser stato rilasciato accompagnato da un video in cui vediamo una Florence spogliata di tutti i vestiti vistosi ed eleganti che avevano dominato Ceremonials, vestita di bianco, che danza con leggerezza insieme a un’altra se stessa, con i piedi nudi e i capelli sciolti, senza trucco e smalti, c’è solo lei, la potete vedere, finalmente riappacificata con se e con il mondo, che guarda il cielo e dice “how big, how blue, how beautiful”. Con questo brano finisce un’era e ne comincia un’altra, tutti lo sentono, e io, che ho conosciuto la band con questa canzone, l’ ho lasciata per ultima perché Florence ci sembra dire che, alla fine di tutto, ce l’ha fatta, che è felice di aver affrontato uomini indecisi, guerre, viaggi, tempeste, perché l’hanno fatta arrivare dov’è adesso, più matura, semplice, bella. Un brano che è stato il primo, come se da subito Florence ci avesse voluto avvertire del suo cambiamento, che è il terzo nell’album, ma che, secondo me, rappresenta la fine di questo disco, di questo viaggio, di questa odissea, il Paradiso dopo l’Inferno.

“When I had a real crack, and I was making the record, I couldn't get dressed. I wore an anorak and leggings, and I cycled to the studio every day in the rain with my packed lunch. Getting dressed is a kind of creative output for me, but when I was putting all my last resources, and I was a bit broken I think, it was almost like I wanted to just disappear from myself. And the record really rebuilt me and took me to such a better place. It made me so much more comfortable to just be myself”

EDITORIALE SETTEMBRE 2015


In a world that's changing
I'm a stranger
In a strange land
There's a contradiction
And I'm stuck here in between

Siamo circondati da un mondo che cambia sempre, pieno di contraddizioni, che ci mette sempre alla prova, un mondo sconosciuto in cui noi siamo degli stranieri, anche con noi stessi, incapaci di vedere noi stessi per quello che realmente siamo. Per questo abbiamo deciso di fare un passo indietro (o all'interno se vogliamo), ponendo come nuovo tema questo mese l'introspezione. La prova, il tentativo, è quello di capire ed esprimere noi stessi dando valore a ciò che siamo, ma non solo.
Il compito è quello di capire cosa rappresenta per noi ciò che raccontiamo nelle pagine del blog, capire il senso che noi, con la nostra anima, diamo a ciò di cui parliamo.
Non è un lavoro esteriore come può sembrare, perché per una volta non è importante interpretare ciò che l'autore, il cantante, l'artista, il poeta vuole esprimere attraverso la sua arte, ma ciò che la sua arte dice alla nostra mente, al nostro cuore, visto che spesso siamo incapaci da soli a capire cosa abbiamo dentro di noi, diventando incapaci di esprimerlo con gli altri.

From the tower of Babylon
Where nothing is what it seems
Gonna watch the sun going down
I'm not gonna run from all this sadness

Il compito di questo esercizio di scrittura è quindi dare un senso a cose che per noi spesso non ne hanno, o che siamo incapaci di capire, sempre troppo attenti a dare un senso alle parole e ai gesti degli altri, nonostante spesso si dica che viviamo in un mondo egoista. 
Dobbiamo dare una nuova prospettiva a noi stessi attraverso ciò che scriviamo, perché alle volte, finito un articolo e rileggendolo, vediamo ciò che non avevamo capito prima con occhi diversi, ovvero che c'è una emozione dietro la nostra penna (o tastiera), e quella emozione in realtà appartiene a noi che viviamo ciò che raccontiamo.

It's a cruel injustice
To be witness
To the things I see
Looking for the answer
When it's right in front of me

Alle volte la risposta a tutte le nostre domande, i nostri dubbi, è proprio davanti a noi, testimoni inconsapevoli di tante cose, persino della nostra stessa vita, della quale alle volte non ci accorgiamo nemmeno. Non sappiamo esprimere noi stessi perché non ci soffermiamo a capirci, e spesso riesce a capire davvero chi siamo solo chi legge i nostri articoli, i nostri blog, i nostri racconti e poesie, per questo useremo l'arte (degli altri) per descrivere noi stessi, dando spazio alle emozioni che davvero scaturiscono in noi le tante cose di cui scriviamo, e che ci appartengono in un modo che spesso ci sfugge.